Il fatto che tante persone abbiano reso omaggio al cardinal Carlo Maria Martini è sicuramente positivo, anche se ai suoi funerali in prima linea c'erano i potenti mentre la gente comune resta come al solito fuori dal sagrato. Le sue posizioni in contrasto con i dettami oscurantisti e ufficiali del Vaticano erano note a tutti, fino all'ultima intervista sul Corriere della Sera nella quale ha sostenuto apertamente che la Chiesa cattolica è "indietro di 200 anni". Ma quest'aurea di Che Guevara che vorrebbe cucirgli addosso qualcuno è francamente ingiustificata.
Analizzando fino in fondo le cose dette da quest'uomo gentile e pacato, non si può non notare che sono comunque ben poca roba rispetto a quelle che dovrebbero essere le legittime ambizioni di una società moderna. Tanto per citare alcuni aspetti più interessanti, andrebbe ricordato che sulle unioni gay aveva la stessa posizione dei cattolici alla Rosy Bindi, quella del sì alle unioni civili e del no ai matrimoni (molto pilatesca, visto che in Italia le unioni civili non portano agli stessi diritti delle coppie sposate, che poi è quello il nodo del problema). Come tutti i preti poi aveva l'ossessione per il sesso, per cui approvava la coppia gay solo nel caso di "amicizia duratura e fedele tra due persone" (di trombare ovviamente non se ne parla).
Nel caso del preservativo, come difesa dalle malattie, disse che "certamente l'uso del profilattico può costituire, in certe situazioni, un male minore" (un male????), ma ovviamente non lo aveva sdoganato come semplice mezzo anticoncezionale per una sessualità consapevole. E come ricorda oggi Massimo Fini su il Fatto, il nostro cardinale è diventato vescovo di Milano nel 1979 e solo 13 anni dopo, in piena Tangentopoli ormai conclamata, denunciò il malaffare e la corruzione che imperversavano nella sua diocesi, dove era frequentemente a contatto con politici e amministratori che procedevano al saccheggio della città senza aver mai battuto ciglio prima dell'arrivo del pool di Mani Pulite.
Colto, non assetato di sangue come la gran parte dei suoi simili, non accecato dal furore ideologico che contraddistingue i cattolici oltranzisti, probabilmente anche emarginato per questo, ma alla fine era solo un gesuita, non certo un rivoluzionario. E a differenza di tanti poveri cristi come Piergiorgio Welby ha potuto evitare ogni accanimento terapeutico.
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