La prima volta che mi ci sono trovato di fronte era su per giù il 1990. L'ometto, già proprietario di tre televisioni grazie ai suoi legami con l'astro politico del periodo, quel Bettino Craxi che di lì a poco sarebbe stato travolto da Tangentopoli, aveva acquistato due anni prima la Standa, pagandola mille miliardi di lire alla Ferruzzi-Montedison. Nonostante il marchio, allora conosciutissimo, la catena di negozi distribuiti in tutto il paese registrava pesanti perdite di gestione e la cifra pagata da Silvio a Raul Gardini sembrò a tutti una follia.
Invece faceva parte di un piano strategico di occupazione del territorio e di rincoglionimento delle masse (e soprattutto delle massaie), partito con lo tsunami di telenovelas e quiz televisivi con il quale aveva inondato i palinsesti delle sue emittenti. In quei giorni era al centro dell'attenzione grazie a una campagna molto aggressiva che prometteva nei suoi supermercati il 4x2 (paghi due, prendi quattro) che era stata oggetto di un'indagine delle neonata antitrust per violazione delle leggi sulla concorrenza la quale aveva imposto l'alt alla promozione. In occasione di un'assemblea di Confindustria, nel parterre dell'auditorium di viale dell'Astronomia, noi umili cronisti lo avvicinammo per chiedergli un commento sulla questione. Lui, che già allora sembrava un gangster da film di Coppola, sfoderò un sorriso a tutta dentatura e ci rispose più o meno: "Anche io sono rimasto sorpreso di questa fantastica offerta promozionale, al punto che ho detto subito a mia moglie di andare a fare la spesa alla Standa. Il 4x2 non si può fare? Faremo il 3x2, peccato per le donne italiane che devono fare la spesa".
Ricordo che ci guardammo in faccia trattenendo a stento le risate e che fra di noi commentammo in seguito: "Ma questo è un coglione!".
La stessa idea che avevo di lui quando a fine 1993 decise di dichiarare il suo appoggio a Fini nella campagna a sindaco di Roma, e quando pochi mesi dopo annunciò l'idea di fondare un partito. Chi mai avrebbe votato per un simile pagliaccio per giunta odioso miliardario?
Nel gennaio del 1994 parto per un vacanza nella mia isola lontana, la Giamaica (l'avatar di questo blog fra l'altro è una foto che risale proprio a quel viaggio fra i tanti che vi ho fatto prima e dopo) e per oltre tre settimane resto senza leggere i giornali venendo a conoscenza solo per caso che le elezioni erano state fissate per il 27 e 28 marzo. A metà febbraio ritorno a casa passando per Miami, dove trovo una copia di Repubblica. Non dimenticherò mai il titolo: "Berlusconi in testa ai sondaggi". Per me fu un vero shock.
Non potevo immaginare che fosse l'inizio di 18 anni di devastazione, che hanno lasciato un paese ridotto in macerie, cancellando ogni esperienza politica, ogni idea, corrompendo ogni politico e ogni partito, fino al punto che qualcuno avrebbe rimpianto la Prima Repubblica.
Ognuno c'ha il suo ricordo personale di Silvio, oggi che l'incubo sembra decisamente volto al termine (ma sarà vero?). Questo è il mio e ancora mi pento di aver sottovalutato il pericolo, che il mio povero papà (un vero liberale, che difendeva a spada tratta la presenza dello Stato nell'economia e nell'informazione, non come questi quattro accattoni di oggi) aveva invece già intuito fin dai primissimi anni ottanta con l'avvento delle tv private.
Di fronte al disastro in cui versiamo sembra anche inutile esultare. Solo recitare il doveroso mea culpa per non aver capito in anticipo la portata del dramma.
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