E' stato un fine settimana difficile. Dopo la più dissennata mossa compiuta da un uomo politico che io ricordi personalmente, quella di presentare un candidato come Franco Marini per farselo votare da Silvio Berlusconi, il Pd ha fatto in tempo a far cadere una bella palata di fango anche sull'incolpevole Romano Prodi, che a molta gente sta sul culo solo perché per due volte ha battuto il Banana e la sua corte di emittenti televisive e giornali carta straccia. E mentre tutto intorno non c'erano che macerie, sono stati capaci di rinnovare la fiducia al loro peggior carnefice, il presidente che aveva firmato ogni porcheria approvata dal partito del Caimano in modo che si salvasse dalla galera, che aveva fatto rinviare di un mese il voto di fiducia dopo l'uscita di Gianfranco Fini dalla coalizione di centrodestra (consentendo a papi Silvio di comprarsi i parlamentari che gli mancavano), che aveva salvato Berlusconi da una sconfitta elettorale sicura imponendo al Pd di appoggiare un governo tecnico di falliti, per i disastri del quale i conti li ha pagati solo la sinistra.
Napolitano era il miglior candidato che potesse suggerire Berlusconi.
E così si è ripetuto quello che era accaduto nel 1992, quando in piena era tangentopoli il Pds preferì non essere il protagonista del rinnovamento e alla presidenza della Camera, invece di Stefano Rodotà, fece eleggere proprio lui, il migliorista Giorgio, "patteggiando con l'emblema vivente del vecchio regime agonizzante, Bettino Craxi", come scrisse su Cuore il buon Michele Serra, che ai tempi era un po' più rivoluzionario di adesso, ora che è pagato da un gruppo editoriale che ha chiari interessi politici.
Come ventuno anni fa con Craxi, Napolitano è oggi il simbolo dell'ennesimo inciucio con Berlusconi, perché i reduci di quello che fu il Pci l'occasione storica di guidare un vero cambiamento non la sfruttarono all'epoca come non la hanno sfruttata adesso. Ci vollero le monetine fuori dall'hotel Raphael per cancellare dalla storia politica del paese un malfattore, altrimenti, chissà. Magari da Botteghe Oscure avrebbero salvato anche lui.
E ora?
Con che faccia la sinistra di un partito devastato da un ordigno atomico sosterrà un governo presieduto magari da Giuliano Amato, con l'appoggio del partito di Arcore? Non si rendono conto che così mettono seriamente a rischio anche l'ottima candidatura di Ignazio Marino al Comune di Roma?
L'unica speranza è la fine del Pd, con la costituzione di una nuova formazione di autentici socialdemocratici. La grande idea di Veltroni lasciamola ai vecchi arnesi democristiani e al patetico Matteo Renzi. Da soli, senza la foglia di fico del finto antiberlusconismo e le nostalgie della sinistra, non valgono nulla. Que viva Rodotà, dunque, inteso come consenso attorno a una delle poche figure ancora degne di fiducia. E con lui la sinistra, ammesso che voglia dire ancora qualcosa.
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