Una cosa è certa: con la lista dei candidati scelti dal Movimento 5 Stelle cade anche l'ultima foglia di fico del sedicente Partito Democratico, inguardabile carrozzone di litigiosi personaggi di terza categoria protesi nel disperato tentativo di conservare una poltrona, un incarico, una presidenza della bocciofila, uno strapuntino.
Malgrado le ironie dei fini commentatori politici (che se li fanno commentare sulle grandi testate vuol dire che sono strapagati per sostenere gli interessi dei loro editori), i "grillini" hanno presentato molte facce che un partito di sinistra potrebbe votare.
La prima della lista, Milena Gabanelli, è una pericolosa sovversiva. Fa un programma sulla Rai fra i più seguiti e viene pagata meno del più banale guitto da avanspettacolo, che tale resta anche con la tessera da giornalista in tasca, è davvero indipendente (orrore, orrore) e soprattutto il suo Report ha menato fendenti a destra e sinistra (ultima puntata sulla banda di malfattori che il sindaco della "destra sociale" ha portato con sè nel saccheggio del Campidoglio). Per quello il Pdl non la voterà, ma neanche il Pd, del quale ha rivelato ad esempio la compartecipazione al sistema di potere toscano fondato sul controllo del Monte dei Paschi di Siena, o la boria di personaggi ormai bolliti, come Rosi Bindi, o dei giri di valzer del mitico ex capo della segreteria di Bersani, Filippo Penati, costretto dai magistrati (non certo dal partito) ad abbandonare la politica e salvato dalla incredibile legge anticorruzione del governo dell'omino con il loden.
Così come il Pd non voterà mai per Gino Strada, perché gli ex comunisti in fin dei conti sono dei gran guerrafondai, avendo appoggiato tutte le missioni di guerra alle quali il nostro paese ha partecipato inseguendo le follie del texano amico di Berlusconi, per non parlare di ciò che fece il governo D'Alema in Kosovo. Non voteranno per Gustavo Zagrebelsky, perché il cattivaccio ha osato criticare la folla guerra scatenata da Giorgio Napolitano contro la Procura di Palermo. Non voteranno per Giancarlo Caselli, perché è "nemico" del loro magistrato di punta, quel Piero Grasso che avrebbe dato un premio al Banana per la sua lotta alla mafia (tipo un riconoscimento all'efficacia delle cure omeopatiche). Non voteranno nè per Stefano Rodotà, nè per Ferdinando Imposimato, perché non sono controllabili, nè per Dario Fo, che probabilmente neanche accetterebbe.
Potrebbero votare per Emma Bonino, la radicale che la metti su tutto, governi coi fascisti, liberismo alla matriciana, missioni di pace con grandi sprechi di vite umane fra i civili, incarichi europei su mandato del re del Bunga-Bunga, attacchi ai magistrati di Mani Pulite in difesa di Craxi, e poi di nuovo governi con la sinistra, nel tipico caprioleggiare italiota. E potrebbero votare per Romano Prodi, tutto sommato quello dalle mani meno sporche di tutta la compagnia di giro e sul quale potrebbero confluire dalla quarta votazione in poi i sostenitori del M5S. Ma anche lui sarebbe una netta presa di distanza dal leader del Popolo della libertà provvisoria, che lo odia perché lo ha battuto due volte.
Poi c'è l'ipotesi numero due: votare un presidente insieme a Berlusconi. E allora ecco in pole position Giuliano Amato, ex vice segretario del Psi dei tempi d'oro (quello che si mettevano in tasca), ex ministro del Tesoro che firmava le finanziarie degli assalti alla diligenza ed ex presidente del Consiglio costretto a varare manovre lacrime e sangue per rimediare alle follie del passato, pensionato di platino dello Stato che si mette in tasca oltre 30 mila euro al mese. Seguono a ruota altre facce improponibili, come quella di Anna Finocchiaro, pluritrombata candidata del partito in Sicilia e sempre ripescata con Porcellum o quota proporzionale del Mattarellum, moglie di un imputato per truffa alla Regione, esempio vivente della casta per la sua spesa all'Ikea in compagnia della scorta. E anche quella di Franco Marini, ottuagenario ex sindacalista, che come tutti i segretari della Cisl degli ultimi 30 anni ha ingoiato qualunque accordo sindacale a danno dei lavoratori per aprirsi una strada che lo facesse entrare in politica dalla porta principale.
Ho come il sospetto che, piaccia o no a Bersani, dal cappello uscirà un nome da inciucio, magari proprio quello della Bonino, che prendendoci per il culo con il garantismo radicale, firmerà una bella amnistia per tirare una bella riga sui nuovi processi a Papi Silvio.
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