La precisazione con la quale Mario Monti ha subito assicurato il Vaticano che le scuole paritarie non dovranno pagare l'imposta comunale sugli immobili ha scatenato un coro di ridicolo plauso, con tutti i soliti noti a sottolineare il presunto "servizio" reso allo Stato da questi istituti, i quali avranno in sostanza l'unico obbligo di reinvestire eventuali utili in attività didattiche per evitare di pagare la tassa. La tesi è abbastanza singolare, perché di certo la prima casa di un cittadino non produce alcun guadagno, anzi è solo una enorme voce di spesa, eppure saremo tutti obbligati a pagare l'Imu lo stesso. Che dire poi di un'attività commerciale qualunque? Se un negozio chiude il bilancio in rosso può chiedere l'esenzione? O se reinveste gli utili nell'ampiamento del suo business?
Tralasciando questi aspetti di filosofia fiscale, basta solo dare uno sguardo ai numeri delle scuole private in Italia (il 57% delle quali cattoliche) per capire che sarebbe meglio investire di più in quelle pubbliche. Manco a dirlo il finanziamento diretto dello Stato alle paritarie lo ha approvato il governo di quel gran genio di Massimo D'Alema, con i contributi che sono poi progressivamente aumentati nel corso degli anni fino a raggiungere nel 2005 i 500 milioni di euro. Se a questi aggiungiamo anche i soldi dei buoni-scuola e delle altre amministrazioni locali (stimata in circa 400 milioni di euro), gli oltre 53 milioni di euro destinati dalla legge 243/1991 alle cinque università cattoliche (oltre 83 milioni contando anche quelle private laiche) e il miliardo e mezzo di euro che ci costa l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche (con tutto il rispetto, ma non si potrebbero assumere un po' di insegnanti di inglese invece di questi ragazzotti pure un po' sprovveduti approvati dalla Curia che imperversano nella scuole di ogni ordine e grado?), si noterà che il costo per le casse dello Stato non è affatto roba da poco.
Ma poi, la scuola privata, cosa dà in cambio? Secondo l'Ocse gli studenti delle scuole private sono meno preparati di quelle pubbliche. Secondo l'Istat, nelle scuole private italiane c'è un sacco di lavoro nero: nel 2008 i dipendenti irregolari nel settore dell'istruzione privata erano 17.200 mentre nel 2009 si è passati a 19.000 (+10,5%).
E per finire, quanto spende lo Stato per l'istruzione? Sempre secondo i dati dell'Ocse nel 2008 il 4,8% del pil, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto alla media del 6,1% (posizionandosi al ventinovesimo posto su trentaquattro Paesi). Fra il 2000 e il 2008, la spesa sostenuta per ogni studente è aumentata solo del 6% (rispetto alla media Ocse del 34%). E gli stipendi degli insegnanti sono addirittura scesi dell'1%, contro un incremento medio del 7% negli altri paese.
Proprio un bel servizio.