Io non ci volevo credere. Ma poi a tarda sera di lunedì, alla vigilia della festa del lavoro, il ragionier Mario Monti l'ha fatta. Davvero grossa. Dopo essersi portato dietro a Palazzo Chigi una schiera di laureati, professori, avvocati, dottorini e dottoroni (tutta gente di prima, signora mia), è stato costretto ad ammettere che questi figuri, per quanto bocconiani e/o cattolici e/o ruderi ripescati dagli scantinati dei ministeri, sono degli autentici buoni a nulla. E quindi via libera alla nomina di nuovi tecnici per risolvere i casini combinati dai tecnici.
Siccome bisogna dare spazio ai giovani ecco subito tre belle facce da adolescenti.
Come quella di Enrico Bondi, classe 1934, esperto di "risanamento" delle imprese in crisi, dove risanamento, è una parola un po' grossa, visto che la Parmalat, tanto per fare un esempio, dopo il maquillage è stata svenduta ai francesi della Lactalis, mentre quando diventò amministratore della Montedison fu il regista della cessione di Fondiaria al gruppo Ligresti (oggi tutto il baraccone è più o meno sull'orlo del baratro). E poi è stato in Telecom, chiamato da Tronchetti Provera, ed è finata male anche lì. Un ottuagenario, laureato in chimica (!), da sempre uomo di Mediobanca, che ora si dovrà occupare della cosiddetta spending review, ovvero la razionalizzazione della spesa per
acquisti di beni e servizi con il compito di definire il livello di
spesa per voci di costo. Il Pd ha detto di non toccare la spesa sociale e la scuola.
Ma uno così, dove volete che vada a mettere le mani?
Poi c'è Francesco Giavazzi (classe 1949, un pischello), che di mestiere fa l'economista e l'editorialista del Corriere della Sera. Filoamericano convinto, è anche uno con il senso dell'umorismo (diciamo della presa per il culo) perché ha scritto un libro che si chiama "Il liberismo è di sinistra" e chiede da sempre a gran voce l'abolizione dell'articolo 18, quel demone che secondo queste vecchie carampane sarebbe il vero ostacolo per l'economia italiana. Quando non faceva il teorico, fra il 1992 e il 1994 è stato dirigente generale del Ministero del Tesoro, responsabile della ricerca economica, gestione del debito pubblico e delle privatizzazioni. Anni che non verranno ricordati per i loro risultati esaltanti. Fino all'altroieri criticava l'ex amico Monti perché non aveva ancora usato il machete, oggi è il suo consulente che dovrà fornire analisi e raccomandazioni sul tema dei contributi pubblici alle imprese.
Infine, il capolavoro. Dal cilindro del prestigiatore professionista, Monti ha ritirato fuori anche Giuliano Amato, classe 1938 (anche lui una giovane promessa), già braccio destro di Bettino Craxi nel Psi fino allo scioglimento del partito a mezzo carabinieri, già presidente del Consiglio autore di una manovra da 30 mila miliardi di lire che doveva risanare i guai da lui stesso combinati quando era Ministro del Tesoro e firmava le finanziarie insieme all'amico e collega Paolo Cirino Pomicino (dentro c'era anche il famoso prelievo forzoso del 6 per mille, ovvero la volta che il governo mise davvero le mani in tasca agli italiani), dovrà fornire al premier "analisi e orientamenti sulla disciplina dei partiti per l'attuazione dei
principi di cui all'articolo 49 della Costituzione, sul loro
finanziamento nonché sulle forme esistenti di finanziamento pubblico, in
via diretta o indiretta, ai sindacati". Come mettere un topo (Forattini lo disegnava proprio così) a guardia del formaggio.
Tutto questo casino per risparmiare 4,2 miliardi di euro per evitare l'aumento dell'Iva. Gli sprechi, per cifre ben superiori, sono sotto gli occhi di tutti. Ci volevano proprio queste tre cariatidi? Una mossa che ha fatto incazzare tutti. Sul palco del Concertone del 1 maggio perfino il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, pareva Che Guevara.
Poi dicono che Beppe Grillo esagera.
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