''Scendete al più presto in campo per rinnovare la politica e la società, nel segno della legalità e della trasparenza. L'Italia ne ha bisogno. L'Italia ve ne sarà grata''. Si è anche commosso il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pronunciando questo invito ai giovani accorsi a Palermo per commemorare il ventesimo anniversario della strage di Capaci.
Che sia un uomo che siede in Parlamento dal 1953 e che ha ricoperto fra i mille incarichi anche quello di Ministro dell'Interno (quando disse per l'appunto che non era andato al Viminale per aprire gli armadi) a rivolgere questa esortazione ai ragazzi, più che le lacrime ispira solo un sorriso amarissimo. Con lui c'era il premier Mario Monti, che ha avuto modo di regalarci anche lui le ovvietà di rito: "Non esiste nessuna ragion di stato che possa giustificare ritardi nella
ricerca della verità. L'unica ragion di Stato è la ricerca della verità", ha detto dimenticando forse di essere sostenuto da una maggioranza che di collusi con la mafia ne schiera parecchi.
Questi personaggi, in un paese dove la ragion di Stato ha cancellato le prove di decine di attentati e stragi (da Capaci a via D'Amelio, dal rapimento Moro a Ustica, da Piazza Fontana a Bologna, da Brescia al treno Italicus, passando per il caso di Emanuela Orlandi) e che sicuramente sono ben note a chi nella vita non ha fatto altro che il politico, non hanno il senso del ridicolo (o della vergogna)?
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