Eppure non era andato male. C'ha sempre quell'aria un po' così, da persona che non sembra coinvolta più di tanto dal casino che gli gira intorno, ma alla fine se si ascolta bene quello che dice lui e quello che dice Matteo Renzi viene fuori il fatto che il segretario del Pd è ancora una persona di sinistra, ammesso che tutto il resto del suo partito non gli si rivolti contro magari per salvare lo strapuntino a qualche democristiano bollito.
Il sindaco di Firenze, infatti, recita la parte di quello che rappresenta il nuovo, ma per chi ha un minimo di esperienza di politichese (ed è purtroppo il mio caso) è facile leggere fra le righe come il giovanotto di belle speranze (che poi ha 37 anni e non è esattamente un ragazzino) intende proseguire nel solco raccapricciante tracciato dal governo Monti molto di più del segretario. Gli piace la riforma delle pensioni varata dalla Fornero (credo sia l'unico in Italia a parte la stessa Fornero), non taglierebbe gli aeroplanini al budget della Difesa perché "bisogna capire di che genere di Difesa abbiamo bisogno" (e che c'è da capire? Non abbiamo bisogno di bombardare nessuno, anche perché la Costituzione ce lo impedirebbe, hai visto mai che un giorno qualcuno si decida a farla rispettare), guarda con fastidio alla legislazione sul lavoro (infatti propone come ministro quel Piero Ichino che lo Statuto dei lavoratori lo abolirebbe proprio), si innamora di gente come Marchionne, salvo poi dire di essere rimasto deluso (e mostrando anche in questo caso uno scarsissimo acume).
Insomma, Renzi è così. Con la sinistra non c'azzecca nulla, Pier Luigi Bersani invece ancora ce la può fare a non farci morire democristiani.
Così pensavo, in un insolito slancio di ottimismo, ascoltando il soporifero dibattito organizzato dal Tg1.
Poi il crollo. Alla domanda: a quale persona della vostra vita chiedereste scusa?, Bersani ha risposto: "Al mio parroco". E dopo la citazione di papa Giovanni XXIII durante il precedente duello è stato davvero troppo.