A due mesi dalle elezioni, ognuno sventola il suo bravo sondaggio, aggiungendo la sua personale tessera al mosaico che compone l'immagine di un paese socialmente fallito.
Invadendo le tv di sua proprietà, e quelle che controlla ancora politicamente (cioè tutte), il re del Bunga-Bunga si è riversato come uno tsunami nella case degli italiani per riproporsi come la peperonata a cena e subito qualche sondaggista lo accredita di un 15-18%, percentuale che potrebbe salire grazie a nuovi show dal piccolo schermo, sul quale ovviamente non ha rivali.
Il triste Mario Monti, dopo aver fatto il pesce in barile per un anno, ha deciso di mettere il suo bel faccione e la sua permanente cotonata e un sondaggio "riservato", commissionato da Montezemolo (non si sa a chi però) assegna alla lista del professore, quella buffonata patetica che si chiamerà "L'agenda Monti" (tipo la Smemoranda), fra il 19 e il 21 per cento, che la renderebbe il secondo partito, dopo il Pd, ma prima del Pdl e di Grillo, al quale comunque gli stessi sondaggi continuano ad assegnare percentuali che ne garantirebbero la presenza in Parlamento.
Come Berlusconi prima di lui (che cosa non si farebbe per gli sgravi fiscali, i soldi a scuole e ospedali privati e l'otto per mille per pagare lo stipendio ai parroci, gente perbene come quello di Lerici), Monti ha incassato il sostegno dell'Osservatore Romano, organo dell'ultima monarchia assoluta d'Europa, folgorato dal suo "senso più alto e più nobile della
politica che è pur sempre, anche etimologicamente, cura del
bene comune".
Dove abbiano visto la "cura del bene comune" nei provvedimenti completamente a senso unico varati da questo imbarazzate governo di banchieri e laureati alla Bocconi (aridatece la Minetti se proprio dobbiamo pagare un tributo all'Università dei ricchi), non si è ben capito. Ma va bene. Il nano di Arcore e il suo harem di escort non sono più spendibili Oltretevere. Serve un altro cavaliere per difendere i privilegi della casta vaticana.
A casa di Silvio c'è chiaramente il panico. Ci sono figure come Fabrizio Cicchitto e l'ex ministro Renato Brunetta, che su Monti hanno già compiuto diverse giravolte, passando dagli elogi quando il grande capo gli aveva proposto la candidatura, alle peggiori offese ora che si è capito che non se ne fa niente. Per non parlare della tristissima fine degli ex camerati, costretti a spargersi in giro nel patetico tentativo di tenere insieme qualche truppa di nostalgici fuori temppo massimo.
E mentre Grillo sembra aver perso la spinta iniziale, il Pd sta studiando nuovi metodi per incassare l'ennesima sconfitta al novantacinquesimo dopo aver dominato la partita. Siamo infatti in attesa di conoscere quali saranno i "mostri" del listino bloccato di Bersani, costretto a trascinarsi dietro un inguardabile caravanserraglio di ex democristiani.
Mancano due mesi alle elezioni. E rischiano fortemente di essere un esercizio inutile.
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