"Una fronte inutilmente spaziosa". La celebre battuta di Fortebraccio, editorialista velenoso e divertentissimo dell'Unità degli anni settanta, viene su facile facile quando si parla di Angelino Alfano, neo leader del Popolo delle Libertà, il partito di plastica costruito da Silvio Berlusconi.
Primarie? Congresso? Votazione? Ma figuriamoci. Una bella convention organizzata in quattro e quattr'otto, con il padrone della baracca visibilmente annoiato che cerca di accelerare i tempi, chiedendo con il suo tono da caudillo dei poveri "una acclamazione, un suffragio generale'', "un'investitura plebiscitaria''. Come nelle barzellette l'amico Denis Verdini gli fa notare che bisogna cambiare lo statuto del partito. E che vuoi che sia? In men che non si dica lo statuto viene cambiato e il ministro della Giustizia, famoso per le sue leggi bocciate in serie dalla Corte Costituzionale e da una valanga di voti referendari, diventa il segretario della brigata.
La prima dichiarazione del neosegretario di Berlusconi? ''Lavoreremo a un partito degli onesti''. Poi deve essersi accorto che tutti quelli che aveva intorno avevano fatto una faccia un po' strana e ha subito aggiunto, rivolgendosi al datore di lavoro: ''Lei è stato un perseguitato, ma con onestà dobbiamo dire che non tutti lo sono''.
Baciamo le mani a vossignoria.
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