Il viaggio di Mario Monti in Asia, dove pare abbia girato con il cappello in mano ripetendo a tutti "italiani brava gente, plis spend yur money in aur countri", si è vivacizzata con due incredibli gaffe provocate dall'eccessivo zelo dell'entourage dell'omino con il loden e dal fatto che come al solito giornali e giornalisti al seguito del potere diventano delle capienti buche delle lettere.
Prima ci si è messo Barack Obama, che nel discorso ufficiale al meeting sul nucleare di Seul, avrebbe elogiato i grandi sforzi di "mr. Monti", così bravo a far pagare ai soliti noti i conti della crisi, senza intaccare i giri di affari che contano (tipo per esempio i 90 caccia americani che dovremo comprare). Quotidiani e agenzie, imbeccati da qualche genio della comunicazione, hanno abboccato alla grandissima, descrivendo, con l'enfasi tipica di chi si sta inventando tutto, il discorso del presidente americano pronunciato proprio mentre il povero Monti era stato chiamato al telefono da uno statista d'eccezione, Fabrizio Cicchitto, che gli diceva amorevolmente: "Provate a toccare Silvio con la riforma della giustizia e vi appendiamo subito per i piedi".
Secondo la stampa italiana, Obama avrebbe definito "impressionanti" i passi fatti dall'Italia sotto la guida del sobrio governo. Peccato che non sia vero un tubo. Dopo un clamoroso rimpallo delle responsabilità fra personale diplomatico e portavoce (tutta gente che si mette in tasca alcune centinaia di migliaia di euro l'anno, tanto per dire), esce fuori che sì, Obama ha citato Monti, ma non ha elogiato affatto l'Italia: si è limitato a sottolineare l'importanza dei piccoli passi per dissuadere i paesi "cattivi" dall'utilizzo del nucleare e ha detto di averne parlato con Monti. Il tema era il nucleare, che c'entravano gli elogi alla manovra lacrime e sangue dei tecnici italiani? Doppia, tripla, quadrupla gaffe, in puro stile berlusconiano, direi.
Non basta.
Ora c'è un altro missile. Nel corso del suo viaggio, la versione grigio-topo di B. ha incontrato anche i comunisti buoni, quelli che hanno il portafoglio gonfio come i cinesi e sempre secondo la stampa italiana, che lo ha come al solito appreso dallo staff di Monti, il presidente cinese Hu Jintao avrebbe "dato precise disposizioni ai vertici delle autorità finanziarie (compresi i fondi sovrani) e alla business community cinese di tornare ad investire nel nostro Paese". Hai capito che roba?
E invece niente. Oggi AsiaNews, sito informativo dei missionari del Pime, non esattamente dei seguaci della Cgil, ci dice che non è tanto vero. "Nessun giornale cinese, nemmeno l'agenzia Xinhua ha riportato quella frase o citato una riga del dialogo fra il nostro premier e il presidente cinese. Questo fa supporre che forse per i cinesi quella frase non è tanto importante come per noi, o che siano solo parole di circostanza", scrive il sito e aggiunge la stoccata decisiva: "Guardando ai grafici di import-export fra Italia e Cina, ci si accorge che il nostro problema è che non esportiamo a sufficienza in quell'Eldorado dell'Oriente. Gli investimenti sognati serviranno a far crescere le esportazioni o invece serviranno a spazzare via manodopera italiana e il mercato interno? Questi sono infatti i risultati di tanti investimenti cinesi in Africa, dove la mano di Pechino ha distrutto le economie locali".
Ecco, appunto. Magari se qui ricominciassimo a produrre qualcosa, invece di metterci nella mani di banchieri e industriali che non sanno fare il loro mestiere si respirerebbe un'aria migliore.
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