martedì 29 maggio 2012

Monti si indigna per il "marcio", ma solo per il calcio

Che belli questi scandali del calcio, che periodicamente consentono ai politici di rifarsi una verginità predicando rigore e punizioni esemplari. Che quello del pallone sia un mondo "malato", come recitava un antico tormentone, è chiaro a tutti da molto tempo e non solo per colpa di quei quattro accattoni che pur guadagnando cifre da capogiro si mischiano a zingari e faccendieri per vendersi le partite e scommetterci sopra. Ma il pulpito dal quale ci ha recitato oggi la morale il presidente del Consiglio, Mario Monti, non mi pare dei migliori.
"Bisogna riflettere e valutare se non gioverebbe per due-tre anni una totale sospensione di questo gioco. È particolarmente triste e fa rabbrividire quando il mondo dello sport, che dovrebbe esprimere i valori più alti, si rivela un concentrato di fattori deprecabili. In questi anni abbiamo assistito a fenomeni indegni", ha detto l'uomo con il loden (vabbè, mo'  co' 'sto caldo se lo sarò levato), stigmatizzando che  "vengano usati soldi pubblici per ripianare i debiti delle società di calcio" e sottolineando che "è così facile per i cittadini italiani non impegnati in attività politiche localizzare tutti i mali dell'Italia nella politica. È un errore".
Quindi, la politica italiana è corrotta, perché è la società italiana a essere corrotta. 
E qui si potrebbe aprire un fantastico dibattito stile "è nato prima l'uovo o la gallina", con facili argomentazioni da entrambe le parti. Se non fosse che Monti, che sarà un tecnico ma vive di piccoli compromessi politici alla pari di qualsiasi altro, è alla guida di un governo che non ha fatto un tubo nè per l'evasione fiscale e il lavoro nero, nè tantomeno per la corruzione, sostenuto da una maggioranza che ha al suo interno personaggi di tutti gli schieramenti coinvolti in storie raccapriccianti. 
Ecco, io strali come quello pronunciato oggi contro il mondo del calcio non li ho mai sentiti quando la magistratura, con cadenza settimanale, inguaia questo o quel politico, questo o quel tesoriere, questo o quel sindaco o governatore regionale. Ed è un vero scandalo, caro professor Monti, che vengano usati soldi pubblici per pagare le vacanze, i pranzi, le cene e le donnine allegre dei suoi sodali.

venerdì 25 maggio 2012

Vaticano, il "corvo" è il maggiordomo. Una compagnia di giro da romanzo giallo

Qualcuno dei miei (scarsi) lettori mi rimprovera un certo anticlericalismo preconcetto. Lo ammetto, è così. Ma come si fa a non ridere di quel verminaio che risponde al nome di Santa Sede leggendo le notizie degli ultimi giorni? Come nel più classico dei libri gialli, il colpevole della fuga di notizie sui segreti gossippari del Vaticano è il maggiordomo del papa, che ora è stato addirittura arrestato.
In questi giorni sulla compagnia di giro di Josef Ratzinger è uscito di tutto: lotte e intrighi di potere e una sfilza di carte segrete, centinaia di documenti che svelano la quotidiana miseria della Chiesa, tra affari assai poco trasparenti e congiure di palazzo, tutto in un libro, "Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI", del giornalista Gianluigi Nuzzi, già autore di "Vaticano spa" sull'incredibile storia dello Ior
I documenti, come da sinossi del libro, contengono "le lettere di Boffo, l'ex direttore bruciato da veline di palazzo, quelle di Vigano che, dopo aver fatto risparmiare milioni al Vaticano, è costretto alle dimissioni, le donazioni private (anche quelle di Bruno Vespa), le raccomandazioni a Gianni Letta, il problema dell'Ici secondo i rapporti riservati del presidente dello Ior Gotti Tedeschi, il caso Ruby e Berlusconi ("vittima di una magistratura politicizzata"), gli incredibili pedinamenti degli 007 vaticani in territorio italiano, le verità sui Legionari di Cristo e la pedofilia in una testimonianza mai resa pubblica, le intemperanze di molti vescovi in ogni parte del mondo. Persino un incontro segreto tra Napolitano e il papa dì cui nessuno è a conoscenza. E don Juliàn Carrón, leader di Cl che accusa la diocesi di Milano di simpatie politiche".
Se non vi basta, mettiamoci anche che ieri il banchiere del papa Ettore Gotti Tedeschi (un economista che si ispira un po' a Hitler e un po' alla cultura medioevale) è stato cacciato via dall'incarico, non si sa bene per quale motivo (o forse sì, una guerra intestina che vede l'Opus Dei sotto attacco dopo decenni di incontrastato dominio). Lui dice che non parla (oltre a non vedere e a non sentire), per "non turbare il Pontefice", guarda tu che sensibilità umana, ma si scatenano le ipotesi sul conflitto con il segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone.  
Ecco, questo è il club al quale lo Stato italiano versa 6 miliardi di euro l'anno. Non prendetevela con me.

mercoledì 23 maggio 2012

Napolitano, Monti e la ragion di Stato (quella che insabbia)

''Scendete al più presto in campo per rinnovare la politica e la società, nel segno della legalità e della trasparenza. L'Italia ne ha bisogno. L'Italia ve ne sarà grata''. Si è anche commosso il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pronunciando questo invito ai giovani accorsi a Palermo per commemorare il ventesimo anniversario della strage di Capaci
Che sia un uomo che siede in Parlamento dal 1953 e che ha ricoperto fra i mille incarichi anche quello di Ministro dell'Interno (quando disse per l'appunto che non era andato al Viminale per aprire gli armadi) a rivolgere questa esortazione ai ragazzi, più che le lacrime ispira solo un sorriso amarissimo. Con lui c'era il premier Mario Monti, che ha avuto modo di regalarci anche lui le ovvietà di rito: "Non esiste nessuna ragion di stato che possa giustificare ritardi nella ricerca della verità. L'unica ragion di Stato è la ricerca della verità", ha detto dimenticando forse di essere sostenuto da una maggioranza che di collusi con la mafia ne schiera parecchi.
Questi personaggi, in un paese dove la ragion di Stato ha cancellato le prove di decine di attentati e stragi (da Capaci a via D'Amelio, dal rapimento Moro a Ustica, da Piazza FontanaBologna, da Brescia al treno Italicus, passando per il caso di Emanuela Orlandi) e che sicuramente sono ben note a chi nella vita non ha fatto altro che il politico,  non hanno il senso del ridicolo (o della vergogna)?

martedì 22 maggio 2012

La Chiesa mostra il suo volto truce: niente denunce per i preti pedofili

Certo, i vescovi non sono pubblici ufficiali e quindi per la legge italiana non sono obbligati alla denuncia di un reato. Ma difendersi dietro questo aspetto per sostenere che la Chiesa Cattolica non può imporre loro di rivolgersi alla magistratura quando un sacerdote si macchia di reati di pedofilia è semplicemente aberrante. Eppure oggi monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Cei, illustrando ai giornalisti le ''Linee Guida'' della Conferenza episcopale ''per i casi di abuso sessuale nei confronti di minore da parte di chierici'', ha detto proprio questo

Questo documento da film dell'orrore sostiene senza mezzi termini che ''il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale nè di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto'' in merito agli stupri di minorenni  compiuti dai preti e rimanda a una generica ''cooperazione del vescovo con le autorità civili, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto della normativa concordataria civile''.

Ecco, questi sono quelli che poi vanno in piazza con le organizzazioni neofasciste inneggiando al diritto alla vita, che magari sparano anche ai medici abortisti e che negli Stati Uniti fanno causa alla riforma sanitaria di Barack Obama perchè impone ai datori di lavoro di pagare una copertura sanitaria ai propri dipendenti che comprende anche la contraccezione gratuita. Il volto truce di un potere che si chiama fuori dalla regole della convivenza civile e che, nonostante tutto, continua a battere cassa per essere finanziato con i soldi pubblici.


mercoledì 16 maggio 2012

Otto per mille, tante buone ragioni per non darlo alla Chiesa Cattolica

Tempo di dichiarazioni dei redditi e di destinazione dell'otto per mille, con la Chiesa Cattolica che sta bombardando in questi giorni televisioni e giornali di spot pubblicitari pagati chissà quanti soldi a dei professionisti della comunicazione, la società Saatchi&Saatchi, una della maggiori agenzie del mondo, che deve la sua fama alle campagne elettorali che assicurarono il potere a Margaret Thatcher in Inghilterra alla fine degli anni settanta. 

L'idea è furbina e rimanda ad un sito web intitolato "Chiedilo a loro", dove si riportano le testimonianze di tanti volontari che in Italia e all'estero fanno assistenza umanitaria grazie ai soldi dell'otto per mille concesso alla Chiesa Cattolica. "Non sono attori, non hanno un copione da seguire. I loro volti, le loro storie raccontano di dolore e speranza, parlano della vita vera. Ascoltale", si legge nelle informative pubblicitarie, presentando le storie documentate anche da sedicenti "fotoreporter". Peccato tuttavia che quando si clicca su una delle singola testimonianze non appaia mai un contatto diretto con le persone coinvolte (mai citate neanche con nome e cognome), ma indirizzi mail generici con il dominio 8xmille.it, altra pagina web che invita a firmare per la Chiesa cattolica.

A parte le discutibili scelte nella campagna pubblicitaria (che nessuno saprà mai quanto è costata), nessuno nega l'esistenza di strutture e persone che operano nel sociale a nome del Vaticano. Il problema è, come sempre, che i cattolici destinano solo una piccola parte di quei soldi alla beneficenza. Il resto serve a mantenere la baracca, fra stipendi ai preti e realizzazione di nuove chiese, quelle oscenità di cemento armato che continuano a deturpare i nostri quartieri magari a danno del verde pubblico e sulle quali, ovviamente, non si paga l'Ici (o Imu che dir si voglia).
Come emerge dal documento pubblicato dalla stessa Chiesa Cattolica sul suo sito, su 1 miliardo e 118 milioni di euro ricevuti grazie all'otto per mille nel 2011, solo 235 milioni (meno del 20%) sono stati destinati a "interventi caritativi" e di questi 105 milioni sono andati comunque alle diocesi (che certo non presentano un bilancio di come impiegano questi soldi), 85 milioni in aiuti ai paesi del Terzo Mondo e solo 45 milioni in esigenza caritative di livello nazionale. Le fette grosse dell'enorme torta sono i 360 milioni all'Istituto centrale per il sostentamento del clero (gli stipendi dei parroci) e i quasi 468 milioni destinati alle esigenze di culto (diocesi, costruzione di luoghi di culto, spese per la catechesi e perfino per i Tribunali ecclesiastici regionali). 

Quest'anno firmate per i Valdesi, che sono cristiani anche più dei cattolici, che hanno versato in beneficenza tutti gli oltre dieci milioni di euro ricevuti nel 2010 e che sul loro sito scrivono chiaro e tondo che l'otto per mille "non può essere utilizzato per finanziare le attività della chiesa, sia per pagare il compenso ai pastori ed ai diaconi, sia per costruire o mantenere locali di culto, sia per finanziare attività di evangelizzazione: tutte queste attività devono essere finanziate dalle contribuzioni dei membri di chiesa".
Alleluia.

venerdì 11 maggio 2012

De Gennaro sottosegretario, alla faccia della Diaz

Non ho visto il film "Diaz" che racconta la triste vicenda di uno degli episodi peggiori della storia repubblicana, definito da Amnesty International "la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale". Ho letto tuttavia che ha fatto giustamente molto scalpore, e molti giornali hanno ospitato le lettere indignate di tanti lettori che non si erano resi conto fino in fondo del dramma accaduto a Genova nel luglio del 2001. La cosa che indigna di più, oltre alla cieca violenza praticata da rappresentanti in divisa, è che i macellai dell'epoca "stanno tutti bene".
Meglio di tutti sta Gianni De Gennaro, che da capo dell'intelligence (!) è stato nominato oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Guarda caso, il signore in questione era il capo della polizia italiana ai tempi della più grande operazione repressiva avvenuta nell'Italia democratica.
Nel 2008 venne chiesto il suo rinvio a giudizio per istigazione alla falsa testimonianza, avendo fatto pressione sull'ex questore Francesco Colucci affinché dichiarasse il falso sugli eventi alla scuola Diaz. De Gennaro è stato assolto in primo grado, condannato in appello ad un anno e quattro mesi di reclusione, e poi definitivamente assolto alla fine dello scorso anno dalla Cassazione, malgrado le ombre e i dubbi sul suo ruolo non siano mai stati del tutto fugati. Questo, in un paese normale, sarebbe bastato e avanzato per farlo scomparire per sempre dalla scena pubblica. 
Era proprio necessario, dopo la "macelleria messicana", mantenere un personaggio del genere a occuparsi di servizi segreti e ora a prendere uno stipendio a Palazzo Chigi? Tanto per essere ancora una volta chiari su da che parte sta Mario Monti.

mercoledì 9 maggio 2012

Se non si è sentito il boom, ecco i numeri del crack

Napolitano dice di non aver visto nè sentito alcun "boom" nei risultati ottenuti dal Movimento 5 Stelle, scavalcando a destra con una sola battuta le centinaia e centinaia di politici da me ascoltati nel corso degli anni, che di fronte ai risultati, anche i più negativi, negavano perfino l'evidenza. Oggi, ci riescono solo i vecchi, come Napolitano e Berlusconi (che ha detto che in fondo il Pdl ha vinto). A quelli intorno ai cinquant'anni scappa troppo da ridere e così il povero Angelino Alfano ci aveva provato a parlare di sconfitta e Pierferdinando Casini ha avuto l'onestà (intellettuale e una tantum, sia chiaro) di riconoscere che i moderati, la Dc, il Terzo Polo sono roba buona per la soffitta. 
Visto che il "boom" non si è visto nè sentito, ecco tutti i numeri del "crack" e se è vero che il test elettorale è stato ristretto in termini di numeri, nessuno può mettere in discussione la sua eterogeneità, visto che alle urne sono andati diversi comuni capolouogo del nord, del centro, del sud, delle isole. 
L'Istituto Cattaneo ha effettuato un'elaborazione dei dati del Ministero dell'Interno dalla quali emerge che sia il centro-sinistra sia il centro destra hanno preso una bastonata colossale, anche se quella dei berluscones è stata più evidente. Il centro sinistra ha perso circa 40.000 voti rispetto alle regionali del 2010, pari al 7 per cento dei propri voti del 2010. Il Partito Democratico, che secondo il segretario Pierluigi Bersani "tiene" (tipico eufemismo da Prima Repubblica di fronte a una mezza catastrofe), ha perso il 29% dell’elettorato che lo aveva scelto nel 2010 (pari a un decremento di 91.000 voti). E' vero che ora è il primo partito, ma con il 19,2% dei voti, contro il 27,8% del 2010 (e contro il 31% dei non memorabili tempi di Veltroni).
L’Italia dei Valori ha lasciato per strada 55.000 voti, pari a oltre la metà del proprio elettorato (-58 per cento a livello nazionale). Peggio ha fatto solo la Bossi family.
I partiti della sinistra (Sinistra Ecologia e Libertà e Federazione della Sinistra) perdono un sesto dei consensi di due anni fa (-16 per cento, pari -12.000 voti), anche se quello di Vendola guadagna qualcosa salendo dal 2,6% al 3,3%. 
Dolentissime note per i residuati dei bunga-bunga di Arcore, con il  Popolo della Libertà abbandonato da 175.000 elettori e passato dal 28,8% al 14% e la Lega delle lauree in Albania e dei soldi in Tanzania, è scesa dal 16,5% a un misero 5%, perdendo il 67% dell'elettorato del 2010. L’Unione di Centro non ride, con un bel -6,5 per cento a livello nazionale rispetto alle regionali di due anni fa. 
E Grillo? Ha preso circa 200 mila voti, salendo dal 4,8% al 9%. Non sarà come il boom degli anni sessanta, ma è certo che il clima assomiglia a quello del periodo degli avvisi di garanzia a Craxi

lunedì 7 maggio 2012

Partiti in caduta libera, festeggia solo Grillo

Con la faccia di bronzo che ormai abbiamo imparato a riconoscere, il presidente Mario Monti ieri ha salutato la vittoria di Francois Hollande in Francia, augurandosi "un'Unione sempre piu' efficace e orientata alla crescita", proprio lui che un euro per la crescita non ce lo metterebbe neanche sotto minaccia armata. Chissà che cosa penserà oggi, dopo i risultati delle amministrative, che vedono, lenta ma inesorabile, la caduta dei partiti che ancora sostengono il suo governo di tecnici. 
Se il Pdl sparisce decisamente dalla circolazione, con percentuali attorno al 5%, mentre il suo padre padrone Silvio Berlusconi preferisce giustamente festeggiare in Russia l'amico Putin, il Pd di sicuro non ha molto da ridere, visto che a Genova vincerà Marco Doria (candidato di Vendola che alle primarie ha sconfitto il precedente sindaco del partito di Bersani, Marta Vincenzi, che non la prese proprio sportivamente all'epoca mettendosi a insultare perfino il povero don Gallo) e che a Palermo il suo candidato, Fabrizio Ferrandelli, è stato asfaltato da Leoluca Orlando. A Parma, dove dopo anni di disastrosa amministrazione di centrodestra avrebbe vinto anche Topo Gigio, il candidato del Pd Vincenzo Bernazzoli (ex Margherita) andrà al ballottaggio con il carneade del Movimento 5 Stelle, Federico Pizzarotti, che ha sfiorato il 20% dei consensi e rischia seriamente di vincere. 
La sinistra non ha approfittato neanche degli scandali della Lega, che a Verona ha imposto al primo turno Flavio Tosi, presentatosi come "avversario" di Bossi e della sua famiglia di approfittatori. Ennesima conferma del fatto che il Partito Democratico vince solo quando il candidato non è uscito dalle stanze della sua segreteria e - per come la vedo modestamente io - anche l'ennesima conferma che il Terzo Polo del partito dei carini (Casini, Fini e Rutelli) vale davvero poco.
Di fronte all'affermazione delle liste di Beppe Grillo un po' ovunque, poi, l'imbarazzo è palpabile. Dopo la telefonata di Monti ad Hollande li vedi tutti biascicare la parola "crescita", tipo mantra ayurvedico. 
Quella che si impone, in Europa come da noi, è una "visione" di sinistra (e non potrebbe essere altrrimenti viste le diseguaglianze sociali inferte dai piani di risanamento imposti dalle banche). Ma qui un partito di sinistra attrezzato per governare il paese non c'è: quando si impone è perché ce lo trascinano per i capelli i suoi poveri elettori. 

venerdì 4 maggio 2012

Le banali argomentazioni dei tifosi del privato

Siano imprenditori a caccia del buon affare, o laureati in economia innamorati  del concetto a dispetto delle evidenze, le argomentazioni dei sostenitori delle privatizzazioni sono sempre roba da scuola media inferiore. Ieri sera a Servizio Pubblico c'era l'economista Luigi Zingales, manco a dirlo professore laureato alla Bocconi ed editorialista del Sole 24 Ore (una delle tante anomalie italiane, il principale quotidiano economico di proprietà della Confindustria, che peraltro lo gestisce malissimo), che come un disco rotto ripeteva che il problema dell'informazione in Italia è colpa del fatto che la Rai è pubblica (poi si sa tutto il resto viene giù a cascata: i servizi pubblici fanno schifo perché sono pubblici, l'istruzione pubblica fa acqua da tutte le parti perché pubblica, la sanità pubblica, eccetera, eccetera). 
Una banalità, come quelle dette in precedenza analizzando la crisi. La colpa del debito? E' del popolo che ha vissuto al di sopra delle sue possibilità. Tassare i ricchi? Non basta, perché non abbiamo abbastanza ricchi. La patrimoniale? L'unica buona è quella sulle case. Tutto uno sproloquio senza citare un dato, un numero, un riferimento.
Eppure sulla presenza dei privati nell'economia italiana ci sarebbe molto da dire, così come su chi abbia veramente alimentato il debito, e sulle incommensurabili ricchezze che i Paperoni d'Italia (che saranno pochi, ma il forziere lo tengono nascosto) hanno accumulato in modo quasi sempre truffaldino.
La verità è che il servizio televisivo non funziona per colpa della presenza di un privato, il re del Burlesque, che possiede tre reti e ne controlla altre tre, e che si mangia la più grande fetta di pubblicità a scapito della carta stampata. E che questo è stato reso possibile grazie al fatto che lui e quelli come lui hanno unto per anni le ruote di tutti i partiti e di tutti i nostri prezzolatissimi maître-à-penser
Ma perché fermarsi solo alla televisione e non parlare di quello che hanno fatto le privatizzazioni negli altri settori? Eppure Zingales dovrebbe saperlo visto che ora siede come indipendente nel consiglio di amministrazione di Telecom Italia, un'azienda che un paio di gestioni private hanno messo rapidamente in ginocchio. Potremmo parlare delle Autostrade, della parziale privatizzazione delle Ferrovie o di altri servizi, che sono sensibilmente peggiorati, aumentando in modo vertiginoso le tariffe.
Un vero liberale dovrebbe difendere la presenza dello Stato nell'economia, chiedendo di ripulire l'ambiente corrotto, non di impegnare i gioielli al Monte di Pietà. Ma vallo a trovare un vero liberale, oggi come oggi.

mercoledì 2 maggio 2012

Dopo i tecnici, arrivano macellai, vecchi mandarini e il solito sorcio a guardia del formaggio

Io non ci volevo credere. Ma poi a tarda sera di lunedì, alla vigilia della festa del lavoro, il ragionier Mario Monti l'ha fatta. Davvero grossa. Dopo essersi portato dietro a Palazzo Chigi una schiera di laureati, professori, avvocati, dottorini e dottoroni (tutta gente di prima, signora mia), è stato costretto ad ammettere che questi figuri, per quanto bocconiani e/o cattolici e/o ruderi ripescati dagli scantinati dei ministeri, sono degli autentici buoni a nulla. E quindi via libera alla nomina di nuovi tecnici per risolvere i casini combinati dai tecnici.
Siccome bisogna dare spazio ai giovani ecco subito tre belle facce da adolescenti. 
Come quella di Enrico Bondi, classe 1934, esperto di "risanamento" delle imprese in crisi, dove risanamento, è una parola un po' grossa, visto che la Parmalat, tanto per fare un esempio, dopo il maquillage è stata svenduta ai francesi della Lactalis, mentre quando diventò amministratore della Montedison fu il regista della cessione di Fondiaria al gruppo Ligresti (oggi tutto il baraccone è più o meno sull'orlo del baratro). E poi è stato in Telecom, chiamato da Tronchetti Provera, ed è finata male anche lì. Un ottuagenario, laureato in chimica (!), da sempre uomo di Mediobanca, che ora si dovrà occupare della cosiddetta spending review, ovvero la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi con il compito di definire il livello di spesa per voci di costo. Il Pd ha detto di non toccare la spesa sociale e la scuola. 
Ma uno così, dove volete che vada a mettere le mani?
Poi c'è Francesco Giavazzi (classe 1949, un pischello), che di mestiere fa l'economista e l'editorialista del Corriere della Sera. Filoamericano convinto, è anche uno con il senso dell'umorismo (diciamo della presa per il culo) perché ha scritto un libro che si chiama "Il liberismo è di sinistra" e chiede da sempre a gran voce l'abolizione dell'articolo 18, quel demone che secondo queste vecchie carampane sarebbe il vero ostacolo per l'economia italiana. Quando non faceva il teorico, fra il 1992 e il 1994 è stato dirigente generale del Ministero del Tesoro, responsabile della ricerca economica, gestione del debito pubblico e delle privatizzazioni. Anni che non verranno ricordati per i loro risultati esaltanti. Fino all'altroieri criticava l'ex amico Monti perché non aveva ancora usato il machete, oggi è il suo consulente che dovrà fornire analisi e raccomandazioni sul tema dei contributi pubblici alle imprese.
Infine, il capolavoro. Dal cilindro del prestigiatore professionista, Monti ha ritirato fuori anche Giuliano Amato, classe 1938 (anche lui una giovane promessa), già braccio destro di Bettino Craxi nel Psi fino allo scioglimento del partito a mezzo carabinieri, già presidente del Consiglio autore di una manovra da 30 mila miliardi di lire che doveva risanare i guai da lui stesso combinati quando era Ministro del Tesoro e firmava le finanziarie insieme all'amico e collega Paolo Cirino Pomicino (dentro c'era anche il famoso prelievo forzoso del 6 per mille, ovvero la volta che il governo mise davvero le mani in tasca agli italiani), dovrà fornire al premier "analisi e orientamenti sulla disciplina dei partiti per l'attuazione dei principi di cui all'articolo 49 della Costituzione, sul loro finanziamento nonché sulle forme esistenti di finanziamento pubblico, in via diretta o indiretta, ai sindacati". Come mettere un topo (Forattini lo disegnava proprio così) a guardia del formaggio. 
Tutto questo casino per risparmiare 4,2 miliardi di euro per evitare l'aumento dell'Iva. Gli sprechi, per cifre ben superiori, sono sotto gli occhi di tutti.  Ci volevano proprio queste tre cariatidi? Una mossa che ha fatto incazzare tutti. Sul palco del Concertone del 1 maggio perfino il segretario della Cisl,  Raffaele Bonanni, pareva Che Guevara.
Poi dicono che Beppe Grillo esagera.