La storia vuole che sia arrivato ai vertici della Fondazione Monte dei Paschi di Siena nel 2001 grazie all'appoggio dei Ds e della Curia, perché quando ci sono in mezzo i soldi, si sa, il diavolo e l'acquasanta vanno sempre d'accordo. Una tipica storia italiana quella di Giuseppe Mussari, che dal 2006 al 2012 ha fatto a pezzi una delle istituzioni del sistema bancario italiano, grazie alla evidente insipienza dei vertici dell'organo di controllo sulla Borsa, la Consob, e della mitica Banca d'Italia, che per molti anni è stato il regno delle tre scimmiette (non vedo, non parlo, non sento).
Non bastavano i bilanci truccati, le spese pazze per il Palio e la squadra di basket (che da anni domina il campionato) e la "madre di tutte le follie" (come la definisce qualcuno) ovvero l'acquisizione dell'Antonveneta per 10 miliardi di euro, contro un valore patrimoniale di poco più di due miliardi. Ai conti in rosso ci aveva pensato il governo di Mario Monti, che senza colpo ferire ha rimpinguato le casse dell'istituto con la bellezza di 3,9 miliardi di euro (praticamente le entrate dell'Imu sulla prima casa sono finite tutte lì) e il buon Mussari, grazie evidentemente ai grandi risultati ottenuti, era diventato addirittura presidente dell'Abi, l'associazione che riunisce tutte le banche italiane.
Ieri si è dovuto dimettere di gran carriera da quest'ultimo (si spera) incarico perché è venuto fuori un altro capolavoro, la storia di un "derivato" segreto chiamato Alexandria, spazzatura che si basava su mutui ipotecari ad altissimo rischio, le cui perdite sono state scaricate dal Monte per abbellire il bilancio del 2009 ai giapponesi della compagnia di servizi finanziari Nomura, la quale avrebbe poi riversato queste perdite sulla banca italiana attraverso un contratto a lungo
termine che Mussari e soci si sono ben guardati di trasmettere ai revisori dei conti e alla Banca d'Italia.
A cosa serviva il trucchetto? A chiudere il bilancio del 2009 in utile e consentire al nostro omino dei conti di incassare l'anno dopo un bonus da Paperone, pari a 800 mila euro.
Si parlava di tipica storia italiana.
E che altro si potrebbe dire di un tizio che si spacciava per amico di Massimo D'Alema, era vicino a Comunione e Liberazione, era appoggiato dal sindaco di Siena del Pd, Franco Ceccuzzi (travolto anche lui dallo scandalo e costretto a lasciare la poltrona), ha finanziato per 673 mila in dieci anni prima i Ds e poi il Pd grazie ai suoi immeritati stipendi, vantava legami con alcune delle facce più tristi del centrosinistra, come Franco Bassanini, Rosi Bindi, Luigi Berlinguer (sì proprio quello che ha scelto i candidati del Pd alle prossime elezioni) e Giuliano Amato ed e' diventato presidente dell’Abi grazie al sostegno di Corrado Passera, oggi impalpabile ministro dello Sviluppo?
Cinquant'anni, avvocato calabrese, questo campione dei manager alla matriciana (meglio, alla 'nduja) ha bruciato 4 miliardi di euro in cinque anni, dissipando tutto il tesoro accumulato in mezzo secolo dal Monte dei Paschi e riducendo mezzo capoluogo toscano alla canna del gas.
Quando si dice i "tecnici".
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