Rese celebri e paradigmatiche dai gialli Garzanti degli anni cinquanta, le tre scimmiette che non vedono, non parlano e non sentono, sono in realtà un simbolo di saggezza, un motto illustrato di origine giapponese. Quello che non vorrebbero nè vedere, nè sentire, nè pronunciare è il Male. Ma nell'immaginario collettivo sono diventate un sinonimo di omertà, di collusione, di disonestà materiale e intellettuale.
Un po' la storia della Banca d'Italia, quantomeno negli ultimi quarant'anni. Complici i giornalisti (quelli "embedded" a Palazzo Koch sono veramente terribili) che non scrivono mai male a prescindere di tutte le brutte facce che si sono avvicendate alla guida dell'istituto. Tutti bravi, buoni, belli e soprattutto competenti, anche quando si capisce lontano un miglio che tutto c'hanno in testa tranne il bene del paese.
Accertare le responsabilità dei singoli è sempre molto difficile qui da noi, ma dagli anni settanta a oggi sono state decine le storie di crack bancari e finanziari che la mitica vigilanza della Banca d'Italia non ha visto, non ha sentito, non ha denunciato. Da quelli della Banca Privata di Michele Sindona e del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, fino all'enorme mole di debiti accumulata con tutti gli istituti di credito da parte del gruppo Ferruzzi, i contadini di Ravenna che andarono dietro a Raul Gardini e fecero a pezzi un impero crollando sotto il peso di duemila miliardi di vecchie lire per i quali si dichiararono insolventi.
E la Centrale dei rischi di Bankitalia, quella che di solito ti blocca qualunque accesso al credito anche se hai saltato una rata della macchina, dov'era? Non vedeva, non sentiva, non parlava. Memorabile una battuta di Beppe Grillo, che all'epoca faceva ancora solo il comico: "Come hanno fatto a fare duemila miliardi di debiti? Io una volta dovevo trecentomila lire a un tizio e quello mi dormiva sul pianerottolo per chiederle indietro".
Poi c'è stata la stagione dell'astuto uomo di Alvito, il governatore che parlava in frusinate stretto ma riempiva le sue prolusioni di dotte citazioni dal latino. E' stato così bravo a combinare casini con la Banca Popolare di Lodi e l'Antoveneta, che dopo di lui si è deciso di non dare più incarichi a vita a coloro che avrebbero guidato l'istituto, ormai ridotto a mera filiale della Banca Centrale Europea.
E arriviamo a quello che la stampa da molto tempo considera il vero genio della finanza internazionale, super Mario Draghi, che al timone di via Nazionale ha passato la bellezza di cinque anni, dal 2006 al 2011. Sotto la sua invincibile guida tecnica, il Monte dei Paschi di Siena ha combinato un'enorme quantità di porcherie giocando con i derivati e mettendo in mutande un'intera città. Il nostro superMario (uomo della Goldman Sachs, ormai una specie di massoneria internazionale) era aiutato nel suo ruolo di investigatore dall'ineffabile Anna Maria Tarantola, funzionario generale
dell'Area Vigilanza bancaria, una vecchia volpe che è stata premiata con la poltrona di presidente della Rai, un posticino da 400 mila euro all'anno in un'azienda alla canna del gas ormai diventata una fabbrica di precariato.
Meravigliosa la difesa dell'istituto centrale che scoppiato il bubbone ha diffuso una nota nella quale era scritto più o meno: "Ci hanno ingannati". Come se Ginko se la prendesse con Diabolik perché non si costituisce.
Oggi quel drago di Draghi è volato a Roma per vedere il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, che in un primo tempo lo aveva indirettamente inchiodato alle sue responsabilità sottolineando come la vigilanza sia uno dei compiti della Banca d'Italia (anche perché da quando non decide più la politica monetaria di compiti veri ne ha pochi altri).
Chissà se hanno concordato una versione di comodo, visto che tutto sommato anche per il Ministro si trattava di una grana (ha avuto diverse segnalazioni che qualcosa non andava e non ha fatto il classico tubo). Fatto sta che Grilli, nel corso di un'audizione in Parlamento, oggi sostiene che "l'azione della Vigilanza della Banca di Italia ha interrotto comportamenti anomali ad elevata rischiosità". Una supercàzzora per giunta mendace, visto che se non era per il Fatto Quotidiano chissà quando sarebbe scoppiato il bubbone.
Ogni popolo ha i politici, i tecnici, ma anche gli omini dei conti che si merita. Chissà che dicono a Francoforte ora del drago Draghi.
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