giovedì 29 dicembre 2011

I giornalisti regalano la tessera a Monti: per sempre fedeli al potere

La conferenza stampa di fine anno del Presidente del Consiglio è uno di quei riti assai decotti che fanno parte delle tante finzioni messe in piedi per dire che, sì, anche noi siamo una democrazia. Di solito il potente di turno effettua una mortale prolusione in cui si vanta di tutti i grandi successi del suo governo, come sempre il migliore. Poi arrivano le domande dei giornalisti, di solito più preoccupati di fare bella figura in diretta tv che non di tirar fuori qualche notizia dalla tradizionale reticenza del monarca. 
Quest'anno il giro di giostra è stato particolarmente ridicolo, con il premier Mario Monti e i cronisti impegnati in una penosissima gara a chi ce l'ha più lungo, con un larghissimo utilizzo di termini finanziari inglesi. E così fra credit-crunch, spread, default e varie amenità francamente incomprensibili e intraducibili, la rappresentazione si è trascinata molto stancamente. Non c'è un titolo, non c'è una notizia, non c'è un tubo. Va tutto bene madama la marchesa e speriamo nel solito stellone. "Oggi non vi annuncio nessuna specifica misura: sono in lavorazione", ha detto il sobrio professore. E in un paese normale i colleghi avrebbero ringraziato e se ne sarebbero andati. Invece sono rimasti tutti a fare da fondale. 
Bastava? Macché. Il presidente dell'Ordine dei Giornalisti, forse preoccupato dalla possibilità (per la verità assai remota) che questo governo dia davvero vita alla liberalizzazione delle professioni abolendo certi organismi inutili, ha regalato a Monti la tessera dell'Ordine. 
Che tristezza. C'era proprio bisogno di certificare così la consuetudine tutta italiana di una stampa sdraiata a tappetino davanti al potere?

martedì 20 dicembre 2011

Il totem dell'articolo 18 e le balle del ministro-madonnina

Chi si era commosso per le lacrime della madonnina di Civitavecchia del nuovo governo, la ministra Elsa Fornero, magari sarà stato costretto a ricredersi. Dopo vent'anni di deregulation sui contratti che hanno fatto di questo paese la giungla peggiore in materia di tempo determinato, che viene pagato di meno e non gode di alcuna tutela a differenza di tutti gli altri posti civili ogni tanto sbandierati ad minchiam (come diceva il grande professor Scoglio), c'è ancora chi ha la faccia per continuare a sostenere che i posti di lavoro si creano dando ragione alla Confindustria e in un momento in cui non si capisce bene di che morte ci toccherà morire, questi prezzolatissimi economisti della domenica ci vengono a raccontare che la colpa è dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. 
Incredibile.
Come se in questi anni gli imprenditori non avessero fatto autentica carne di porco del lavoro subordinato, assumendo precari su precari, ricorrendo all'utilizzo degli stagisti e degli stagionali per pagare sempre meno qualunque professionalità, cacciando a calci dopo tre anni di contratto chiunque per poterlo sostituire con un nuovo sfigato. Il bello è che il dibattito infuria soprattutto a sinistra, con due tristi figuri come Pietro Ichino e Beppe Fioroni che chiedono al Pd di scegliere da che parte stare (mentre non si capisce davvero da che parte stanno loro), con la Fornero che si lamenta del veterosindacalismo, quando perfino due tappetini stesi come sono la Cisl e la Uil hanno dissotterrato l'ascia di guerra. Ci parlano di Germania, di Danimarca, di Gran Bretagna, come se in questi paesi ci fosse carta bianca sui licenziamenti e raccontandoci un sacco di balle. 
Ma la differenza maggiore la fa come al solito l'italica stirpe, perché se a volte è vero che il lavoratore troppo tutelato finisce per non fare più un cazzo, è anche vero che l'imprenditore con la pistola in mano non esita un istante a premere il grilletto, perché qui da noi, prima di tagliare i dividendi degli azionisti, si taglia la testa della gente.
La madonnina del governo Monti c'ha poco da lamentarsi. Deve governare con i voti di Berlusconi, realizzando un programma che piaccia a Berlusconi, possibilmente rovinando la reputazione alla sinistra. Mica pretenderà pure gli applausi?

giovedì 15 dicembre 2011

Il business del rosario, dallo sfruttamento del lavoro in Albania al suq di via della Conciliazione

Gesù, che era un tipo fumantino, scacciò a calci i mercanti dal tempio. Chissà che faccia farebbe oggi davanti a quel mercato di oggettistica religiosa a vario titolo che sono da sempre le strade intorno a piazza San Pietro a Roma, o a San Giovanni in Laterano, dove i negozi spacciano a prezzi da merchandising ufficiale tutti gadget del Vaticano, dai rosari alle croci, alle foto esclusive del papa. Una bella inchiesta dell'Espresso ha fatto luce su uno degli aspetti più tristi della vicenda, lo sfruttamento del lavoro in Albania, dove i rosari vengono pagati 70 centesimi al pezzo per essere rivenduti qui a Roma a 20 euro. Qualcosa come 300 volte di più. Il giornalista che ha effettuato l'inchiesta è stato trattato a maleparole dai negozianti di oggetti sacri e si è recato anche al di là dell'Adriatico per scoprire il business della preghiera. Tutto merito dell'antico codice Kanun, che costringe le donne albanesi imparentate con un assassino a restare chiuse in casa per non incappare nella vendetta. Alla ricerca di soldi anche solo per sopravvivere, vengono ingaggiate da un commerciante italo-albanese: ogni settimana arrivano dall'Italia perline, croci e fili da trasformare in rosari, che poi faranno il viaggio inverso per finire nelle case e nelle macchine dei pii e devoti turisti religiosi.
Un dumping che manco il più bieco dei fabbricanti di automobili si sognerebbe.

martedì 13 dicembre 2011

La destra e la kultura (2): ridateci i trinariciuti, perchè quelli che sanno leggere e scrivere poi fanno il tirassegno con i senegalesi

Su questo blog mi ero lamentato del fatto che la cultura di destra è spesso sbandierata a proposito. Perché quando uno legge che le donne dovrebbero studiare meno e fare più figli è giusto che si risenta un po' nei confronti del trinariciutismo che ha sempre caratterizzato questi pseudo intellettuali e che si dipingono vittime dell'ostracismo della sinistra. Ora però succede che un tizio, che evidentemente sapeva leggere e scrivere, visto che gli hanno pubblicato diversi libri (sempre quelle cazzate megalattiche di fantasy per poverelli, miti celtici per gente che in realtà dovrebbe cercare le radici nel nordafrica), e frequentatore di quello strano club di confusi che è Casa Pound (che Pound ahimè non credo che lo abbiano mai letto e mentre da una parte spacciano per loro teorie anarco-socialiste, dall'altro predicano le vecchia storia del dagli ar negro perché ce rubba er lavoro e 'e donne), mette mano alla pistola, da vero vigliacco bastardo, e  apre il fuoco contro qualche venditore ambulante senegalese impegnato con le bancarelle di Natale e dopo averne fatti fuori tre, si suicida. Un ragioniere di 50 anni con la passione per il nazismo, un Fantozzi che mischiava Nietzsche, Jung e Evola, in un minestrone assurdo e pericoloso.
Ecco, lasciamo stare la kultura di destra. Ridateci gli adoratori di Christian de Sica, del cinepanettone  e del Grande Fratello. Fanno schifo quasi quanto le intollerabili cazzate sulla difesa della razza ariana e la purezza dell'Europa bianca e cristiana, ma almeno sono innocui.

venerdì 9 dicembre 2011

La Chiesa e l'Ici: bugie su bugie, puntualmente smentite. Ma perchè non tacciono e pagano come tutti?

Avvenire, il giornale dei vescovi che è anche la testata italiana che percepisce più contributi pubblici (evidentemente, come è giusto che sia, lo si considera un organo di partito), ormai non si occupa d'altro. Sulla homepage del sito web compare un colonnino virgolettato con una frase del direttore (manco fosse il Santo del giorno), che accusa coloro che chiedono alla Chiesa cattolica di pagare l'Ici come tutti gli altri di "menzogna". Non solo, si punta il dito contro "militanti del Partito ra­dicale e politicanti male ispirati e peggio in­tenzionati", che sarebbero responsabili di questa campagna laicista (come se essere laicisti non fosse sacrosanto quando si parla di cosa pubblica). Poi pubblicano tutto un bel dossier, facendo il vecchio gioco delle tre carte e sostenendo che in realtà i preti pagano l'Ici sulle proprietà ad uso commerciale come tutti gli altri. C'è perfino la testimonianza di un parroco di Roma, che dice (come se fosse un campione rappresentativo) che lui paga l'Ici su un appartamento che è stato donato da una vecchia signora alla parrocchia e dal quale la stessa parrocchia percepisce un affitto di 500 euro mensili. Fa tenerezza questo povero tizio (che percepisce uno stipendio grazie all'altro schifo dell'otto per mille),  pronto a mostrare le ricevute dei pagamenti, mentre tutto intorno a lui fiorisce la vergogna.
Le bugie hanno le gambe corte, ci dicevano alle elementari e nell'era di Internet è anche peggio. Infatti, mentre i preti reagiscono stizziti insieme a qualche esponente del Pd che ancora rimpiange l'oratorio (o meglio la greppia dell'oratorio), viene giù il teatro. Anche i bambini sanno che nel 2005 Berlusconi aveva esentato dall'imposta ogni ente no-profit (anche laici). Nella sua breve vita, il governo Prodi (anche lui cattolico, sia pure "adulto") limitò poi tale beneficio agli edifici "che non hanno esclusivamente natura commerciale". Un avverbio grazie al quale basta costruirci una cappella all'interno che anche un hotel a cinque stelle diventa un luogo di culto ed è esattamente così che i preti aggirano centinaia di milioni di tasse.
Solo a Roma, l'amministrazione comunale ha scoperto che il  gettito Ici sugli immobili della Chiesa adibiti a uso commerciale (dagli alberghi ai ristoranti, passando per i centri sportivi, tutte attività per giunta in concorrenza con i privati) vale almeno 25,5 milioni di euro. Quanto vale l'Ici non pagata dalle istituzioni religiose a livello nazionale? L'ufficio studi dell'Anci (l'associazione dei comuni) ha stimato qualche anno fa un gettito potenziale di 400-700 milioni di euro. L'Associazione ricerca e sviluppo sociale (Ares) si è spinta fino ai 2,2 miliardi.
Mentre i vescovi mandano avanti i loro scribacchini a difendere la cassaforte, c'è sempre qualcuno che se ne esce con la storia delle azioni umanitarie di cui si fanno carico le parrocchie, ma neanche i diavoli atei più cattivi vorrebbero far pagare le tasse agli oratori (io che sono un rompicoglioni però, vorrei non dover pagare in cambio gli insegnanti di religione nella scuola pubblica).  Qui si parla di palazzi e ville trasformati in alberghi, scuole private e ospedali dove vanno solo i ricchi, non certo gli indigenti, palestre, o le 214 case per ferie censite sul sito di Roma Turismo, quel business del turismo religioso che nella capitale secondo la Federalberghi muove 10mila posti letto e 700 milioni di giro d'affari l'anno, alla faccia degli operatori che l'Ici la pagano. Anche quei cattivoni dell'Unione Europea hanno avviato degli accertamenti per concorrenza sleale. E come se non bastasse arriva la ciliegina finale: il Sole 24 Ore scopre che nel decreto salva-Italia, quello che ci farà un culo tanto, non ci sarà nessuna rivalutazione delle rendite catastali per gli immobili della Chiesa.
Ce ne è abbastanza per bruciare all'inferno per tutte le bugie raccontate, sui giornali, in tv e nelle prediche. E' un vero peccato che l'inferno non esista, ci sarebbe da ridere un casino.


giovedì 8 dicembre 2011

La prima alla Scala e lo sfarzo dei potenti: si ricelebra il rito in faccia al popolo bue

Il comunismo, lo dicono tutti, è stato cancellato dalla storia. Ma ci sono sempre, soprattutto nel nostro paese, quelle sane tradizioni a metà strada fra il feudalesimo e la monarchia assoluta che lo rendono ancora attuale. Una di queste è sicuramente la Prima alla Scala, la kermesse annuale in cui i potenti sfoggiano le loro mogli in abiti firmati e si fanno vedere dal bel mondo e in cui il presidente della Repubblica di turno, di solito aiutato dal cornetto acustico vista l'età, assiste all'esecuzione orchestrale dell'Inno di Mameli che fa tanto patriottico. Anche quest'anno, malgrado la sobrietà del governo di Mario Monti, non ci hanno risparmiato questa orrenda visione, che fa ricordare quelle vecchie rappresentazioni della monarchia francese, con i poveri in strada che guardano mangiare i ricchi. E così, se ve li siete persi, sappiate che la signora Monti era vestita da Armani, stessa scelta per la moglie del sindaco Pisapia, mentre la signora Napolitano preferisce Lella Curiel. Poi c'erano alcuni indimenticabili esponenti della cultura, come il pio Formigoni in cravattino bianco, Valeriona Marini con le chiappe al vento e Barbara Berlusconi che mostrava una vista generosa della sua balconata. Lady Passera (intesa non come la vincitrice di un concorso indetto da una rivista porno, ma come la seconda moglie del ministro banchiere) si è affidata a Fausto Sarli
In sala l'ennesima mortalmente noiosa versione del Don Giovanni di Mozart, stroncata puntualmente da critici e melomani. Fuori quel mondo di tartassati alle prese con le lacrime e il sangue. Resteremo sempre nostalgici dei borboni e del potere sbattuto in faccia alla gente?

martedì 6 dicembre 2011

Quanto ci costano i preti? Molto più del valore dell'Ici, che comunque non pagano

Quanto ci costa la Chiesa cattolica? Qualcuno finalmente prova a fare due conti e mette insieme una cifra di tutto rispetto, pari a 6 miliardi e 86 milioni di euro, molto più del gettito che il governo zombie conta di fare reitroducendo l'Ici (che la Chiesa non paga) sulla prima casa dei cittadini. L'Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti (Uaar) ha realizzato un'apposita pagina web (www.icostidellachiesa.it) in cui vengono ricapitolati e documentati i mille rivoli attraverso i quali lo Stato italiano finanzia le attività confessionali di questa setta senza controllo. Dalla grande fetta di torta dell'otto per mille (anche quello di competenza statale) agli sgravi fiscali concessi a chi fa donazioni per il sostentamento del clero, gli scandali dell'esenzione dell'Ici, dell'Iva, della riduzione di Irpef e Ires, le esenzioni fiscali e doganali, i soldi spesi per i cappellani dell'esercito e della Polizia di Stato, per l'insegnamento delle religione nella scuola, i lauti contributi percepiti dalle scuole e dalle università cattoliche e via con una serie interminabile di piccole e grandi "mance" che piovono sempre nello stesso ricco pentolone. 
Dopo esserci beccati per anni i predicozzi dei benpensanti contro i costi della politica, non si potrebbe fare qualcosa per rimuovere questo schifo, che non ha eguali nel resto del mondo, neanche nella a volte becero-cattolica Spagna? Qual è la ragione per cui lo Stato dovrebbe chiudere scuole e ospedali per pagare quelli del papa? Quando la smetteremo di farci fregare così da chi pratica il mercimonio nel nome di dio?

lunedì 5 dicembre 2011

E' arrivata la manovra, con tanto di lacrime (e un po' di sangue). Ma c'era proprio bisogno dei professori o bastava il ragioniere?

Alla fine il governo tecnico ha fatto quello che avrebbero fatto i vecchi governi del pentapartito della Prima Repubblica. A caccia di soldi ha approvato una raffica di tasse dal gettito certo e dal calcolo facile. La reintroduzione dell'Ici sulla prima casa (per giunta maggiorato e in vista di nuovi rincari con la rivalutazione degli estimi catastali) colpisce oltre il 70% della popolazione che dalla casa in cui abita non percepisce alcun reddito. E anche come patrimonio non è granché, visto che se uno se la vende e non ne ha un'altra è costretto a ricomprarsela se non vuole andare a vivere sotto i ponti. L'aumento dell'Iva non è una grande idea, in un momento di fase recessiva e di costante aumento dei prezzi. Il prelievo dell'1,5% sui capitali rientrati con lo scudo fiscale è davvero molto timido (in altri paesi le sanatorie fiscali hanno fatto pagare a coloro che avevano i soldi all'estero anche il 30%), per non dire offensivo per chi all'estero al massimo ci passa un week-end con volo low-cost,  e sul fronte dell'evasione la tracciabilità dei pagamenti oltre i 1.000 euro è semplicemente ridicola. La riforma delle pensioni era data da tutti come inevitabile e sarà pur vero, ma le lacrime della ministra Elsa Fornero mentre parla di sacrifici non so se fanno di lei una grandissima attrice o una persona vittima di sdoppiamento della personalità.
Tutto il resto è fuffa. Come la rinuncia allo stipendio del presidente del Consiglio Mario Monti (argent de poche per uno come lui) e i ventilati tagli alle province (ma non si dovevano abolire?).
Lo stile è quello di geni dell'economia come Giuliano Amato e Paolo Cirino Pomicino (il gatto e la volpe delle finanziarie allegre degli anni ottanta). Il risultato è legato alle bizze dei parlamentari che dovranno approvare il malloppo. Una domanda sorge tuttavia spontanea: ma per una roba così c'era proprio bisogno dei "professori" o bastava un ragioniere fresco di diploma?

venerdì 2 dicembre 2011

La manovra lacrime e sangue ce la spiegherà Bruno Vespa a Porta a Porta

A questo giro non ci saranno scrivanie, nè miracoli promessi al popolo. Ma per nascondere agli italiani la verità su come verranno massacrati dalle misure del nuovo e sobrio governo, le comode poltrone della trasmissione "Porta a Porta" sono sempre un must. Chi meglio di Bruno Vespa, il giornalista che da Andreotti a Forlani, passando per Berlusconi, Prodi  e D'Alema ha sempre mostrato di considerare il capo del governo come il suo "azionista di riferimento" (lo disse per davvero, un giorno, e la cosa non gli è minimamente costata la carriera come sarebbe successo in un paese normale), per essere certi che nessuno farà domande? Ma non domande imbarazzanti, eh, solo domande. 
Con quella faccia un po' così, con l'espressione un po' così del professore che ti sta per fare il culo, Mario Monti nei giorni scorsi ha chiesto scusa ai giornalisti perchè ultimamente li ha un po' trascurati e ha promesso che d'ora in poi parlerà di più. 
Ecco, martedì prossimo a "Porta a Porta", assieme ai due campioni di conflitti di interessi del suo governo, i ministri dello Sviluppo Economico Corrado Passera, e del Welfare Elsa Fornero, il sobrio presidente del Consiglio lancerà il suo rassicurante messaggio al paese. Come tutti i suoi predecessori, che sono in qualche modo rimasti a galla, mentre il paese sprofondava.

Il condom? Non esiste. Sull'Aids tornano in auge i folli diktat di Santa Romana Chiesa

Parlare per ore di Aids, nella giornata mondiale per la lotta a questa ancora incurabile malattia, senza pronunciare mai la parola preservativo deve essete stata una corsa a ostacoli da record mondiale. Secondo quanto riferito dalla stampa, alla Rai è circolata una mail interna che recitava alle lettera: "Carissimi, segnalo che nelle ultime ore il ministero ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali e alla necessità di sottoporsi al test Hiv in caso di potenziale rischio. Se potete, sottolineate questo concetto".
Roba da pazzi, aggravata dal fatto che oggi il portavoce del ministro della Salute, Renato Balduzzi (il solito pio buon cattolico, amico di Rosy Bindi) ha smentito di aver mai dato indicazioni in questo senso e ha accusato dell'iniziativa i dirigenti Rai, a dimostrazione che ormai a viale Mazzini regna l'anarchia, non soltanto quando si parla delle principesche note spese del direttore del Tg1.
Personalmente, la trovo una cosa gravissima. Che fa il paio con l'atteggiamento criminale del ministro della Sanità, il fu Carlo Donat Cattin, che nel 1988 nel corso di una conferenza stampa choc convocata per parlare (per la prima volta) dell'emergenza Aids in Italia ebbe la faccia di dire che "l'Aids ce l'ha chi se lo va a cercare" (io c'ero e giuro che andò proprio così). Poi non contento inviò alle famiglie italiane una lettera nella quale si affermava che il preservativo non era un mezzo sicuro per difendersi dalla malattia. Oppure fa tornare in mente la faccia e la stridula voce della ineffabile, catastrofica, ex sindaco di Napoli che verrà ricordata per le montagne di munnezza, Rosa Russo Jervolino, che sempre da responsabile della Sanità italiana, oltre ad aver messo il nome sulla più assurda legge antidroga del mondo civile, dichiarò guerra a un fumetto di Lupo Alberto che il disegnatore Silver aveva realizzato per le scuole, invitando i ragazzi al sesso sicuro.
Delle due l'una. O questo governo ha intenzione di baciare la sacra pantofola del papa, peraltro marchiata Prada, oppure il devoto ministro dovrebbe chiedere la testa di chi usa il suo nome a sproposito. Ma non succederà un cazzo, come non succede mai qui da noi, paese di pazzi scriteriati al potere, ma in odore di santità.