Alla fine il governo tecnico ha fatto quello che avrebbero fatto i vecchi governi del pentapartito della Prima Repubblica. A caccia di soldi ha approvato una raffica di tasse dal gettito certo e dal calcolo facile. La reintroduzione dell'Ici sulla prima casa (per giunta maggiorato e in vista di nuovi rincari con la rivalutazione degli estimi catastali) colpisce oltre il 70% della popolazione che dalla casa in cui abita non percepisce alcun reddito. E anche come patrimonio non è granché, visto che se uno se la vende e non ne ha un'altra è costretto a ricomprarsela se non vuole andare a vivere sotto i ponti. L'aumento dell'Iva non è una grande idea, in un momento di fase recessiva e di costante aumento dei prezzi. Il prelievo dell'1,5% sui capitali rientrati con lo scudo fiscale è davvero molto timido (in altri paesi le sanatorie fiscali hanno fatto pagare a coloro che avevano i soldi all'estero anche il 30%), per non dire offensivo per chi all'estero al massimo ci passa un week-end con volo low-cost, e sul fronte dell'evasione la tracciabilità dei pagamenti oltre i 1.000 euro è semplicemente ridicola. La riforma delle pensioni era data da tutti come inevitabile e sarà pur vero, ma le lacrime della ministra Elsa Fornero mentre parla di sacrifici non so se fanno di lei una grandissima attrice o una persona vittima di sdoppiamento della personalità.
Tutto il resto è fuffa. Come la rinuncia allo stipendio del presidente del Consiglio Mario Monti (argent de poche per uno come lui) e i ventilati tagli alle province (ma non si dovevano abolire?).
Lo stile è quello di geni dell'economia come Giuliano Amato e Paolo Cirino Pomicino (il gatto e la volpe delle finanziarie allegre degli anni ottanta). Il risultato è legato alle bizze dei parlamentari che dovranno approvare il malloppo. Una domanda sorge tuttavia spontanea: ma per una roba così c'era proprio bisogno dei "professori" o bastava un ragioniere fresco di diploma?
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