Eugenio Scalfari è un vecchio trombone. Si può dire anche se è stato uno dei pochi a fondare un giornale negli anni settanta e a tenerlo a galla fino a farlo diventare il primo quotidiano italiano? Sì, si può dire. Perché con tutto il rispetto per le persone anziane, a me quelli che salgono sul pulpito a 87 anni e ti descrivono la loro visione del mondo come se il solo fatto di essere delle mummie li rivestisse automaticamente di una credibilità divina, fanno proprio quell'impressione lì. Come succede a molti vecchi italiani potenti, il nostro riscopre l'eros e pubblica l'ennesimo libro per Einaudi (casa editrice di proprietà della Mondadori, ovvero paga Silvio) che immagino soporifero come la sua prosa nei lunghissimi (e spesso incomprensibili) editoriali che ancora pubblica sul suo ex giornale.
Naturalmente viene intervistato da tutti, su tutte le reti e tutte le testate (stile Bruno Vespa) e anche dal Fatto Quotidiano. Nel colloquio si lascia andare a considerazioni sull'essere e il nulla, su Schopenauer e Sigmund Freud, e poi, evidentemente invidioso del successo editoriale del giornale di Padellaro e Travaglio (che hanno portato via copie a Repubblica), spara un paio di topiche che fanno capire bene il personaggio: "Voi del Fatto avete un fucile a due canne: sparate contemporaneamente un colpo sul Pdl e uno sul Pd. Il Fatto somiglia al Corriere che cerca continuamente le crepe nel Pd perché l’ideologia di quel giornale è privilegiare il centro. Il Fatto non si capisce chi privilegia".
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