Tutti ad analizzare la batosta di Berlusconi a questa tornata di amministrative, che in effetti c'è stata e di dimensioni impensabili. Nessuno però che si prenda la briga di sottolineare come insieme al Caimano dal voto escano con le ossa rotte tutta una schiera di azzeccagarbugli di professione, dai centristi di Fini, Casini e Rutelli, spazzati via senza appello, al Pd alla partenopea, cancellato da Luigi De Magistris. Senza contare che a Milano, dove il Partito Democratico risolleva la testa dopo anni di clamorose sconfitte, il candidato lo avevano scelto gli elettori con le primarie non seguendo i suggerimenti della segreteria.
La sinistra vince dove è in qualche modo alleata con Di Pietro e Vendola e a Bologna (dove bisogna sempre sottolineare che ha perso una sola volta, l'anno in cui Massimo D'Alema fece la campagna elettorale da premier, un'altra delle sue medaglie al valore), riesce anche a rintuzzare l'exploit dei grillini che superano il 10%.
Insomma, una conferma importante di quello che già si sapeva. Il centro è un cavallo morto. Definitivamente. Eppure ieri sera a Porta a Porta, ho sentito con le mie orecchie uno dei perdenti della brigata, Enrico Letta, ipotizzare un governo di larghe intese per le riforme, con tanto di strizzatina d'occhio a Tremonti, magari come possibile premier. Volevo morire. Alla fine, come dimostrano i risultati dei vendoliani, del Movimento 5 stelle e dell'Italia dei Valori, le vere sconfitte di queste elezioni sono le idee... alla Letta.
Qualcuno offra loro degna e definitiva sepoltura.
Qualcuno offra loro degna e definitiva sepoltura.
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