Fra le cose che inducono all'ilarità nel consueto rito che si consuma dopo ogni tornata elettorale, ci sono le analisi dei sondaggisti e dei politologi, che inseguono personali convinzioni senza guardare mai ai veri numeri. Che sono quelli che contano.
Capita così che dando un rapido sguardo ai voti dei partiti si vedono le cose da un punto di vista molto diverso da quello che ci vorrebbero proporre i soliti padroncini del vapore. Prendiamo a esempio il Pd. Ieri Pierluigi Bersani gongolava felice, ma al posto suo non lo sarei per niente. Il suo partito, rispetto alle Regionali dell'anno scorso ha perso voti in tutte le città tranne Milano, dove è passato dal 26,3% al 28,6% e Torino dove è salito dal 25,1% al 34,5%. E' crollato ad Arezzo, ha dimezzato i voti a Catanzaro, ha perso punti percentuali importanti a Benevento, Caserta, Grosseto, Napoli, Cagliari, Trieste, Savona, Siena e perfino a Bologna. Le cose sono andate maluccio anche a Di Pietro (anche l'Italia dei Valori è in calo ovunque, anche a Napoli nonostante l'eploit di Luigi de Magistris), mentre sono cresciuti nettamente i consensi nei confronti di Sinistra e Libertà, il partito di Nichi Vendola. Il Terzo Polo, infine, ha a malapena confermato i voti presi dalla sola Udc.
Insomma, se ad Arcore qualcuno piange, sarebbe bene che gli altri non ridessero troppo. Il voto boccia l'impresentabile puttaniere, corruttore di politici e minorenni, ma non premia granché un'opposizione senza anima.
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