Sì, va bene, io sarò anche prevenuto. Ma di fronte alla Diocesi di Potenza, che cerca di costituirsi parte civile nel processo per l'omicidio di Elisa Claps chiedendo anche dei risarcimenti, l'anticlericalismo militante sembra perfino insufficiente. Il caso è quello della sedicenne rapita e uccisa nel 1993 e per quindici anni tenuta nascosta all'interno della chiesa della Santissima Trinità del capoluogo lucano. Il cadavere è stato scoperto solo l'anno scorso, ma si sospetta che i sacerdoti della chiesa e i loro superiori sapessero che il corpo della ragazza era stato nascosto lì molto prima che fosse rinvenuto dalla polizia. Il quotidiano La Città di Salerno ha scritto che il cadavere era già stato scoperto nel maggio del 2008 da un sacerdote della chiesa, don Guy Noel Okamba di origine congolese, immediatamente rispedito in patria, si presume dopo aver rivelato la scoperta ai suoi superiori. Non solo, un ex agente del Sisde intervistato dal Tg5 ha riferito dell’esistenza di un dossier del 1997 sull’omicidio di Elisa Claps. L’informativa (non contenente nomi) indicherebbe come colpevole il principale sospettato, Danilo Restivo, e da informatori all’interno della Chiesa riporterebbe che un sacerdote era a conoscenza dei fatti.
Oggi i preti della Diocesi hanno mostrato la loro incommensurabile faccia da carta igienica, cercando di inserirsi nel procedimento come parte civile. Per fortuna il gup Elisabetta Boccassini ha respinto l’istanza, per “mancata diligenza nel controllo e gestione dei locali”, un eufemismo per giudicare l'operato di qualcuno che per 17 anni non si è accorto della presenza di un cadavere all'interno di uno dei monumenti italiani. L'orrore per queste persone, esponenti di un potere marcio e corrotto protetto dai servizi segreti, rimane tutto.
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