Visto che le volte precedenti non era andata un granché, stavolta davanti al Palazzo di Giustizia di Milano Silvio Berlusconi ha provato a fare le cose più in grande. Uscito dall'udienza del processo sui diritti televisivi, il caudillo brianzolo ha improvvisato un vero e proprio comizio con l'aiuto anche di un microfono e dopo aver detto che per lui ''è stata una colossale perdita di tempo'', ha sparato a zero contro magistrati e giornalisti in puro stile da dittatore sudamericano. Ha chiamato "Stalin" il vice direttore di Repubblica che gli aveva fatto una domanda e poi giù con la solita sequenza di balle spaziali: ''sono soltanto processi mediatici fatti per buttare fango sull'avversario politico, che si considera un nemico da eliminare perché è l'unico ostacolo alla sinistra per tornare al potere''.
Intorno a lui la solita sparuta folla di comparse di Mediaset (quelli dei 30 euro e un panino), il solito presepe delle forze dell'ordine (domanda: il comizio era autorizzato?) e le consuete telecamere e macchine fotografiche. Il messaggio insomma è che, mentre il paese va a rotoli soprattutto per colpa sua, lui non può "lavorare" perché deve perdere tempo coi giudici. Nessuno che spieghi, almeno in due-tre righe, che il processo affronta l'ennesima truffa del Caimano, una "cresta" sulla compravendita dei diritti di film americani che Mediaset non comprava direttamente, ma da società offshore. La differenza tra il valore reale e quello finale serviva a mettere da parte fondi neri e Berlusconi avrebbe intascato 280 milioni di euro in dollari, lire, franchi francesi e svizzeri e fiorini olandesi, senza pagarvi le tasse e frodando i propri azionisti (falso in bilancio, un reato che lui stesso ha provveduto a depenalizzare). Una cosetta da niente che nell'esempio di democrazia da lui sempre citato, gli Stati Uniti, gli sarebbe costata vent'anni di carcere. Ma che volete che sia. Lui non può mica perdere il suo tempo così.
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