Uno guarda gli stipendi dei manager italiani (ai primi posti c'è gente che ha collezionato solo disastri o mezze figure) e sente un irrefrenabile desiderio di iscriversi ai comunisti. Basta sfogliare infatti le dichiarazione dei redditi di certe persone e subito salta all'occhio lo sproposito fra le loro retribuzioni e quelle di operai e impiegati che continuano a licenziare. Il Paperone di quest'anno è il banchiere che piace alla sinistra, l'ex amministratore delegato di Unicredit, Alessandro Profumo, che grazie alla maxi liquidazione (38 milioni di euro!) guida la classifica con 40,6 milioni. Gli altri sono molto distanti, ma l'ex presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo ha incassato 8,7 milioni, grazie all'incarico, ancora ricoperto malgrado i non esaltanti risultati degli ultimi anni, di presidente della Ferrari (7,5 milioni). Al terzo posto c'è il presidente della Pirelli (e affossatore di Telecom Italia) Marco Tronchetti Provera, che sfiora i 6 milioni, seguito a un'incollatura dall'immortale Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca e Generali, con oltre5 milioni. Al quinto posto l'amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni, condannato nel 1996 per tangenti perche' da responsabile di un'azienda privata pagava tangenti al Psi per ottenere gli appalti, con 4,4 milioni e l'attuale amministratore delegato della Fiat (quello che riduce le pause per pisciare agli operai e poi in catena non c'è un modello da produrre), Sergio Marchionne, con 3,4 milioni.
Sono solo la punta dell'iceberg di una casta trasversale che ha lentamente condotto questo paese alla rovina economica, legati a doppio, se non a triplo filo, col potere politico e capaci di restare sempre a galla anche davanti agli tsunami. Tanto c'è sempre qualche nuova legge sul precariato o i contributi pubblici per i prepensionamenti.
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