Accolto dal solito rullo di tamburi della stampa, da un paio di decenni ormai completamente asservita al potere industriale, è arrivato il "Manifesto" degli (im)prenditori italiani contro la crisi. Tutti lo leggono anche in chiave anti Berlusconi, e in fondo è giusto, perchè dopo averlo appoggiato fino all'inverosimile, i padroni del vapore sono rimasti a bocca asciutta. E' noto che in Italia non si fa impresa, si fanno affari, quasi sempre alle spalle della spesa pubblica e la situazione, da quando in nome del liberismo lo Stato si è progressivamente ritirato dall'economia, è drammaticamente peggiorata. Le cose vanno male non solo perché al potere c'è una classe politica di netti e truffatori, ma anche perché chi dovrebbe "fare sviluppo" spesso si preoccupa solo di passare all'incasso, massimizzare i profitti e socializzare le perdite. E in quest'ottica i cinque punti presentati da Emma Marcegaglia (un altra che occupa il posto che occupa solo in virtù del familismo italico) tolgono finalmente la maschera al benedetto "riformismo" del quale vanno cianciando troppo spesso anche gli esponenti della sinistra. Il responsabile economico del Pd, tale Stefano Fassina, ha subito battuto le manine tutto contento: "Le proposte indicate sono in larga misura condivisibili". E figuriamoci se poteva essere il contrario.
Si delinea dunque il dramma verso il quale andiamo incontro. Dopo la fine del Cavaliere si profila l'avanzata del pensiero unico (la destra economica) che unirà finalmente in un'orgia degna di Palazzo Grazioli gli ex comunisti, gli ex democristiani e il (piccolo) capitalismo. Come giudicare infatti l'innalzamento dell'età pensionabile e la cancellazione delle pensioni di anzianità, in un paese afflitto dalla disoccupazione giovanile? Gli industriali già non assumono così, figuriamoci quando saranno costretti a tenere al lavoro vecchi e stanchi dipendenti che per giunta guadagnano anche molto. E come accogliere la proposta della (s)vendita del patrimonio immobiliare o la liberalizzazione di qualunque servizio, in uno Stato che cede i gioielli di famiglia ai soliti noti e dove le privatizzazioni fin qui avviate sono state una catastrofe? Non c'è una delle società che una volta erano il fiore all'occhiello dell'economia italiana e che sono state regalate ai privati (da Telecom alle Autostrade, passando per l'Alitalia) che non abbia sensibilmente peggiorato il livello del suo servizio, limitandosi a bruciare decine di migliaia di posti di lavoro. Tutto questo per fare cassa e rilanciare i lavori pubblici, gli appalti, l'unico vero magna-magna globale, la madre di tutte le mangiatoie, che invece di migliorare il paese ingrassa la criminalità organizzata e la politica locale.
Tutto quello che finora il campione della destra, il buon Papi Silvio, non è riuscito a fare. Chissà magari ci riuscirà la sinistra.