martedì 21 febbraio 2012

Articolo 18 e altre amenità, i fannulloni che vogliono licenziare i fannulloni

La parola d'ordine è licenziare i fannulloni. Chi potrebbe mai non essere d'accordo con un programma di siffatta statura politica, che solo un governo di tecnici così bravo, bello e buono come il nostro poteva mettere in piedi. Un grido di battaglia sullo stile "signora mia non ci sono più le mezze stagioni", un argomento da salotto per il tè coi pasticcini delle cinque, il diversivo preferito di chi la meritocrazia non l'ha proprio mai dovuta sperimentare. 

Premesso che il fannullone che non viene licenziato in Italia è spesso protetto da qualcuno, perché le leggi per mandare a casa una persona che non fa il suo lavoro ci sono eccome, fa rabbrividire il pulpito dal quale arrivano simili strali. Citando i più recenti, dopo quello della ministra-madonnina piangente, c'è sempre l'ottimo Wa(l)ter Veltroni, l'uomo che ha tenuto in vita il Caimano ormai comatoso, e che con la complicità di Repubblica ogni tanto cerca disperatamente di riemergere dalla pozza nel quale lo hanno infilato gli elettori di centrosinistra (c'è gente che quando lo sente nominare si fa il segno della croce anche se è atea). 
Intervistato dal solito giornalista compiacente (ditemi voi che valore aveva una paginata intera di corbellerie da dedicare a questo vecchio arnese della politica), Veltroni si è espresso sull'articolo 18 tanto per rompere un po' i coglioni alla sinistra del partito e poi, siccome è fesso, si è fatto anche uscire di bocca di quando discuteva con D'Alema "se far vivere o morire il governo Prodi". Il professore, che magari era anche più antipatico di Monti ma almeno ha vinto due volte le elezioni, ha definito l'intervista "agghiacciante". 

Forse è un po' troppo, bastava dire "ridicola". Perché l'uomo che parla di modernità e di flessibilità nel lavoro è uno che non ha mai lavorato e fa il politico, con alterne fortune, dal 1976 quando fu eletto consigliere comunale a Roma. Ed è ancora lì, nonostante un gradimento bassissimo e il giusto isolamento politico al quale si è condannato, dopo aver subito batoste politiche che in un paese normale avrebbero cancellato chiunque. Ogni tanto lo riesumano, così, per fare un po' di caciara. I vecchi amici non dimenticano.
Oggi è il giorno di Emma Marcegaglia. La presidente di Confindustria pretende il diritto di "licenziare quelli che non fanno il loro lavoro", perché anche lei è una che di lavoro se ne intende. Figlia del più grande industriale dell'acciaio italiano, laureata alla Bocconi (e figuriamoci), master a New York (dove è chiaro che ci vai se qualcuno ti paga il soggiorno), ha "lavorato" solo nelle aziende del papi, dove non è che si vada per il sottile quando c'è da sottrarre un po' di soldi al fisco.

Ecco. Questi sono i nostri modelli. I tecnici milionari, le dinastie padronali, i politici di professione che ruotano come banderuole. Sembrano quei vecchi imbroglioni che vendevano i rimedi miracolosi nel selvaggio West e poi finivamo coperti di pece e piume. Più che di fannulloni, qui ci sarebbe da fare un repulisti di ciarlatani.

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