venerdì 31 dicembre 2010

"Boicottiamo il Brasile!", anche a Capodanno non perdiamo occasione di coprirci di ridicolo.

Mi raccomando, stanotte al veglione niente trenino "meu amigo Charlie", niente carnevalate di Rio e soprattutto giù le mani dai trans di Marrazzo. La giovane Italia del ministro dell'offesa 'Gnazio La Russa ha ordinato il boicottaggio del Brasile dopo la decisione del barbudo Lula di non concedere l'estradizione dell'ex terrorista Cesare Battisti, gridando "vergogna, vigliacco", come se il presidente del Brasile fosse uno studente universitario italiano qualsiasi. Frattini ritira l'ambasciatore, Berlusconi si strappa il tappetino catramato di dosso e dice che "non finisce qui", tutto il ciarpame di ex fascisti al governo si accoda senza pietà e, naturalmente, arrivano anche i più tristi fra gli esponenti della sinistra, il pluritrombato Wa(l)ter Veltroni e l'uomo della Fiat, Piero Fassino.
La solita congrega di persone che aprono la bocca e danno fiato, senza pensare che la bilancia commerciale con il Brasile ci è attualmente favorevole, che molte aziende italiane (Fiat, Telecom e Finmeccanica) fanno affari in Brasile e che mentre noi siamo un'economia stagnante, loro volano al rialzo e si troverebbero un altro partner, mentre noi siamo alla canna del gas e roba tipo gli AMX, bare volanti di dubbia efficacia, difficilmente li piazzeremmo altrove.


La verità è che in Brasile sono circa 4.000 le persone che godono dello status di rifugiati politici, in un paese dove hanno trovato ospitalità dagli ex dittatori latinoamericani ai guerriglieri di estrema sinistra, passando per musicisti e atleti fuggiti dal regime di Cuba.

E soprattutto, chi è che sa qualcosa di Cesare Battisti? Lo conoscono solo in Francia, dove ha pubblicato qualche romanzo giallo di successo. Qui da noi quando si parla di lui viene sempre intervistato il figlio del gioielliere ucciso in una rapina, durante la quale rimase paraplegico. Poi, scartabellando un po' la Rete, si scopre che l'intervistato è stato colpito per errore dal padre e che Battisti a quella azione non partecipò proprio.
Per tutti i dubbi sulla storia (perché anche l'ultimo dell'anno è cosa salutare coltivare il dono del dubbio) vi segnalo
questa pagina e vi auguro buon anno.

giovedì 30 dicembre 2010

Il Vaticano si adegua: riciclare denaro sporco sarà reato anche da loro.

Deve aver fatto paura in Vaticano l'ultima inchiesta della Procura di Roma e il conseguente sequestro di 23 milioni di euro. Al punto che, assolutamente inattesa, è arrivata una nuova legge promulgata dal papa in persona che prevede la reclusione fino a 12 anni per riciclaggio, 15 anni per reati legati al terrorismo e all’eversione. Il carcere è previsto anche per malversazione ai danni dello Stato (da sei mesi a quattro anni), truffa (da uno a sei anni), abuso di informazioni privilegiate (da uno a sei anni) e sono punite anche la manipolazione del mercato, la tratta di persone, il contrabbando, tutela ambiente, traffico illecito di rifiuti. Ah, dimenticavo, d'ora in avanti il Vaticano congelerà i fondi e le risorse economiche di soggetti legati al terrorismo e "ogni persona fisica che entra o esce dallo Stato trasportando denaro contante di importo pari a quello stabilito dalla disciplina vigente nell’ordinamento europeo dovrà dichiarare tale somma in forma scritta all’autorità di informazione finanziaria". Le nuove norme si applicheranno a tutte le istituzioni finanziarie della Santa Sede, quelle ovviamente più chiacchierate, come lo Ior, la banca di Marcinkus e lo scandalo del Banco Ambrosiano, l'Apsa (amministrazione del patrimonio della sede apostolica), coinvolta nello scandalo dei "furbetti del quartierino" e nel versamento di 15 milioni di euro in nero nelle sue casse tramite il presidente emerito, il cardinal Rosalio Castillo Lara e Propaganda Fide, il palazzo posseduto dal Vaticano in pieno centro di Roma, al centro delle vicende giudizarie insieme al presidente cardinal Crescenzio Sepe per una storia di restauri fantasma e favori.
Viene spontaneo pensare come mai solo oggi, allo scadere del primo decennio del nuovo millennio, si decida di dare un'imbiancata ai sepolcri. Meglio tardi che mai, comunque, a patto che non sia davvero un'operazione di facciata.

mercoledì 29 dicembre 2010

Ganzer non molla: "L'Arma è con me". L'incredibile assoluzione a mezzo stampa.

"Il generale dei carabinieri Giampaolo Ganzer, comandante dei Ros, non solo è innocente, ma soprattuto è apparso pienamente innocente durante il processo che ha dovuto subire per l'improvvida decisione della Procura di Milano".
Questa singolare sentenza di "assoluzione" è l'incipit di un articolo di Libero, firmato da Carlo Panella, giornalista dalla storia molto, ma molto italica, passato da Lotta Continua (fu condannato a 4 anni e poi assolto per incidenti di piazza negli anni settanta) al Tg4 di Emilio Fede e a Studio Aperto dell'ex compagno Paolo Liguori, che oggi ritroviamo nei panni di difensore della Benemerita Arma dei Carabinieri e dell'autonomia dei loro reparti speciali.
Peccato per Panella, però, che i giudici abbiano invece ritenuto il contrario, condannando Ganzer a 14 anni lo scorso mese di luglio e rendendo note nei giorni scorsi le motivazioni della sentenza, pesantissime. Per fare bella figura con qualche sequestro e arresto, il capo dei Ros - secondo i magistrati milanesi -
"non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosissimi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di droga garantendo loro l'assoluta impunità". Non basta. Il militare avrebbe "consentito che numerosi trafficanti fossero messi in condizioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell'assoluta impunità". Ganzer? Secondo i giudici è un uomo "capace di commettere anche gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione".
Basterebbe per seppellire chiunque. E invece, Panella non ci sta. Prima spara la solita tiritera della giustizia a orologeria che "inonda i media italiani di affermazioni gravissime" e, guarda un po' che cattivoni, "in piene festività natalizie", poi ricorda i grandi successi dei Ros, che negli ultimi cinque anni (dati di Panella) avrebbero arrestato 56 latitanti, sequestrato due miliardi e mezzo di euro e 15 tonnellate di droga.
Chili e chili di cocaina come in un vortice, che vanno e vengono dagli armadi delle caserme dei carabinieri, utilizzati per pagare informatori, per essere rimessi sul mercato dopo qualche finto sequestro e le manette a qualche inconsapevole pesce piccolo scaricato dai boss.
Tra il 1991 e il 1997, il metodo targato Ros individuato dalla Procura sarebbe stato quello "di creare traffico di droga prima al fine di reprimerlo usando a tal fine le conoscenze investigative, strumentalizzando le risorse dell' Arma, inducendo a importare droga trafficanti-fonti poi non perseguiti e arricchitisi con i soldi versati dagli acquirenti e mai sequestrati, e arrestando persone di sicuro interessate al narcotraffico ma ad esso istigati dai militari e dalle loro fonti".
Dalle pagine dello stesso Libero, il generale fa sapere di non essere disposto a mollare. "Sento l'Arma con me. Resto al mio posto".

Ovviamente nessuno proverà a farlo ragionare, anche perché come ci ricorda Marco Lillo, sul Fatto, i Ros hanno messo nei guai gente come Guido Bertolaso, il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo e il faccendiere fascista Gennaro Mockbel. Sono del Ros le indagini che hanno portato al sequestro dei beni del segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, del tesoriere della Fondazione del ministro Altero Matteoli e dell’ex segretario del ministro Franco Frattini; le informative contro l’assessore alla sanità della giunta Vendola in Puglia, Alberto Tedesco del Pd, le indagini sui carabinieri ricattatori nella vicenda costata la presidenza del Lazio a Piero Marrazzo e le inchieste sui legami tra ‘ndrangheta e economia del Nord raccontate da Roberto Saviano in tv.
Tutti zitti davanti al generalissimo. Che se ha fatto come i suoi compagni d'arma del passato avrà a casa qualche centinaio di dossier che scottano.

martedì 28 dicembre 2010

Il sondaggio che potrebbe mettere fine alle discussioni nel centrosinistra. Ma non sarà così.

Pubblicato da Repubblica proprio alla vigilia di Natale (e passato un po' in sordina) l'ultimo sondaggio sulle intenzioni di voto degli italiani realizzato dalla società Demos sembrerebbe spazzare ogni possibile discussione all'interno del variegato mondo della sinistra (?) italiana. Agli interpellati è stato chiesto un giudizio sulle possibili coalizioni in campo e ne sono usciti tre scenari interessanti.

Scenario 1: Il Pd si allea con Vendola e Di Pietro e ottiene il 41,4%, il Terzo Polo (Fini, Casini e Rutelli) corre da solo e arriva al 17,8%, mentre Berlusconi e la Lega si fermano al 39,7%.

Scenario 2: Bersani fa il miracolo, mette insieme capre e cavoli alleandosi con Sinistra e Libertà, Idv e centristi e ottiene la maggioranza assoluta (57,5%), mentre Pdl e padani sono bloccati al 40,2%.

Scenario 3: Il Pd segue i consigli dei suoi grandi strateghi (da D'Alema a Fioroni, da Fassino a Chiamparino, da Letta a Rosy Bindi, da Veltroni a Parisi), si allea con il Terzo Polo e lascia fuori Vendola e Italia dei Valori. Gli elettori lo puniscono con un misero 30,8%, Sel e Di Pietro volano al 28,8% e il Cavaliere vince le elezioni con il 38,2%.

Il sondaggio non fa emergere grandissime novità, se non quella (ormai non più tale) del calo di fiducia nei confronti dell'attuale governo e quella ancora più nota degli italiani che piuttosto che cambiare orientamento di voto si farebbero amputare una mano.
Ma ho come la sensazione che i Tafazzi del fu glorioso Partito faranno ancora una volta la scelta di lasciare in sella il nano con lo scolapasta in testa.
Si aprono scommesse. 

Verso un nuovo "miracolo" italiano: nel 2011 stangata di mille euro a famiglia per tariffe, benzina e servizi bancari.

Eccolo il nuovo miracolo italiano. Per le famiglie italiane nel 2011 si annuncia una stangata da oltre mille euro per i rincari di alimentari, benzina, tariffe, assicurazioni e servizi bancari. Secondo i calcoli di Adusbef e Federconsumatori, la voce più consistente sarà quella alimentare, con aumenti annui di 267 euro (6%), seguita dai carburanti, per i quali la spesa aumenterà di ben 131 euro l'anno. Oltre 120 euro in più saranno spesi per il trasporto ferroviario, comprese le tratte dei pendolari, mentre i prezzi dell'Rc auto cresceranno di 105 euro (+10-12%). In aumento anche le tariffe autostradali (+2%), per quelle del gas (+7-8%) e della luce (+4-5%), per quelle dei rifuiti (+7-8%) e per l'acqua (+5-6%)., mentre l'aumento più consistente in termini percentuali risulta quello del trasporto pubblico locale (+25/30%).
"Un anno infelice", lo definiscono i presidenti delle associazioni dei consumatori. E deve ancora iniziare. 

Dal Giornale un colpo a Fini e uno a Belpietro, il primo va a escort, il secondo si fa fregare dal caposcorta.

La guerra interna fra i giornalisti alla corte del Cavaliere prosegue senza esclusione di colpi. Dopo i deliri di Maurizio Belpietro ieri dalle pagine di Libero, sulle quali raccontava di un finto attentato a Gianfranco Fini e dell'abitudine del presidente della Camera per il sesso a pagamento, oggi il Giornale di Alessandro Sallusti, lo zio Fester della stampa italiana, tira un colpo al cerchio e uno alla botte, con un sadismo ai limiti del ridicolo. Basta guardare la prima pagina del quotidiano fondato da Montanelli, detto "Indro la trottola" per come si starà rivoltando nella tomba, per farsi venire il buon umore giusto per cominciare la giornata. Sotto un titolo a caratteri di scatola che promette "L'intervista a luci rosse che getta fango su Fini", il Giornale dà credito alle baggianate di Belpietro rivelando l'esistenza di una tale Rachele, descritta come "una ragazza sulla trentina, tacco da gara, inguainata in un pa­io di pantaloni di pelle neri, neri la giacca i capelli e gli oc­chi". Il prode cronista l'ha rintracciata e lei promette di diffondere un video in cui racconta i particolari di un suo incontro con Fini. "Il lea­der di Fli le avrebbe fatto cre­dere di volerla aiutare, le avrebbe lasciato intendere che grazie alla sua intercessione avrebbe messo fine a quella carriera - redditizia ma scandalosa - di prostituta a cinque stelle, salvo poi ri­mangiarsi la parola". E cavandosela con duemila euro per il suo silenzio.
Rachele esiste davvero? Nessuno può verificare e lo stesso quotidiano, di proprietà del fratello scemo del Cavaliere, parla di "puzza di falso e infamia, un piatto nata­lizio da dare in pasto agli stomaci foderati del gossip, sen­za scrupoli né troppi timori di essere denunciata per diffa­mazione".
Con una prosa da giocatore di tre carte, il giornalista si premura comunque di servire il "piatto natalizio" di fango, tanto da poter paragonare il caso di donna Rachele (che fantasia Fini, proprio una con il nome della moglie del Duce) a quelli di Patrizia D'Addario e della minorenne marocchina Ruby Rubacuori. "In principio fu la D’Addario. Poi venne Ruby. Ora è lei che ca­valca l’onda di fango. O alme­no ci prova". Ecco il trucco, in due versioni. La prima suggerisce: vanno tutti a mignotte, quindi perché prendersela con il povero Silvio? La seconda, invece è che è tutto "fango", sia quello contro il Cavaliere che quello contro il presidente della Camera. Signora mia, i soliti complotti delle sinistre.
Vabbè, direte voi, il solito giochino, Vittorio Feltri non è passato per quelle stanze invano.
Ma poi l'occhio scende e il taglio basso di prima pagina ci offre qualcos'altro su cui ridere. "Nei guai il caposcorta di Belpietro", è il titolo di un pezzo che racconta come sia proprio vero quello che i soliti comunisti sospettarono da subito: l'attentato al direttore di Libero era una bufala e i magistrati stanno pensando di incriminare il suo caposcorta. Nell'articolo si sostiene che il giornalista è stato a sua volta vittima del raggiro, ma per lo scucchione bresciano è un colpo mortale. Su quel presunto attentato ci aveva costruito un castello di carte fantastico, con tutti i suoi amici a chiedere a gran voce la repressione del dissenso e perfino la chiusura di Facebook.
Sallusti, Belpietro e Feltri sono tre guitti ed è impossibile tenerli a freno. Questi non sono mica come un Minzolini qualsiasi che si contenta di andare gratis in crociera o di poter usare a piacimento la carte di credito aziendale. Questi senza il palcoscenico, il colpo di teatro, la trovata sensazionale non ci sanno stare. Berlusconi è avvisato, per quello che li paga potrebbe trovare qualcosa di meglio.

Uomo bianco alla periferia dell'Impero - Il libro

Uomo bianco alla periferia dell'Impero 

di Umberto D'Agostino

0111 Edizioni - Selezione

Pagine: 148
ISBN: 8863072876
ISBN-13: 9788863072877
Data pubbl.: 2010
Prezzo copertina: euro 13,00


Alla vigilia di Tangentopoli è facile, se sei un giovane cronista rampante, fare favori alla persona sbagliata. E Raimondi, appena iniziano a cadere le prime teste sotto ai colpi della magistratura milanese, è costretto a darsi alla fuga per evitare la galera. Si ritrova alla periferia dell'impero, in una Jamaica no problem di reggae, sole, marijuana, belle donne, loschi traffici e criminalità stagnante. Un far west noir di fine ventesimo secolo, dove ricominciare. Forse.


RECENSIONI:
Un articolo del blog Il Recensore.

Recensione RUMORE, #234-235 - luglio/agosto 2011


 Recensione dal sito Annessi&Connessi

Il libro può essere acquistato direttamente dall'autore al prezzo di 10,00 euro (+ 2 euro spese di spedizione per l'Italia) utilizzando Paypal:  



"Uomo bianco alla periferia dell'impero" è anche in vendita presso: 

Hell Nation Record Store, via Nomentana 113 - 00161 - Roma
(zona Porta Pia).

Può essere inoltre ordinato presso qualsiasi libreria tradizionale o acquistato on line sui seguenti siti:

Ibs.it - Il più frequentato bookshop della Rete, con i commenti dei lettori. 
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Unilibro - Libreria Universitaria online.