mercoledì 28 marzo 2012

La sobria famiglia Monti: il grigiore dei nuovi berluscones

Lui come Silvio è convinto che in democrazia contano i sondaggi (quelli fatti dagli amici), lei si racconta al direttore preferito di Silvio e appare in tutto lo splendore della follia del suo parrucchiere sulla copertina di una rivista che fino a pco tempo fa sbatteva in prima pagina culi, tette, nani e ballerine. 
E' la sobria famiglia Monti, la versione grigio topo del berlusconismo, con il buon Mario che da Tokyo la spara davvero enorme, sostenendo che la riforma del lavoro - come la vogliono lui e la ministra piangente - si farà perché , "questo governo sta godendo un alto consenso nei sondaggi e i partiti no". Non ci crederete, ma l'omino ha "l'impressione che la maggioranza degli italiani percepiscano questa riforma del lavoro come un passo necessario nell'interesse dei lavoratori". Lui, che nella sua vita non ha mai frequentato niente di diverso dalle università private e dai circoli chiusi dell'altissima borghesia, è convinto che gli italiani abbiano la "percezione" che la riforma del lavoro "alla fine promuoverà l'interesse dei lavoratori, sia attuali che futuri, in modo più efficace di quanto non lo faccia l'attuale sistema che, mi spiace, ma scoraggia le imprese italiane dagli investimenti nel Paese, così come quelle straniere", ha detto ripetendo una falsità epocale smentita perfino da quei comunistacci della Confindustria
Lei, la grigio-azzurra Elsa, si confessa con Alfonso Signorini, il re del gossip che si era fatto in quattro per dire che quelle ad Arcore erano solo cene eleganti, che Noemi era solo un'amica di famiglia e che Ruby era in fondo solo una brava ragazza a cui Silvio aveva fatto un favore. Lo stesso Signorini che ha pubblicato le foto di Gianpaolo Tarantini, l'imprenditore tutto sesso, appalti e escort per Silvio, stavolta insieme a moglie e figli, come un bravo padre di famiglia. 
La signora Monti ci confessa di avere incastrato il marito a 22 anni prima che partisse per Yale per la specializzazione (si sarà mantenuto facendo le pizze?), di avergli consigliato di accettare l'incarico di premier perché a Napolitano non si poteva dire di no e giura che Mario non si ricandiderà nel 2013 perché non si è mai candidato a nulla nella sua vita, neanche alla presidenza del Rotary, pensi un po' signora mia quanto è schivo. 
Il contrappasso per tutti noi lettori ubriacati da quasi due decenni di barzellette zozze e bunga-bunga. Ben ci sta.

martedì 27 marzo 2012

Legge elettorale, va in scena il grande inciucio

E' stato un vertice lampo, raccontano le agenzie, che ha riunito alcune delle menti più pericolose dello stivale. Non solo il segretario del Pdl Angelino Alfano, quello del Pd Pierluigi Bersani e quello del partito con il maggior numero di inquisiti del paese, Pierferdinando Casini, che già da soli mettono i brividi. 
No, c'erano anche Italo Bocchino per Futuro e Libertà, Gaetano Quagliariello e Ignazio La Russa per il Pdl, Luciano Violante per il Pd, Ferdinando Adornato per l’Udc e Pino Pisicchio per l’Api. Un'orgia di riciclati di ogni specie, fra ex nostalgici del ventennio, ex comunisti riconvertiti al libero mercato, ex radicali passati per Arcore, ex democristiani sempre democristiani. Insieme hanno trovato un accordo per la nuova legge elettorale che modificherà finalmente il tanto odiato Porcellum: ritorno alle preferenze, taglio (molto modesto del numero dei parlamentari), ma soprattutto fine dell'obbligo di coalizione e soglia di sbarramento a bloccare i partiti fastidiosi.
Un capolavoro. Ammesso che un giorno si vada alle elezioni, ne uscirà un moloch composto da Pdl-Pd-Terzo Polo che potrà effettuare ogni giravolta possibile nel corso della legislatura, magari appoggiando Mario Monti, che ci ha preso gusto nel bastonare gli italiani e non ha alcuna idea di dedicarsi ai nipotini ai giardinetti.
Ah, il Pd sarà all'opposizione, naturalmente.

L'uomo coperto d'oro e scortato dai militari che ai poveri del Sudamerica predica di rinunciare all'idolatria del denaro

Ogni volta che un papa va in Sudamerica, Gesù di sicuro piange. Guardate Ratzinger, coperto d'oro e vestito Prada, ricevuto dai potenti e scortato da migliaia di militari a bordo della sua papamobile da svariati milioni di dollari, che ai poveri del Messico (stipendio medio 250 euro al mese, società prevalentemente contadina, si guadagna solo con il narcotraffico e grazie solo alla vicinanza con il più grande mercato del mondo, gli Usa) ha lanciato il suo predicozzo: "Rinunciate all'idolatria del denaro".
Meraviglioso.
Oggi è a Cuba, a parlare della fine del marxismo. Con chi? Con la casta dei fratelli Castro, Raul al potere, e il povero Fidel ormai rintronato come una vecchia campana, che ha chiesto un incontro per parlare con il papa dell'aldilà, visto che la paura di morire fa novanta pure ai rivoluzionari più incalliti. Per i dissidenti politici non è previsto neanche un minuto di incontro, così come in Messico non ha parlato con le vittime di padre Marcial Maciel Degollado, il fondatore della setta dei Legionari di Cristo, accusato di orribili episodi di abusi sessuali e pedofilia. 
Il messaggio ai giovani cubani? "Dio ha affidato alla famiglia fondata sul matrimonio l'altissima missione di essere cellula fondamentale della società e vera Chiesa domestica". Tradotto, non si tromba se non si è sposati. Un monito davvero di grande attualità e utilità. 

venerdì 23 marzo 2012

Napolitano: "Niente licenziamenti facili" per l'articolo 18. "Anzi, forse... di che si parla?"

Napolitano sulla riforma dell'articolo 18 : «Non stiamo aprendo ai licenziamenti facili», titola il Corriere della Sera online. Napolitano: non ci sarà valanga licenziamenti, gli fa eco (come spesso accade) la Repubblica. Mentre la Stampa, indovinate un po', titola: Lavoro, Napolitano difende la riforma, "Nessuna valanga di licenziamenti". 
Tuttapposto, cari amici. Il presidente ha dato la sua parola, niente licenziamenti facili, Cgil, parte del Pd, e praticamente tutte le categorie del lavoro (giornalisti compresi) si sbagliano. 
Poi uno legge le vere parole del capo dello Stato e viene precipitato all'interno di una gigantesca supercazzora. 
"Non credo che stiamo per aprire le porte a una valanga di licenziamenti facili, sulla base della modifica dell'articolo 18, anche perché bisogna sapere a cosa si riferisce l'articolo 18".
Ah, ecco, non crede. E  instilla il dubbio che anche lui non sappia bene a cosa si riferisce. 
 "I problemi più drammatici sono le crisi aziendali, le aziende che chiudono, i lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro non attraverso l'articolo 18 ma per il crollo di determinate attività produttive", aggiunge facendo sorgere spontanea la domanda se era proprio il caso in un momento come questo di facilitare i licenziamenti.
"Bisogna puntare soprattutto a nuovi investimenti, nuovi sviluppi e nuove iniziative in cui possano trovare sbocco soprattutto i giovani", è la meravigliosa conclusione degna di un fine analista.
Ecco, nella riforma del mercato del lavoro che tanto piace all'ex comunista migliorista, dove stanno lo sviluppo e le iniziative? Non pervenute. Le liberalizzazioni per l'accesso al lavoro e nei servizi? Niente, che se no si incazzano i tassisti e gli avvocati e mica li puoi manganellare come gli operai. La legge sulla corruzione? Silvio non vuole. Gli investimenti? Non ci sono i soldi perché li abbiamo dati alle banche. 
Quindi tasse e macelleria sociale, come nel vecchio e caro Medioevo.

giovedì 22 marzo 2012

Sull'articolo 18 cade la maschera del governo dei tecnici e del presidente migliorista. Dov'è finita la sinistra del Circo Massimo?

E' caduta finalmente la maschera del governo dei tecnici, che quando si tratta di licenziare la gente non accetta i "veti" di quei comunistacci della Cgil, ma quando si tratta di toccare gli interessi delle persone che garantiscono loro il lauto stipendio di cui hanno sempre goduto, che si tratti di liberalizzazioni, di Rai o di patrimoniale, si inginocchiano come tutti i servitori sono soliti fare. 
Perfino Repubblica, che per qualche mese ha abboccato all'amo, oggi segnala con preoccupazione che la riforma dell'articolo 18 proposta dal ministro-madonnina Elsa Fornero e dal principe di Transilvania Mario Monti significa in buona sostanza che le aziende potranno far fuori chiunque vogliono al prezzo, massimo, di neanche due anni e mezzo di stipendio (immediatamente ammortizzabili con l'assunzione di qualcuno pagato molto meno). 
Il principio che neanche la magistratura possa costringere un imprenditore a reintegrare un lavoratore ingiustamente licenziato significa elevare i padroni al rango di potere dello Stato. Una vera vergogna antidemocratica, contro la quale ogni persona di buon senso dovrebbe schierarsi e che avrà come unico risultato (ampiamente voluto) quello di far definitivamente fuori la timida sinistra di questo paese. 
Ma le persone di buon senso non fanno quasi mai carriera, figuriamoci in Parlamento.
Qualcuno si ricorda quello che avvenne nel marzo del 2002 quando la Cgil di Sergio Cofferati portò oltre un milione di persone al Circo Massimo di Roma contro le modifiche dell'articolo 18? Allora a manifestare c'erano anche il sindaco di Roma, Walter Veltroni e il segretario del Pds, Piero Fassino, tutti a cavalcare l'onda della protesta contro il progetto del governo di Silvio Berlusconi. Oggi, con la riforma Fornero-Monti che è molto più "spinta" di quella del povero Silvio, Cofferati si è perso a Bologna, dove il suo impegno principale è stato quello di cercare di chiudere i centri sociali e reprimere la vita notturna della città che tanto dava fastidio alla gente per bene, Veltroni ha come unico compito quello di sfasciare il partito e la classe operaia gli causa ormai fastidiosi pruriti alle mani, Fassino è sindaco a Torino, dove sta pappa e ciccia con la Fiat di Sergio Marchionne, l'uomo che non vende più neanche una Panda. 
Un trionfo. Grazie anche alla partecipazione del presidente "migliorista", Giorgio Napolitano, l'uomo che chiede di fare un passo indietro. Ai lavoratori.  Se non altro è l'unico coerente, perché anche 10 anni fa lui, l'articolo 18, lo avrebbe abolito. I riformisti sono così, un po' trucidi un po' venduti.

mercoledì 21 marzo 2012

La banca vaticana non smette di stupire, su un conto tedesco anche i soldi mafiosi

La banca del Vaticano non smette di stupire. Come se non fossero bastati gli scandali del passato, magari c'è anche chi pensa davvero che il nuovo presidente, Ettore Gotti Tedeschi (l'economista che preferisce Hitler a Keynes), sia stato messo lì per fare pulizia. Oggi il Fatto Quotidiano pubblica una nuova perla: la Procura di Roma ha messo nel mirino un conto aperto dallo Ior presso la filiale di Francoforte della JP Morgan, dopo che un analogo conto aperto a Milano nel 2009, sul quale sarebbe transitato almeno un miliardo di euro in un anno e mezzo, è stato chiuso direttamente dalla banca statunitense, che ha classificato l'Istituto per le Opere religiose come "cliente ad alto rischio". Il conto milanese veniva azzerato ogni giorno, con relativo trasferimento del saldo creditore alla consorella tedesca. Il giornalista del Fatto lo definisce “il cavallo di Troia attraverso cui lo Ior opera(va) in Italia” e i magistrati sono passati all'azione. 
Lo Ior, insomma, operava spesso non come una banca ma, piuttosto, “come una vera e propria società fiduciaria che scherma la reale proprietà dei fondi sui conti correnti”. Ogni genere di operazione poteva dunque essere nascosta grazie alla collaborazione della banca vaticana. Come i nove bonifici per 225 mila euro partiti da un conto IOR e destinati a un gruppo di catanesi vicini alla mafia. Erano il provento di una truffa, ma sono stati "coperti" dalla banca del papa. 
Le autorità giudiziarie tedesche hanno per ora negato la loro collaborazione, ma per le autorità di controllo internazionali dovrebbe ormai essere ben chiaro che nei Sacri Palazzi non si fa nulla in materia di trasparenza bancaria.

martedì 20 marzo 2012

Svezia, il paese normale dove la destra fa la destra senza smontare le conquiste sociali

Nella giornata in cui a Palazzo Chigi si sta decidendo di facilitare i licenziamenti per favorire l'economia (unico esempio di cura omeopatica applicato al settore), un bello speciale comparso oggi su Repubblica ci racconta di come sono bravi a far girare i soldi i paesi normali, che hanno politici normali e dove la destra è spesso più a sinistra di quei sedicenti riformisti del Partito democratico italiano. 
Si parla della Svezia, lo Stato che per un secolo ha rappresentato il perfetto compromesso fra capitalismo e socialismo, con la definizione di "modello nordico" che oggi i socialdemocratici, un po' in crisi di consensi, hanno addirittura ottenuto di poter brevettare. Nel 2006 ha vinto le elezioni il centrodestra, confermato al potere nel 2010, il quale ha ottenuto una crescita del pil che dal segno negativo è passata al +4% nel 2011, con la disoccupazione scesa al 7% della popolazione attiva e un rapporto debito/pil al 40%. 
Il governo di destra ha fatto il governo di destra: ha diminuito di dieci punti la spesa sociale (che resta comunque la più alta d'Europa dopo la Francia), ha abbassato le tasse, mantenendo comunque al 48% la pressione fiscale, anche essa la più alta d'Europa e si prepara con tutta probabilità ad aumentare l'età pensionabile. Ma non ha minimamente intaccato le storiche conquiste del Welfare, con lo Stato "balia" che si occupa dei propri cittadini "dalla culla alla tomba", nonostante in passato avesse criticato il fatto che con una simile assistenza sociale i cittadini potevano sentirsi deresponsabilizzati. Oggi lo rivendica come patrimonio nazionale. 
Il ministro dell'Economia svedese ha 43 anni, si chiama Anders Borg, porta l'orecchino e la coda di cavallo e per il Financial Times è il migliore ministro dell'economia di tutta Europa (indovinate chi era al penultimo posto? Quel gran genio del commercialista Tremonti, ovviamente, peggio di lui solo il ministro greco). 
In Svezia un parlamentare prende un terzo di quello che intascano i parlamentari italiani (57 mila contro 144 mila euro), il primo ministro guadagna 130 mila euro (il nostro ha dichiarato 1,5 milioni l'anno scorso, ha rinunciato ai 12 mila euro al mese dello stipendio da presidente del Consiglio, ma ne prende altri 25 mila al mese come senatore a vita e 35 mila di pensione). 
Non solo, ad occuparsi di sviluppo e lavoro abbiamo altri due ultramilionari prezzolati dagli istituti di credito, che dall'alto del loro bengodi predicano l'austerità alla gente che già tira la cinghia. E come se non bastasse li tiene in piedi anche il principale partito della sinistra, che come al solito fa il lavoro sporco per conto dei padroni del vapore.
Poi dicono che si è abbassato lo spread.

lunedì 19 marzo 2012

India amara, fra i marò dal grilletto facile e i turisti il Giornale fa la sua scelta

Mettere insieme i due casi è patetico e scorretto. Farlo come Il Giornale di stamattina dimostra un cinismo da brivido. L'India è diventata un centro nevralgico di crisi per il nostro Ministero degli Esteri, dopo i due marò arrestati per l'omicidio dei pescatori e il rapimento di due turisti da parte dei ribelli nello stato di Orissa. E' chiaro che per la mentalità che domina nella nostra "destra" bisogna per forza scegliere chi sono gli eroi e così il quotidiano del fratello meno furbo di Berlusconi spara in prima pagina una tirata epocale contro i due poveri fricchettoni del turismo "fai da te", parlando di "pasticci imprudenti quando non sconsiderati amanti dell’esotico selvaggio o campioni e campionesse dell’impegno umanitario in zone di guerra e guerriglia", lamentandosi dei soldi che la Farnesina dovrà spendere per loro. Augurandosi, e ha bisogno di scrivere "in modo sincero", che i due vengano rilasciati il giornalista conclude che "al lieto fine non segua, per favore, il consueto show degli eroici reduci (mi torna in mente, con raccapriccio, il défilé delle due Simone). Quello, caso mai, spetterà di diritto ai due marò quando finalmente e per giustizia torneranno in madrepatria, dove ad averli cari siamo milioni".
Ora, augurandomi che anche i due militari vengano rilasciati, non posso evitare di pensare che comunque si tratta di due uomini armati che sono accusati di aver aperto il fuoco contro un'imbarcazione di pescatori disarmati ammazzandone due. Agivano per conto di una missione delle Nazioni Unite, ma alla fine la stessa Unione europea ha dovuto ammettere che la presenza di fucilieri sulle navi mercantili andrebbe regolamentata meglio.
I turisti "fai da te" saranno stati anche avventati e pasticcioni, ma quello che organizzava il viaggio viveva in India da vent'anni e non gli era mai successo niente. E le due Simone erano due volontarie che in Iraq invece di distribuire piombo contro i civili si occupavano di una scuola. E questo evidentemente provoca il "raccapriccio" di chi viene pagato per sostenere le guerre sante.
La verità è che un tempo, come sa chi ha viaggiato, noi italiani potevamo andare veramente dovunque senza rischiare di essere aggrediti. Dalla guerra al terrore in poi, e grazie anche alle prodezze dei nostri "eroi", siamo finiti anche noi nella lista degli infami. Un'altra bella eredità dei governi del proprietario del Giornale.

giovedì 15 marzo 2012

Le agghiaccianti barzellette del banchiere del papa, che preferisce Hitler a Keynes

A che serve rimpiangere il nostro guitto migliore, il mitico Silvio, quando in giro c'è gente che del grottesco ha fatto la sua ragion d'essere? Guardare un po' Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere del papa, presidente dello Ior e per questo da mesi indagato per questioni di riciclaggio di denaro sporco. Si spaccia per un economista e in passato ha fatto ridere parecchie platee di avanspettacolo sostenendo che la crescita economica di un paese è legata alla sua crescita demografica. Un modello importato direttamente dal Medioevo. 
Stavolta però si è davvero superato. 
Alla presentazione del libro di Giulio Tremonti (altro genio dell'economia) alla Pontificia università lateranense (poi dice che uno vuole togliere i soldi agli istituti cattolici), ha raccontato una storiella sul rapporto fra guerra e piena occupazione.  Protagonisti l'economista britannico John Maynard Keynes e Adolf Hitler, che secondo Gotti Tedeschi, un po' debole in storia, sono morti a distanza di una settimana l'uno dall'altro (in realtà Keynes è morto un anno dopo). 
Guardate il video, perché merita. 
Incespicando nelle parole e dimenticandosi pure chi è San Pietro (manco le basi del mestiere, direbbe Mario Brega), il simpatico ometto racconta che mentre Keynes si vanta di aver salvato il capitalismo, il fuhrer può vantarsi di aver salvato l'occupazione, avendo impiegato sei milioni di persone al fronte e sei milioni a fabbricare cannoni. Tremonti resta di sasso e lui invece insiste, dice che è la storia e che la guerra ha sempre un impatto sull'economia.
Non si capisce bene se il pazzo stia lì a sostenere che la piena occupazione è possibile solo fabbricando cannoni e invadendo la Polonia. Si comprende perfettamente invece che da buon cattolico liberista e conservatore a Keynes preferisce Hitler. E mentre lo dice, vicino a lui, ammirate il prete ciccione che annuisce convinto. 
Questo è l'uomo che dovrebbe ridare un'immagine positiva all'Istituto vaticano in passato coinvolto e travolto (per salvarlo il papa polacco dovette convocare un Giubileo straordinario) da scandali e corruzione. 
Complimenti per la scelta.
 

martedì 13 marzo 2012

Il cattivo Joseph Kony e gli orrori della religione

In questi giorni sul web il cattivo numero uno si chiama Joseph Kony. E' il leader dei ribelli ugandesi, ricercato dalla giustizia internazionale dal 2005 per crimini di guerra ed è tristemente famoso soprattutto perché i suoi miliziani rapiscono i bambini, costringendoli a fare i soldati e le bambine, destinandole ad una vita di schiave del sesso. Un video postato su YouTube da un'associazione che chiede la sua cattura è stato visto in pochi giorni da oltre 76 milioni di persone e l'ashtag #stopkony è uno dei più popolari su Twitter.
Dall'86, anno in cui è iniziata la rivolta, in Uganda ci sono stati circa due milioni di sfollati e almeno 66 mila bambini costretti a imbracciare le armi per sostenere i ribelli. 
Il gruppo di Kony si chiama Lord's Resistance Army o LRA (ovvero l'esercito di resistenza del Signore, un nome un programma), una banda di attivisti che promuove un sincretismo pseudo-cristiano, nota per le atrocità che commette contro i civili, tra cui omicidi, mutilazioni, stupri e in alcuni casi anche cannibalismo. Kony stesso è un convinto credente: la domenica prega il dio dei cristiani, recitando il rosario e la Bibbia, ma osserva anche il venerdì, come i musulmani. Festeggia il Natale, ma rispetta anche il digiuno di 30 giorni durante il Ramadan e proibisce che si consumi carne di maiale.
Il perfetto esempio di quello che ha prodotto l'evangelizzazione colonialista nel continente africano. Mostri.

lunedì 12 marzo 2012

L'Italia e i suoi alleati: coi cowboy è sempre difficile discutere

L'insana passione del nostro paese per i cowboy e gli ex colonialisti (ovvero l'aspetto peggiore della altrimenti invidiabile cultura anglosassone) si è progressivamente manifestata nel corso degli anni con la totale adesione alle loro politiche di pura follia, che dopo l'11 settembre hanno finito solo per aggravare i problemi. E così ci siamo inginocchiati passivamente di fronte ai due leader più stupidi e bugiardi mai partoriti da Stati Uniti e Regno Unito, George W. Bush e Tony Blair, inseguendoli nelle loro guerre senza fine in Iraq e in Afghanistan. Dopo oltre dieci anni siamo qui a fare i conti con un massacro senza fine, che ci è costato l'equivalente di tre o quattro finanziarie, ma che soprattutto ci ha fatto macchiare le mani con il sangue delle centinaia di migliaia di vittime civili. 
Caduto il governo Berlusconi, la nostra posizione non si è spostata di una virgola, anzi. Tanto per rassicurare lo zio Sam siamo perfino riusciti a confermare l'acquisto dei costosissimi caccia F-35, una scelta antieuropea voluta dal re del bunga-bunga e messa nero su bianco dall'attuale Ministro della Difesa, che, unico caso fra i paesi dove vige una democrazia, è un militare. 
Oggi, che i marine fanno il tiro al bersaglio su donne e bambini e gli inglesi sparano a casaccio uccidendo gli ostaggi senza neanche farci una telefonata, ha senso continuare a seguirli in questa dissennata escalation?

lunedì 5 marzo 2012

I marò e la grande balla della violazione del diritto internazionale

Siamo l'unica nazione al mondo che mette i militari a guardia delle petroliere e ci siamo per questo ficcati in un guaio grosso. Due fucilieri del Battaglione San Marco hanno sparato a casaccio uccidendo due pescatori indiani scambiati per pirati e da lì è stata un'orgia di scemenze a ripetizione. Prima si è cercato di sostenere che non eravamo stati noi, poi che c'era un nave greca (mai vista), poi abbiamo chiesto la perizia balistica (che è stata effettuata) e nel frattempo abbiamo ottenuto che i due soldati rimanessero nella guest-house della polizia trattati come fossero in albergo. Oggi la commedia è finita, i due sono accusati di omicidio e sono stati trasferiti in carcere.
E giù, l'orda delle dichiarazioni di gente che grida allo scandalo e alla violazione del diritto internazionale. 
Passi che ci finiscano personaggi come Fabrizio Cicchitto, il sempre poco lucido Maurizio Gasparri, o la ministra dei gggiovani Giorgia Meloni (sentivamo la sua mancanza, oggi torna in trincea a difesa dei due soldatini rischiando il ridicolo come sua abitudine), che devono parlare bene dei militari per partito preso. Ma che ci caschi anche uno dal nome roboante come Giulio Terzi di Sant'Agata preoccupa un po'.
Dove sarebbe la violazione del diritto internazionale, visto che i due pescatori sono stati uccisi a bordo della loro imbarcazione che batteva bandiera indiana? Significa che se da una petroliera di qualsiasi nazione partisse una raffica contro un peschereccio italiano facendo fuori due nostri concittadini il nostro governo non farebbe nulla?
Ultima domanda: come si fa a credere ciecamente ai militari, che mentono per natura e definizione?