mercoledì 27 marzo 2013

Presidente, parlamentari, poliziotti: quello strano senso della Giustizia (da non rispettare)

Oggi, fra il capolavoro del governo del poco intelligente (ora si può dire?) Mario Monti e dell'aristocratico che piace agli ex missini, Giulio Terzi di Sant'Agata, che si rimpallano le responsabilità della pessima gestione del caso dei Marò e il povero Bersani costretto a cercare di far ragionare quelle due specie di salme che fanno i portavoce del Movimento 5 Stelle (ma un comico come Grillo non li poteva scegliere un po' più brillanti?), sul nostro paese si è abbattuta un'altra mazzata niente male. 
Presentando un rapporto sulla giustizia, che vede l'Italia fra gli ultimi in Europa per la lungaggine dei processi, il Commissario europeo Viviane Reding, ha risposto in conferenza stampa ai giornalisti che le chiedevano un giudizio sull'inefficienza del sistema italiano con un candido: "Se vogliamo un sistema giudiziario indipendente bisogna lasciarlo lavorare'".
La Reding è una esponente politica dei conservatori del Lussemburgo, che chiaramente vivono su un altro pianeta. Qui da noi, il fastidio che si prova di fronte alle decisioni della magistratura è qualcosa di trasversale e universale, al punto da diventare eversivo senza che nessuno se ne accorga. 
E il magistrato indipendente, spesso, muore.
Tanto per dire, abbiamo un Presidente della Repubblica che contro le indagini di alcuni procuratori (che non lo stavano intercettando, lo hanno sentito parlare con un indagato, mica è colpa loro se lui frequenta certa gente) ha scatenato un assurdo conflitto davanti alla Corte Costituzionale costringendo la massima autorità giudiziaria italiana a mettere da parte ogni buon senso pur di dargli ragione. Come se fosse un monarca assoluto.
Abbiamo i parlamentari del Pdl che si schierano davanti alla procura di Milano (e fanno anche irruzione a sorpresa) solo perché finalmente i nodi del loro padrone stanno venendo finalmente al pettine e loro non sono più in grado si salvargli il deretano con qualche altra legge ad personam.
Abbiamo finanche le forze dell'ordine, con un sindacato che conta su pochissimi iscritti ma sull'appoggio di qualche politico di estrema destra, che scendono in piazza a Ferrara, insultano il sindaco e se la prendono con i magistrati che hanno messo definitivamente dentro quattro vigliacchi in divisa che hanno massacrato senza motivo un ragazzo. 
Come si fa a spiegarlo alla Reding?

lunedì 25 marzo 2013

Tutti gli uomini dell'inciucio del Presidente

Pierluigi Bersani non ce la farà. Non solo perché la disponibilità ad appoggiare un suo governo da parte di Beppe Grillo e dei suoi sembra assai ridotta, ma anche - con tutta evidenza - per il fatto che a voler formare un governo di rinnovamento che abbia all'ordine del giorno del programma cose esotiche tipo il conflitto di interessi, la riforma della legge elettorale, la lotta alla corruzione e magari (perché no) finalmente l'ineleggibilità di quello scandalo vivente che si chiama Silvio Berlusconi, è rimasto solo lui.
Il Partito Democratico è ormai giunto alla frutta e il suo progressivo spostamento al centro è stato certificato da questa tornata elettorale sfortunata. Mentre il povero segretario continua a pensare alla "domanda di cambiamento" emersa dal risultato delle urne, tutto il resto dell'Armata Brancaleone tira la fune da un'altra parte.
Il primo è il presidente Giorgio Napolitano, che per ben tre volte ha giocato contro il suo partito, quando nel 2010 fece ritardare il voto sulla mozione di sfiducia contro il Nano avanzata da Fini (dandogli il tempo di comprare sotto i suoi occhi di garante un po' begalino una pattuglia di straccioni che gli salvarono le chiappe), quando nel 2011 convinse i compagni a suicidarsi votando insieme al Pdl il governo Monti, uno dei più impopolari (e inefficaci) della storia repubblicana e oggi con un incarico a Bersani fortemente condizionato, in modo da impedire al segretario l'unica mossa possibile: quella di formare un esecutivo con nomi talmente slegati dalla vecchia politica da mettere Grillo con le spalle al muro di fronte alla responsabilità di non appoggiare una pattuglia di persone che avrebbero invece incontrato tutti i favori della società civile. Napolitano lo ha detto chiaramente, lui tifa per il governo di unità nazionale, che non si può fare per quelle che lui chiama "antiche inimicizie", sorvolando sul fatto che il leader dello schieramento avversario (come direbbe quel gran genio di Veltroni) sia inseguito dalla Procure di tutta Italia (del resto, bei tempi quelli in cui i miglioristi di Giorgio facevano affari e giunta insieme ai cognati di Craxi nella Milano da bere) e che i suoi dipendenti tengano manifestazioni eversive contro la magistratura. 
Ma i nemici di Bersani si annidano anche tra i funzionari di partito. 
Il secondo è il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che continua ad agire da cerchiobottista, grazie anche al delirio collettivo che ha preso molti elettori del Pd convinti che con il democristiano dalla faccia brufolosa si sarebbero vinte le elezioni. A me sembra chiaro che con lui la sinistra avrebbe perso un altro bel po' di voti, però magari ora sarebbero al governo con Silvio, visto che Renzi ama andare in pellegrinaggio ad Arcore e ieri finalmente si è lasciato sfuggire quello che pensa da sempre: non si può fare un governo senza dialogare con Berlusconi. 
E poi c'è tutto il caravanserraglio degli ex margheriti, gli Enrico Letta e le Rosy Bindi (una che l'opposizione a B. ha cominciato a farla solo dopo che il gentiluomo le ha dato apertamente della cessa, mentre il primo diceva che era meglio votare per il Caimano che per il Movimento 5 Stelle), i resti del rutellismo come Fioroni e Gentiloni, i resti del veltronismo, come il barbuto Franceschini (il perenne trombato), il tristissimo Fassino o il verde da salotto Realacci
Tutta questa gente sa benissimo che, se un governo si dovesse fare, per loro sarebbe finita. Per sempre.
Ma tutto a un tratto arriva l'unto del Signore, che per evitare la galera o la latitanza in qualche paese lontano (la fine che fece il suo mentore di un tempo), propone la sua ricetta finale: Bersani a Palazzo Chigi con Alfano vice e un moderato al Quirinale. 
Nessuno ride. 
Segno che molti ci stanno pensando e Renzi, diciamoci la verità, ci starebbe di sicuro.

lunedì 18 marzo 2013

Bergoglio, la dittatura argentina e le smentite "paracule" dei papisti

Sgombriamo subito il campo da un paio di cose. La frase sulle donne pronunciata da papa Francesco per criticare la presidentessa argentina gira su internet da molti anni, ma non ha alcun riscontro ufficiale ed è probabilmente frutto di un falso, anche se rispecchia in modo abbastanza fedele quel che pensano delle donne la stragande maggioranza dei preti cattolici. La persona che sta nella foto allegata al mio post sul papa, ritratta mentre dà la comunione a Videla, con tutta probabilità non è il nuovo papa, che all'epoca non risiedeva a Buenos Aires.
Detto questo, le accuse nei suoi confronti per il comportamento tenuto di fronte agli orrori della dittatura argentina trovano sempre più conferma. 

giovedì 14 marzo 2013

Dini e Pisanu, ovvero quei brevi momenti in cui ti dispiace di non aver votato per Grillo

"Se i grillini arrivano in commissioni come l'Antimafia o il Copasir (il comitato di controllo sui servizi segreti) è un problema. E tu lo sai", viene sentito sussurrare in un Senato semideserto da Lamberto Dini, 82 anni, ex direttore generale della Banca d'Italia, ex Ministro del Tesoro, ex presidente del Consiglio votato pure dalla sinistra, ex Ministro degli Esteri dei governi di sinistra, ex membro della direzione nazionale del Partito Democratico e poi folgorato sulla via di Damasco da Silvio, per il quale è stato eletto senatore.

Il nuovo Papa: ma siamo sicuri che alla gente interessi essere informata?

La retorica estasiata che accompagna i commenti all'elezione del nuovo Papa, anche da parte di chi si professa laico, è veramente ai limiti del ridicolo. Gli editorialisti della stampa italiana, si sa, è assai difficile che possano sollevare qualche dubbio, anche sulla comica pretesa che sia davvero lo Spirito Santo a illuminare i vescovi in Conclave, impegnati invece da millenni in lotte fratricide e intestine, che di spirituale hanno sempre avuto molto poco. 
La gente, invece, vuole il Santo. Costi quel che costi.
E così il fatto che Jorge Mario Bergoglio abbia nel suo armadio lo scheletro del sostegno che come tutta la Chiesa Cattolica diede alla dittatura militare argentina trova assai poco spazio sui giornali. Tanto per fare un esempio, Repubblica, campione della stampa di sinistra (e come no), ci fa un micro box a pagina 12 dopo lenzuolate di idiozie sulla "nuova Chiesa di papa Francesco", "il gesuita amico dei poveri", "l'importanza di chiamarsi Francesco", la Comunità di Sant'Egidio che parla di "un uomo di governo e misericordia" Buenos Aires che festeggia e la Kirchner che si riconcilia. Poi si legge il pezzo e di riconciliazione non c'è traccia, si racconta solo di come i due si odiassero a causa della legge sui matrimoni gay approvata in Argentina. 

mercoledì 6 marzo 2013

Il ritorno di D'Alema e quella sua voglia di Bicamerale perenne

''Vogliamo liberarci dal complesso, dalla malattia psicologica dell'inciucio? Gramsci diceva che la paura dei compromessi è l'emanazione di una subalternità culturale che serpeggia nelle nostre file. Il fatto che in un Paese in cui da vent'anni le forze politiche non sono d'accordo su nulla il dibattito sia dominato dall'inciucio è segno di fragilità culturale''. 
Ci avete capito qualcosa? No? 
Tranquilli a delirare non siete voi, ma il comandante in capo Massimo D'Alema, tutt'altro che rottamato alla faccia di Matteo Renzi. Se Bersani avesse vinto ce lo ritrovavamo come minimo Ministro degli Esteri e siccome non ha vinto, il politico meno astuto del panorama italiano (si è fatto raggirare da Silvio come neanche le vittime di Vanna Marchi e con lui presidente del Consiglio il Pds ha perso perfino a Bologna) viene colto dalla perenne voglia di Bicamerale e di accordi con la destra. Perché si sa che a D'Alema la sinistra dà un fastidio terribile.  Il popolo puzza, signora mia.
E così oggi, durante la direzione nazionale del partito, mentre il segretario esponeva la sua linea la cui discriminante era: "Con il Pdl mai!", ecco baffino che interviene per dire che in fondo, se Berlusconi si facesse da parte, e poi Gramsci e poi il compromesso.... blah, blah, blah. 
"C'è da rammaricarsi che non sia possibile l'unità nazionale", si lamenta il fine pensatore, intristito dalla possibilità che stavolta per lui (e tre quarti della palazzina sua) sia finita per davvero.

martedì 5 marzo 2013

Quando la politica "tira": la prima seduta del Senato sarà presieduta da un vero fossile

Per una strana legge del contrappasso, la prima seduta del Senato che vedrà come mai in precedenza l'ingresso di tante facce nuove, sarà presieduta da un vero fossile della Prima Repubblica, il solito democristiano doc, il giovane virgulto Emilio Colombo
La notizia ce la dà oggi il Corriere della Sera, precisando che Colombo, 92 anni, a cui toccherà l'onore in quanto il più anziano a Palazzo Madama, avrebbe già confidato agli amici: "Se i senatori del Movimento 5 Stelle si presentano senza giacca e cravatta io non li faccio entrare in aula".

lunedì 4 marzo 2013

Il centrosinistra non l'ha presa molto sportivamente e non ha capito che il problema è Bersani

Il centrosinistra non l'ha presa sportivamente. Dagli uffici del Nazareno ai sostenitori che si arrovellano su Internet, è tutto un fiorire di accuse nei confronti dei grillini, di chi ci ha creduto, di Santoro, di Travaglio, di Berlusconi e degli italiani idioti che ancora lo votano, degli illusi che hanno preferito il "giustizialista"  Ingroia. Poi ci sono quelli che hanno votato sempre a destra (mica perché sono idioti, ma perché hanno fatto carriera grazie alla loro etichettatura politica o perché grazie a quello schieramento continuano allegramente a non pagare il dovuto sui loro ingenti patrimoni) che guardano dall'alto verso il basso, come se il Pdl non avesse perso sei milioni di voti dopo cinque anni passati al governo con una maggioranza che un tempo si sarebbe definita bulgara, sperando in qualche ripescaggio stile governo di unità nazionale.
L'impressione è che proprio non si sia capito nulla di ciò che è successo.