martedì 31 maggio 2011

Bankitalia e il governatore Cetto La Qualunque

La Banca d'Italia è una di quelle istituzioni che non si possono toccare. Rivestita di un'aureola di santità, nel corso dei decenni è stata venerata come la Madonna, il faro dell'economia, il guardiano della solidità del paese, e blah, blah. 
Solita questione di caste e controcaste, visto che il sistema bancario italiano è il peggiore del mondo e da quando è entrato l'euro e via Nazionale ha perso l'unico potere che aveva, ovvero quello di determinare il costo del denaro, non si capisce neanche bene quale sia il suo vero ruolo. Prima dell'attuale governatore ce ne era uno che parlava in frusinate, ma passava per un grande intellettuale solo perché nei suoi discorsi elencava una serie di citazioni a caso preferibilmente in latino. Nei giorni scorsi questo campione è stato condannato a quattro anni e un milione e mezzo di euro di multa, oltre a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, per aver favorito il tentativo di scalata della Banca Popolare di Lodi da parte dei "furbetti der quartierino".
Oggi su quella poltrona c'è Mario Draghi, un uomo che è stato direttore generale del Tesoro al tempo delle finanziarie allegre e poi ha firmato una legge sulle privatizzazioni e una sulle offerte pubbliche di acquisto per le società quotate in Borsa che hanno avuto esiti pessimi. Diventato governatore nel 2006 a causa delle dimissioni forzate del suo truffaldino predecessore, ha ereditato questa immunità di fondo che spinge tutta la stampa italiana a tessere grandi lodi dell'inquilino di via Nazionale a prescindere, come direbbe Totò.
Oggi, in occasione dell'annuale kermesse dell'assemblea della Banca, ha sfoggiato le sue grandi capacità di economista. Ha chiesto una manovra da 40 miliardi, però anche un taglio delle tasse, e magari anche un po' di aumento della spesa pubblica per finanziare la crescita attraverso le infrastrutture. Ah... dimenticavo, ha chiesto anche di ridurre gli sprechi e di smetterla con gli interessi corporativi (proprio lui che è il numero uno dei lobbisti corporativi). Mancava che dicesse "ccchiu pilo pe' tutti" e sarebbe stato perfetto nella caricatura di Cetto La Qualunque. Provate a chiedergli dove taglierebbe e dove aumenterebbe la spesa. Vi risponderà che non è compito suo.

lunedì 30 maggio 2011

Elezioni choc, ma subito arrivano i Tafazzi del Partito Democratico a guastare la festa

Giuliano Pisapia il comunista drogato islamico, Luigi De Magistris il magistrato giustizialista e il vendoliano Massimo Zedda hanno stravinto le elezioni in barba alla segreteria del Pd che pur di non appoggiarli ha candidato anche alcune pessime figure. Aria nuova in tre città dalle quali non si aspettava un risultato simile. Ma la speranza che questo basti a buttare giù Silvio viene subito smorzata dalle dichiarazioni dei nostri Tafazzi.
Dalle urne esce netto il segnale che la sinistra unita vince, che il Terzo Polo non esiste e che la coalizione che sostiene Berlusconi è in crisi. Cosa pensano dunque il segretario del Partito che si sta Dissolvendo, Pier Luigi Bersani, e la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro? Vogliono fare la costituente con l'Udc, il partito di Pierfurby Casini (e di un sacco di corruttori e mafiosi), per cambiare la legge elettorale, che resta una porcata, ma che in questo momento premierebbe la sinistra e farebbe morire il centro.
Secondo voi lo fanno apposta perché alla fine sono democristiani dentro o sono solo stupidi e incapaci?

Eugenio Scalfari, giornalismo e vecchi tromboni

Eugenio Scalfari è un vecchio trombone. Si può dire anche se è stato uno dei pochi a fondare un giornale negli anni settanta e a tenerlo a galla fino a farlo diventare il primo quotidiano italiano? Sì, si può dire. Perché con tutto il rispetto per le persone anziane, a me quelli che salgono sul pulpito a 87 anni e ti descrivono la loro visione del mondo come se il solo fatto di essere delle mummie li rivestisse automaticamente di una credibilità divina, fanno proprio quell'impressione lì. Come succede a molti vecchi italiani potenti, il nostro riscopre l'eros e pubblica l'ennesimo libro per Einaudi (casa editrice di proprietà della Mondadori, ovvero paga Silvio) che immagino soporifero come la sua prosa nei lunghissimi (e spesso incomprensibili) editoriali che ancora pubblica sul suo ex giornale. 
Naturalmente viene intervistato da tutti, su tutte le reti e tutte le testate (stile Bruno Vespa) e anche dal Fatto Quotidiano. Nel colloquio si lascia andare a considerazioni sull'essere e il nulla, su Schopenauer e Sigmund Freud, e poi, evidentemente invidioso del successo editoriale del giornale di Padellaro e Travaglio (che hanno portato via copie a Repubblica), spara un paio di topiche che fanno capire bene il personaggio:  "Voi del Fatto avete un fucile a due canne: sparate contemporaneamente un colpo sul Pdl e uno sul Pd. Il Fatto somiglia al Corriere che cerca continuamente le crepe nel Pd perché l’ideologia di quel giornale è privilegiare il centro. Il Fatto non si capisce chi privilegia".
C'è tutto un mondo dietro queste poche frasi. Quello che ancora adesso considera il giornalismo un mezzo per fare politica, appoggiando ora un puzzone (Scalfari, fra gli scheletri nell'armadio, c'ha anche la sponsorizzazione di Ciriaco De Mita) ora l'altro. Quando questi dinosauri spariranno temo sarà difficile ricostruire sulle macerie.

giovedì 26 maggio 2011

Show della Polverini a Genzano, in un video tutta la "coattanza" ignorante della Renatona de' noantri

"Nun me faccio mette paura da 'na zecca come te!", "Stateve ziitti, questa è 'a democrazia, ve ne dovete fa' 'na cazzo de ragione, annatevene a casa, fateme er cazzo der favore!". In un comizio a Genzano, amena località dei Castelli romani, la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, gerone romanesco hard-boiled sullo stile di Gggiorgia Meloni daa' Garbatella e delle ragazze de Ostia der calippo e 'a bira, ha dato il meglio di se stessa. Non essendo capace a fare un tubo tranne urlare come una venditrice di frutta e verdura al mercato (ma decisamente con meno stile), ha reagito con grande eleganza ai cori di una parte del pubblico che urlava "vergogna". Godetevi lo spettacolo sul sito dell'Espresso.

mercoledì 25 maggio 2011

Scajola, il frullatore no!

La Procura di Perugia deve essere una congrega di sadici. Solo pochi giorni fa aveva dichiarato l'estraneità dell'ex ministro Claudio Scajola, quello a cui comprano una casa vista Colosseo a sua insaputa, dall'inchiesta sugli appalti per i grandi eventi. Immediatamente era partito il coro dei berluscones pronti a ripetere la solita cantilena del giustizialismo comunista, senza stare troppo a guardare al fatto che era stato richiesto il rinvio a giudizio di uno dei loro campioni, l'ex patron della Protezione Civile Guido Bertolaso. "Scajola è una vittima delle sentenze anticipate dai giornali", aveva tuonato l'ex piduista Fabrizio Cicchitto. "Un indegno massacro mediatico", erano state le sobrie parole di Denis Verdini. "Mai nutrito dubbi su Scajola", aveva aggiunto il ministro Altero Matteoli. Sembrava fatta per il politico di Imperia, pronto a tornare a galla con qualche incarico di governo. 
Oggi, invece, la nuova frittata. 
La procura di Perugia ha scovato l'archivio contabile del costruttore Diego Anemone, rinviato a giudizio insieme a Bertolaso, e ha scoperto che ha pagato case, bollette di luce e gas, vacanze, contravvenzioni, conti dei fornitori, auto, divani, tendaggi e ristrutturazioni di interi appartamenti, tutto per soddisfare i potenti in cambio di appalti pubblici. Fra le uscite è registrato addirittura un "frullatore per ministro", secondo gli inquirenti destinato proprio a Scajola.
Non ci si crede.

martedì 24 maggio 2011

Il Vaticano e l'ossessione del preservativo: riesumato pure Donat-Cattin, il cattolico che disse che l'Aids se lo becca chi se lo va a cercare.

L'ossessione di Santa Romana Chiesa nei confronti del sesso è qualcosa di veramente malato. Nei giorni in cui i giornali abbondano di particolari sulle notti brave di don Seppia, il parroco cocainomane, pedofilo, satanista e sieropositivo, l'Osservatore Romano, organo ufficiale del Vaticano, pubblica ben due articoli dal contenuto delirante. Nel primo, un oscuro prete spagnolo docente di teologia morale (!) ha il coraggio di scrivere che alle coppie sposate è vietato l'uso del condom, anche se uno dei due coniugi è sieropositivo e vuole cosi' evitare il contagio dell'altro. Nel secondo si ricorda la figura di Carlo Donat-Cattin, potentissimo notabile della Dc e ministro della Sanità al tempo della prima diffusione dell'Aids in Italia (negli anni dei grandi sprechi della sanità pubblica), il quale, secondo il giornale dei preti, mise in guardia "dall’illusione che l’uso del preservativo garantisse l’assoluta sicurezza di non contrarre e trasmettere il virus".
Roba da vomitare. 
Nel primo caso siamo in presenza dell'autentico delirio di un pazzo, che andrebbe arrestato per istigazione a delinquere (fare sesso con qualcuno senza informarlo di essere sieropositivi è un reato), nel secondo di una mistificazione bella e buona. Se in Italia tante persone si sono prese l'Aids per colpa di una trasfusione di sangue (e non certo per le loro abitudini dissolute), lo devono anche al bravo Donat-Cattin, che solo nel 1988, con tre anni di ritardo rispetto agli altri paesi europei, emanò una direttiva che imponeva il controllo sul sangue destinato alle trasfusioni e ancora oggi lo Stato sta pagando risarcimenti danni alle famiglie dei sieropositivi che hanno contratto il virus in questo modo. 
Non solo. 
Il bravo cattolico padre di famiglia (peccato che suo figlio sia stato un terrorista di Prima Linea che ha partecipato a diversi omicidi) nel corso di una conferenza stampa choc convocata per parlare (per la prima volta) dell'emergenza Aids in Italia ebbe anche l'ardore di affermare che "l'Aids ce l'ha chi se lo va a cercare". Poi non contento inviò alle famiglie italiane una lettera nella quale si affermava che il preservativo non era un mezzo sicuro per difendersi dalla malattia. Quanti morti ha sulla coscienza?
Ero un giovanissimo cronista, allora. Il ministro democristiano fu sommerso di critiche e violente polemiche. Ma il tempo passa e siccome le cose non se le ricorda mai nessuno, si riescono a riabilitare anche i mostri. Come lo era Donat-Cattin, il democristiano preferito da Bettino Craxi.

giovedì 19 maggio 2011

Il prete pedofilo e satanista che spendeva 300 euro al giorno di cocaina. Ricordatevelo, quando deciderete a chi dare l'8 per mille.

Don Riccardo Seppia prendeva 1.200 euro al mese. Glieli davate voi che firmate per concedere l'8 per mille alla Chiesa cattolica, che a differenza di altri utilizza quei fondi all'80% per pagare gli stipendi dei parroci. Ora è in una cella del carcere di Marassi a Genova perché accusato di essere un pedofilo che utilizzava lo stesso giro di spaccio di cocaina anche per ottenere "carne fresca" per i suoi appetiti sessuali. Da molti anni dava segni di squilibrio, come hanno testimoniato diverse persone, ma all'ombra della cosca di Santa Romana Chiesa ("non vedo, non parlo, non sento") nessuno ha pensato di allontanarlo, nè tantomeno di denunciare i fatti alla polizia. La solita storia. 
Oggi viene fuori che questo campione di cristianità spendeva in droga 300 euro al giorno, fra quella che si tirava nel naso e quella che usava per adescare giovani vittime. Il tutto con continui viaggi a Milano, nottate in discoteca e in locali gay frequentati da giovanissimi. Il "don" si riforniva da tre pusher, giovani, italiani, ai quali chiedeva sempre più spesso oltre alla droga di procurargli "bambini". Poi siccome in Italia tutti gli orrori si trasformano in farsa, ecco l'ultimo particolare da commedia:  gli investigatori si sono soffermati sul tatuaggio che il sacerdote ha sulla schiena, un sole a sette raggi che potrebbe avere significati satanici. Insomma, un posseduto dal demonio, che però ha agito indisturbato per quasi 30 anni. Recentemente don Riccardo avrebbe chiesto aiuti economici ad altri religiosi e a qualcuno avrebbe addirittura confessato i suoi incontri con ragazzini. Tutti sono rimasti zitti.
Ricordatevelo, a fine mese, quando farete la dichiarazione dei redditi.

mercoledì 18 maggio 2011

Elezioni, Bersani esulta ma l'emorragia di voti del Pd è inarrestabile.

Fra le cose che inducono all'ilarità nel consueto rito che si consuma dopo ogni tornata elettorale, ci sono le analisi dei sondaggisti e dei politologi, che inseguono personali convinzioni senza guardare mai ai veri numeri. Che sono quelli che contano.
Capita così che dando un rapido sguardo ai voti dei partiti si vedono le cose da un punto di vista molto diverso da quello che ci vorrebbero proporre i soliti padroncini del vapore. Prendiamo a esempio il Pd. Ieri Pierluigi Bersani gongolava felice, ma al posto suo non lo sarei per niente. Il suo partito, rispetto alle Regionali dell'anno scorso ha perso voti in tutte le città tranne Milano, dove è passato dal 26,3% al 28,6% e Torino dove è salito dal 25,1% al 34,5%. E' crollato ad Arezzo, ha dimezzato i voti a Catanzaro, ha perso punti percentuali importanti a Benevento, Caserta, Grosseto, Napoli, Cagliari, Trieste, Savona, Siena e perfino a Bologna. Le cose sono andate maluccio anche a Di Pietro (anche l'Italia dei Valori è in calo ovunque, anche a Napoli nonostante l'eploit di Luigi de Magistris), mentre sono cresciuti nettamente i consensi nei confronti di Sinistra e Libertà, il partito di Nichi Vendola. Il Terzo Polo, infine, ha a malapena confermato i voti presi dalla sola Udc
Insomma, se ad Arcore qualcuno piange, sarebbe bene che gli altri non ridessero troppo. Il voto boccia l'impresentabile puttaniere, corruttore di politici e minorenni, ma non premia granché un'opposizione senza anima.

martedì 17 maggio 2011

La droga fa male. Guida allo stupidario post-elettorale.

Certo che citarle tutte non è possibile, perché dovrei stare al computer fino a domani mattina. Ma il post elezioni ci regala centinaia e centinaia di dichiarazioni da delirio, di gente che sembra ormai del tutto in preda a una crisi di nervi. "Ratti drogati", li definirebbe quel sant'uomo di Muammar Gheddafi, una garanzia di democrazia e libertà, almeno stando alla definizione degli autorevoli esponenti del nostro governo. 
E proprio la droga sembra farla da padrona, a cominciare dal nostro canotto preferito, Daniela Santanché, secondo la quale la vittoria di Pisapia "sarebbe come portare il Leonkavallo a Palazzo Marino, sarebbe una cosa bestiale. Sarebbe come portare la droga senza se e senza ma: lui è sempre stato uno che ha detto che gli spinelli non fanno male". 
Il risultato elettorale di Milano è dovuto ''a una campagna elettorale drogata, così come è drogata la vita politica di ogni giorno", l'ha sparata grossa Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, mentre il coordinatore Denis Verdini, insieme all'amico 'Gnazio La Russa, hanno vinto il premio mutande in faccia per aver sostenuto che quello di Milano è stato "sostanzialmente un pareggio". 
"Il Paese evidentemente vuole qualcosa di nuovo: mi pare un messaggio chiarissimo", ha commentato uno dei maitre-a-penser del Pd, Massimo D'Alema, facendo finta di non vedere che lui fa parte del vecchio che il paese non vuole più (i suoi candidati perdono già dalle primarie).  "Latina dimostra che il Lazio è il nuovo laboratorio", esulta un patetico Gianni Alemanno, sventolando una vittoria che nell'orrido paese costruito da Mussolini si è rivelata perfino meno scontata del previsto. Ma la palma d'oro va a lui, Francesco Rutelli, che di fronte alla catastrofe dei centristi un po' dappertutto ha avuto il coraggio di consolarsi con il fatto che l'Api "è il terzo partito a Benevento". Minchia.

Elezioni, la batosta è tutta per il centro. Lo capirà il Pd?

Tutti ad analizzare la batosta di Berlusconi a questa tornata di amministrative, che in effetti c'è stata e di dimensioni impensabili. Nessuno però che si prenda la briga di sottolineare come insieme al Caimano dal voto escano con le ossa rotte tutta una schiera di azzeccagarbugli di professione, dai centristi di Fini, Casini e Rutelli, spazzati via senza appello, al Pd alla partenopea, cancellato da Luigi De Magistris. Senza contare che a Milano, dove il Partito Democratico risolleva la testa dopo anni di clamorose sconfitte, il candidato lo avevano scelto gli elettori con le primarie non seguendo i suggerimenti della segreteria. 
La sinistra vince dove è in qualche modo alleata con Di Pietro e Vendola e a Bologna (dove bisogna sempre sottolineare che ha perso una sola volta, l'anno in cui Massimo D'Alema fece la campagna elettorale da premier, un'altra delle sue medaglie al valore), riesce anche a rintuzzare l'exploit dei grillini che superano il 10%. 
Insomma, una conferma importante di quello che già si sapeva. Il centro è un cavallo morto. Definitivamente. Eppure ieri sera a Porta a Porta, ho sentito con le mie orecchie uno dei perdenti della brigata, Enrico Letta, ipotizzare un governo di larghe intese per le riforme, con tanto di strizzatina d'occhio a Tremonti, magari come possibile premier. Volevo morire. Alla fine, come dimostrano i risultati dei vendoliani, del Movimento 5 stelle e dell'Italia dei Valori, le vere sconfitte di queste elezioni sono le idee... alla Letta.
Qualcuno offra loro degna e definitiva sepoltura.

venerdì 13 maggio 2011

Chi ha paura di Beppe Grillo? Scontro in Rete all'arma bianca tra fan e detrattori.

Mi è obbligatoria una premessa. Non c'è nessun comico, tranne forse Corrado Guzzanti quando imita Rutelli, che mi faccia ridere di più di Beppe Grillo. La veemenza assurda con cui propone le sue battute lo rendono un'icona della satira nazionale, ma il suo impegno politico non è possibile liquidarlo con un'alzata di spalle. Non voterei mai per il Movimento Cinque Stelle, sia chiaro, ma non è possibile che a ogni tornata elettorale quelli del Pd si debbano lamentare di qualche gruppo o gruppetto che porterebbe via loro i voti. 
Un giornalista dell'Espresso, stimato blogger, ha raccolto un insieme di affermazioni di Grillo, alcune risalenti a moltissimi anni fa, per dimostrare che anche il comico ogni tanto spara cazzate. Gli si rimprovera di aver difeso la cura Di Bella sul cancro, di aver attaccato la Montalcini (non mi pare che le abbia mai dato della "vecchia puttana", ma ricordo che ironizzò molto sul suo premio Nobel, che volenti o nolenti fu oggetto di polemiche) , di aver sfasciato un computer in scena scagliandosi contro le tecnologie (ma la sua denuncia di allora era giusta, inneggiare alla Rete non significa non denunciare le assurdità commerciali a cui veniamo costretti da quei vecchi volponi di Bill Gates e Steve Jobs), di aver ironizzato sull'impegno africano di Veltroni (e come si potrebbe farne a meno), di aver dato del "busòn" a Vendola e soprattutto (scandalo degli scandali) di non aver voluto concedere un'intervista al succitato Espresso, prendendoli per i fondelli e offrendosi di scrivere un monologo. 
Apriti cielo. I grillini della Rete si sono scatenati contro il povero giornalista, il quale si è difeso sostenendo di aver scritto simili rubriche anche contro altri personaggi politici. Io non so se in redazione qualcuno glielo abbia commissionato per l'occasione, ma francamente se nel suo folle "luddismo" Grillo ha detto qualche cazzata sulla Bio washball non mi sembra il caso di montare uno scandalo, calcolando che quelli che si occupano di ambiente a sinistra di solito finiscono col diventare fiancheggiatori dei palazzinari o nuclearisti. 
Capisco il nervosismo del Pd, che dopo aver perso il Piemonte perché la Bresso sponsorizzava la Tav e molti suoi elettori l'hanno gentilmente mandata a cacare votando per il Movimento di Grillo, ora hanno paura di non reggere il confronto a Milano per colpa di quel 5% che potrebbe finire ai grillini. 
Se quelle di Grillo sono stupidaggini, cosa potremmo mai dire delle ridicole affermazioni fatte da tutti i segretari dell'ex Pci nelle sue varie trasformazioni? La verità è che il comico genovese tocca dei nervi scoperti. Perché la sinistra parlamentare, tanto per fare un piccolissimo esempio, non potrebbe mai accettare che le persone anche solo indagate non possano essere candidate, nè tantomeno che si possa essere eletti in sole due legislature, come giustamente propone Grillo (fra decine di altre condivisibili proposte). Che avrebbero fatto nella vita gente come D'Alema, Fassino e Veltroni?

giovedì 12 maggio 2011

I "prof" di sinistra sospesi. Bei tempi quando stavano anche nelle scuole cattoliche.

Sarà che sono cresciuto in un'epoca dove la sinistra contava davvero qualcosa e anche il mondo cattolico doveva necessariamente farci i conti. Sarà che sono stato tredici anni in una scuola cattolica e ho avuto come professori di italiano due singolari laici, uno appassionato credente ma anche socialista convinto (in senso buono, qui in Italia bisogna sempre specificare, grazie a quel bandito di Craxi), l'altro ex comunista che aveva strappato la tessera del Pci dopo i fatti d'Ungheria del 1956, ma la vergognosa proposta di legge avanzata da un oscuro deputato del Pdl in cerca di facile pubblicità, che prevede la sospensione da 1 a 3 mesi per i professori "che faranno propaganda politica o ideologica nelle scuole", non riesce a farmi restare serio. 
Secondo questi cultori del pensiero unico di Arcore, l'Italia è ancora preda del giogo bolscevico che turba le menti delle nuove generazioni, ma basta guardarsi un po' intorno per vedere che questa presunta supremazia di comunisti all'interno del sistema scolastico ha prodotto generazioni e generazioni di gente pronta a vendersi al miglior offerente. Nelle fila del partito di Silvio Berlusconi ci sono più ex comunisti ed ex socialisti (sempre per modo di dire) che persone normali, abbiamo una sinistra che è a destra della media dei partiti conservatori europei, e una finta estrema sinistra, che per poter ammettere di essere un po' gaia deve anche dichiarare di essere credente e cattolica.
'Sto Minculpop è stato davvero un fallimento. Io sposo la tesi di Silvio, mettiamo il bavaglio a questi professori comunisti prima che sia davvero troppo tardi.

martedì 10 maggio 2011

"Eletto grazie a un miracolo di Padre Pio". Neanche la più bieca propaganda comunista poteva immaginare simili idioti.

"Il Pd mi ha candidato ma non voleva fossi eletto, la mia elezione fu un miracolo". Un miracolo? E di chi? "Io dico di Padre Pio". Non ci crederete, ma queste cose le ha dette sul serio Bruno Cesario, neo sottosegretario all'Economia e fondatore del Movimento di Responsabilità Nazionale, dopo un passato nel partito farlocco di Wa(l)ter Veltroni, l'uomo che tutti avremmo voluto volentieri vedere in Africa a fare la fame. "Visto che sono molto devoto a Padre Pio, dico che anche al Pd farebbe bene fare un pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo...", ha aggiunto l'ineffabile personaggio. 
Ma come hanno reagito gli ex colleghi democratici al suo ingresso nel Governo, gli è stato chiesto. Uno pensa, lo avranno menato. E invece no. "Molti politici del Pd mi hanno chiamato per farmi gli auguri, sia deputati e semplici iscritti".
Vabbè che il frate con le finte stimmate non poteva che fare miracoli farlocchi, ma qualcuno ricordi a questo poveraccio che se è stato eletto in Parlamento lo deve a Roberto Calderoli, detto il porco, e alla sua legge elettorale che ha consentito a Cesario di essere eletto nel 2006 nelle liste bloccate dell'Ulivo e nel 2008 in quelle del Pd, nella circoscrizione Campania 1, dove il centrosinistra era largamente maggioritario.
O' miracolo.

L'apologia di reato degli industriali italiani. Grandi applausi al boia della Thyssenkrupp.

Nel festival delle corporazioni italiane, l'eredità più pesante mollataci dal fascismo (tanto per dire che Mussolini oltre a essere un dittatore guerrafondaio e criminale era anche uno che aveva una visione del mondo tutt'altro che moderna), la categoria degli industriali si distingue per opportunismo, incapacità di gestione, totale assenza di meritocrazia e un cinismo degno di un film di Quentin Tarantino. Basta dare un'occhiata al capitalismo nostrano per rendere l'idea. Aziende sempre più piccole, rampolli di famiglia che devastano patrimoni secolari (perché siccome deve restare tutto in famiglia magari a gestire la fabbrica ci va il primo cocainomane sballato di turno), malfattori che truffano centinaia di migliaia di piccoli azionisti, e un tessuto di piccolissimi imprenditori che vivono di evasione fiscale e di mancato rispetto delle regole. 
Nel paese di Pulcinella, succede anche che l'amministratore delegato della Thyssenkrupp, Harald Espenhahn, condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario in primo grado (e ancora a piede libero) per il rogo del 2007 che causò la morte di sette operai, si presenti alle Assise di Confindustria a Bergamo e venga sommerso di applausi dalla platea di "commenda con la fabbrichetta". Non solo, la presidentessa degli industriali, Emma Marcegaglia, il cui unico merito è proprio la famiglia di provenienza, si lancia in osservazioni da brivido, sottolineando che la sentenza contro il boia della fabbrica tedesca "è un unicum in Europa. Una cosa di questo tipo se dovesse prevalere allontanerebbe investimenti esteri mettendo a repentaglio la sopravvivenza del sistema produttivo". 
La brava Emma, laureata alla Bocconi (come Nicole Minetti, del resto), ma soprattutto figlia di Steno fondatore dell'omonimo gruppo dell'acciaio e sorella di Antonio, amministratore delegato dello stesso gruppo che nel 2008 ha patteggiato 11 mesi di reclusione con sospensione della pena per aver corrotto dei funzionari di EniPower, ha una bella faccia tosta. L'unicum in Europa di cui parla lei, ahimè, sono le blande leggi sulla sicurezza nei posti di lavoro e il fatto che una platea convocata da un'associazione considerata una delle parti sociali del nostro sgangherato paese possa applaudire quello che la giustizia italiana giudica un assassino. E' vero, gli industriali del nord Europa investono da noi come farebbero in un paese del Terzo Mondo, con salari bassi e garanzie sindacali debolissime. Il signor Espenhahn a casa sua sarebbe probabilmente in galera, o quantomeno non si farebbe vedere in giro. Da noi fa la parte dell'eroe.
Sono soddisfazioni.

lunedì 9 maggio 2011

"Mi manda il Cardinale". Le rivelazioni di una delle nuove facce del governo.

Fra le facce da carta igienica che sono andate ad arricchire il già variopinto bestiario della maggioranza al governo, si segnala quella di Giampiero Catone, ex segretario dell'ex ministro Rocco Buttiglione, il filosofo del nulla che ce l'ha coi gay perché non pagano le tasse, il quale dopo una folgorante carriera fatte sulle macerie della vecchia Dc, è stato arrestato nel 2001 per falso, bancarotta fraudolenta pluriaggravata e truffa, si è riciclato nel Pdl, poi ha fatto finta di andare con Gianfranco Fini, poi è tornato sui suoi passi in tempo per uno strapuntino nel governo da "ultimi giorni di Pompei" che sta spingendo questo paese giù dal baratro. Intervistato da Repubblica qualche giorno fa, questo fulgido esempio di uomo tutto d'un pezzo ha detto di essere in "intima connessione con la Chiesa" e che "la Chiesa ha sempre speso buone parole per me. Conosco cinque o sei cardinali, qualcuno avrà telefonato". E i processi? "Prescritti, assolutamente prescritti" e "altre volte assolto". 
Chissà se prima di avere il posto da sottosegretario avrà anche dovuto recitare tre-quattro avemarie e padrenostri per fare penitenza?

I magistrati e le lacrime di Stato.

Se i manifesti di Milano e le invettive di Silvio Berlusconi contro i magistrati già erano roba da voltastomaco, la cerimonia commovente in ricordo di alcuni che ci hanno lasciato le penne, con tanto di piantarello del presidente Giorgio Napolitano, non è che sia meno disturbante. Perché alla fine tutte queste persone hanno dovuto lottare più con lo Stato che non con i delinquenti sui quali volevano mettere le mani. Sulla scalinata d'ingresso del Palazzo di giustizia di Milano oggi c'erano tre foto: quelle dei giudici Emilio Alessandrini e Guido Galli, uccisi da "Prima linea" nel 1979 e nel 1980 e quella di Giorgio Ambrosoli, assassinato da un killer della mafia nel 1979.
Nel comando di fuoco che fece fuori i primi due c'era anche Marco Donat-Cattin, figlio di Carlo, politico di prima fila della Democrazia Cristiana, e quando alcuni pentiti rivelarono il suo ruolo l'allora presidente del Consiglio, Francesco Cossiga, avvertì il padre che il figlio era ricercato. Lo stesso Cossiga che al suo funerale è stato definito da Napolitano "un grande uomo di Stato". Il terzo è morto a causa di un complicatissimo intrigo che ha visto come protagonisti molti altri grandi uomini di Stato. Per non parlare di tutti gli altri magistrati celebrati oggi a Milano come Mario Amato, Fedele Calvosa, Francesco Coco, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma e Girolamo Tartaglione, spesso abbandonati a loro stessi, privati delle scorte, mandati al macello da quello stesso Stato che ora, con un paio di lacrimucce in favore di telecamera, vorrebbe rifarsi una verginità. 
Non è che perché uno ogni tanto tira le orecche a Berlusconi allora è automaticamente una brava persona.

giovedì 5 maggio 2011

Silvio allarga la famiglia e in vista dell'estate regala in giro un po' di spiagge

Notizie dal fronte. Oggi si è riunito il governo, ha approvato un'accozzaglia di norme che in parte favoriscono gli speculatori edilizi, di fatto privatizzano per i prossimi novantanni le spiagge italiane e per il resto non serviranno assolutamente a nulla, e le ha chiamate "Dl Sviluppo". Non contento, mr. Bunga-bunga ha allargato la "squadra" di governo con una campagna acquisti degna del Milan pluridecorato e non pago della enormità della cosa ha annunciato che intende distribuire ancora un po' di poltrone in futuro. Nella compagine sono entrati personaggi al limite del sovrannaturale: un paio di poveracci che avevano seguito Fini e che quando hanno capito che non c'erano torte da spartirsi hanno fatto un rapido dietrofront, altri 3-4 tristi figuri che facevano parte del Pd, poi sono passati con Rutelli e ora si ritrovano alla corte di Silvio (compreso il falco di Federmeccanica trascinato in Parlamento da Wa(l)ter Veltroni), più un pregiudicato ed ex galeotto. 
A Roma c'è ancora in giro la Clinton, non si potrebbe chiederle aiuto?

mercoledì 4 maggio 2011

Libia, il valzer delle mozioni alla Camera conferma: l'Italia ripudia la guerra (ma anche no)

Ricapitolando per tutti quelli che sono stati distratti. Berlusconi dichiara guerra alla Libia e dopo aver detto in diecimila occasioni che gli aerei italiani non avrebbero mai bombardato, urla "Geronimo!" (ah no... quello era Obama con Bin Laden, scusate) e invia anche i nostri caccia a tirare i loro bravi missiletti sul capoccione del rais. La Lega, partito mercenario buono per tutte le occasioni, si accorge che può ottenere qualcosa e minaccia fuoco e fiamme. Il presidente della Repubblica telefona al leader dell'opposizione chiedendogli in sostanza di non fare troppo casino che se no facciamo una brutta figura coi nostri padri-padroni della Nato e di Washington e alla Camera va in onda la farsa finale. Il Pd vota scandalizzato contro la mozione di maggioranza che ha rimesso d'accordo Bossi e Berlusconi, poi però ne presenta una sua un po' farlocca, la maggioranza si astiene e passa anche quella. Infine, un momento di gloria anche per il Terzo Polo che vede approvata (sempre grazie alle astensioni) anche la sua mozione.
La domanda spontanea è ovviamente la seguente: in cosa differiscono i documenti presentati da queste tre aree politiche? In nulla. Dicono tutti sì alla guerra, con piccoli e inutili distinguo. L'unica mozione, che diceva no ai bombardamenti, era quella di Di Pietro e naturalmente è stata bocciata a valanga.
Il fatto che sulla nostra Costituzione ci sia scritto che noi la guerra non dovremmo farla non frega davvero più nulla a nessuno. Evviva il presidente (uno qualsiasi)!

Vola vola vola la Meloni. Un aereo di stato non si nega a nessuno.

Gggggiorgia ne ha combinate un'altra delle sue. Dopo le figuracce incamerate con il videogioco del Risorgimento, con le finte litigate in Consiglio dei Ministri con quei cattivoni della Lega ("Quante me n'hanno date, ma quante je n'ho dette... aho") che non volevano la festa dell'Unità d'Italia (e infatti gli eroici ministri post-fascisti sono stati costretti a barattarla con un'altra), dopo i suoi grandi successi nel boicottaggio della Cina (mentre il suo capoccia Silvio riceveva con tutti gli onori del caso i boia di Pechino), la ministra della Ggggioventù s'è fatta beccare cor sorcio 'n bocca. Proprio lei, che della lotta ai privilegi e alle caste aveva fatto una bandiera, è stata scoperta a utilizzare voli di Stato per impegni di partito. Secondo quanto denunciato da un esponente del Pdci di Reggio Calabria, la Meloni si sarebbe imbarcata su un aereo governativo per andare a Crotone e a Reggio per sostenere due candidati del Pdl alle prossime elezioni.
Una pratica che in qualunque altro paese "normale" (ma anche quelli meno normali) le sarebbe costato il posto seduta stante. E che qui, come al solito, verrà accolta con un'alzata di spalle. Robba da matti, ahò.

martedì 3 maggio 2011

Vent'anni di abusi e si salva con la prescrizione. Don Cantini, il vero mostro di Firenze coperto da Santa Romana Chiesa.

Il vero mostro di Firenze era lui, don Lelio Cantini, il parroco che per venti lunghissimi anni ha violentato e molestato bambine fra i 10 e i 17 anni, convincendole di essere "il Signore". Un "clima terribile e blasfemo", lo ha descritto il giudice, che ora resterà impunito, perché grazie alle coperture della Chiesa Cattolica i procedimenti contro di lui sono iniziati molti anni dopo i fatti e nel frattempo è intervenuta la prescrizione. 
Fra gli anni settanta e i novanta, nella parrocchia di Regina della Pace si svolgevano delle verie e proprie orge, con l'assistente del prete che si faceva passare per la Madonna. I magistrati hanno sottolineato "l'inerzia e l’assordante silenzio delle autorità ecclesiastiche", visto che l’allora cardinale di Firenze Silvano Piovanelli, fu informato fin dal 1992 delle attività dello stupratore seriale, ma non successe nulla fino al 2008, quando il Vaticano lo spretò.
Se le vittime invece di rivolgersi agli ambienti mafiosi delle sacrestie si fossero rivolti subito alla magistratura, don Cantini ora sarebbe da tempo rinchiuso nelle patrie galere. Ma mentre papa Wojtyla proteggeva personaggi come Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, padre di sei figli avuti da quattro donne diverse e responsabile di decine di casi di pedofilia, c'era un altro prete che tesseva la tela per limitare i danni, l'allora cardinale Josef Ratzinger, che in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede inviò nel 2001 una bella lettera a tutti i vescovi della Chiesa Cattolica nella quale era scritto: "l’ordinario o il prelato che avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo aver svolto un’indagine preliminare, la segnali alla Congregazione". Non si nomina mai la magistratura e siccome i preti sono cittadini come tutti gli altri e la mancata segnalazione di un reato alle autorità è a sua volta un reato, quella del pastore tedesco era una piccola incitazione a delinquere. Proprio quella che ha fregato le vittime di don Cantini. 

lunedì 2 maggio 2011

"Stupidario" su Osama bin Laden, fatto fuori da san Wojtyla. Ma tranquilli, la Guerra Santa continua.

La morte di Osama Bin Laden, che il Pakistan deve aver deciso improvvisamente di scaricare, visto che per anni se ne è rimasto indisturbato in una villa a pochi chilometri dalla capitale (altro che partigiano in fuga sulle montagne), è uno di quegli avvenimenti che nelle redazioni delle testate giornalistiche si trasforma immediatamente in farsa. A parte le dichiarazioni rilasciate dai leader di mezzo mondo, che cercano lo sciacallaggio appropriandosi di presunti meriti che non ci sono (lo hanno beccato grazie a una soffiata, dopo un decennio di inutili guerre costate la vita di centinaia di migliaia di persone), fioccano i commenti dei soliti ignoti, che partecipano alla gara di chi la spara più grossa.
Tutti godono dei loro cinque minuti di popolarità, raggiungendo climax da film dei Monthy Python. Vince su tutti una deputata del Pdl,  Michaela (sic) Biancofiore, secondo la quale la fine dello sceicco saudita "può essere letta come un nuovo enorme miracolo per il mondo regalato dal Papa più amato che tanto tuonò contro la rete del terrore". Una cazzata sparata così, tanto per tenere alto il clima da guerra santa, contro la quale peraltro Wojtyla si scagliò con altrettanta violenza, inascoltato dai pessimi governi di molti paesi, compreso ovviamente il nostro. 
Ma la Biancofiore non resta sola. Si improvvisano esperti di lotta al terrorismo personaggi come il portavoce del Pdl Daniele Capezzone (per lui si tratta di un evento "paragonabile per dimensione alla caduta del Muro di Berlino"), il presidente del Senato Renato Schifani (anche lui convinto di aver scritto la storia solo per aver votato a favore delle missionio parlamentari dal calduccio del suo scranno parlamentare), il leader del Pd Bersani (che ribadisce commosso il suo impegno ad appoggiare tutte le prossime guerra degli Usa, magari facendo da stampella al governo sulla Libia), il presidente della Regione Toscana (del Pd), il futuro sindaco di Torino Piero Fassino, più una lunghissima serie di carneadi da competizione, incluso il sindaco di Verona,  pronti a dire la loro sul fatto del giorno, come si fa al bar in pausa pranzo.
Tutti, compreso Berlusconi, concludono le loro dichiarazioni con l'ammonimento da saggia casalinga di Voghera: non abbassiamo la guardia, la guerra al terrore continua e blah, blah, blah... solo per giustificare il fatto che continueremo a devastare fondi pubblici a sostegno di ulteriori guerre. Nessuno che si chieda come mai l'uomo più ricercato del mondo sia stato beccato come un mafiosetto qualsiasi del clan dei Casalesi, grazie alla più classica delle spiate, dopo dieci anni di sangue sparso inutilmente.