martedì 30 aprile 2013

Vent'anni fa le monetine a Craxi, oggi Silvio saldamente al comando: la storia si ripete in farsa

Vent'anni fa ero davanti all'hotel Raphael, reduce da un comizio di Achille Occhetto a piazza Navona che avevo seguito per lavoro. Era un momento incredibile della storia italiana, con i "ladri" che tutti avevano sempre denunciato, ma a cui nessuno aveva mai messo le manette, finalmente alla gogna. Il Pds aveva da poco scelto di far parte di una sorta di governo di unità nazionale, presieduto dal governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi, che avrebbe dovuto fronteggiare le emergenze economiche causate da decenni di spavalde ruberie ai danni delle casse dello Stato. Ma quando il 29 aprile il Parlamento respinse la richiesta di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi, il Pds e i Verdi ritirarono i propri ministri (Vincenzo Visco alle Finanze, Luigi Berlinguer all'Università e Francesco Rutelli all'Ambiente) nel giro di poche ore.

lunedì 29 aprile 2013

"Il gommone che prima o poi Silvio bucherà" (Letta spera fra almeno 18 mesi)

"Berlusconi ci ha imbarcati su questo gommone e poi al momento opportuno lo bucherà". Chissà se è vera questa confidenza fatta dal neo ministro per le Riforme Istituzionali, Gaetano Quagliariello, e riportata oggi su Repubblica in un lungo editoriale di Francesco Merlo, lo stesso secondo il quale anche il pupillo di Silvio, Angelino Alfano, avrebbe dichiarato: "Tanto dura poco". Non v'è traccia di queste significative rivelazioni sugli altri organi di stampa e anche il giornale di Ezio Mauro non è che le abbia cavalcate più di tanto, quasi nascondendole agli occhi dei suoi stessi lettori.

mercoledì 24 aprile 2013

L'incarico a Letta, ennesimo cetriolo di Napolitano per il Pd

In questa situazione che anche a Kafka sembrerebbe leggermente eccessiva, ci tocca ringraziare quei grandi statisti della Lega se non ci siamo ritrovati con Giuliano Amato, il vice-ladrone del Psi (come per stessa confessione dei figli del ladrone leader), presidente del Consiglio per la terza volta, dopo che le prime due sono state da brivido. 
A questo ci siamo ridotti. Perché ci si ricordi dell'epoca dei grandi ladrocini di massa, prima che arrivasse quella dell'uomo solo al comando della banda, ci vogliono ancora le camicie verdi, che tutto sommato da quella stagione di Tangentopoli ebbero il primo grande traino per la ribalta della politica nazionale.

martedì 23 aprile 2013

Lo psicodramma del Pd e la normalità (vincente) di Debora

Mentre nell'assemblea nazionale va in onda il definitivo psicodramma del Pd, che archivia le dimissioni del segretario Pier Luigi Bersani e giura eterna fedeltà al presidente Napolitano e alla sua insopprimibile voglia di accordo con Silvio il Banana, il fumo delle dichiarazioni di democristiani alla frutta, giovani turchi, renziani ora a braccetto con dalemiani e vendoliani (Massimo e Walter hanno fregato anche loro) ed ex comunisti oscura una delle poche vittorie. Quella di Debora Serracchiani, non certo una campionessa da alti ingaggi, che solo per essersi costruita una reputazione di voce critica nei confronti dei vertici del partito e per aver detto chiaramente no all'inciucio e sì alla candidatura di Stefano Rodotà al Quirinale, ha vinto le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia, ex feudo leghista, ridicolizzando perfino il candidato grillino dato per favorito. 
Ma guarda un po'. La sinistra, normale, che vince.

lunedì 22 aprile 2013

Sì Presidente, abbiamo peccato: l'idea di un accordo con Berlusconi ci fa sempre orrore

''Il fatto che in Italia si sia diffusa una sorta di orrore per ogni ipotesi di intese, alleanze, mediazioni, convergenze tra forze politiche diverse, è segno di una regressione, di un diffondersi dell'idea che si possa fare politica senza conoscere o riconoscere le complesse problematiche del governare la cosa pubblica e le implicazioni che ne discendono in termini, appunto, di mediazioni, intese, alleanze politiche". 
E' questo il passaggio del discorso di Giorgio Napolitano, pronunciato dopo il giuramento per il nuovo mandato al Quirinale, che segna lo spartiacque fra chi ha una vera coscienza politica e coloro che nel nome delle "complesse problematiche" sono pronti a digerire tutto.

Que viva Rodotà (e la sinistra)

E' stato un fine settimana difficile. Dopo la più dissennata mossa compiuta da un uomo politico che io ricordi personalmente, quella di presentare un candidato come Franco Marini per farselo votare da Silvio Berlusconi, il Pd ha fatto in tempo a far cadere una bella palata di fango anche sull'incolpevole Romano Prodi, che a molta gente sta sul culo solo perché per due volte ha battuto il Banana e la sua corte di emittenti televisive e giornali carta straccia. E mentre tutto intorno non c'erano che macerie, sono stati capaci di rinnovare la fiducia al loro peggior carnefice, il presidente che aveva firmato ogni porcheria approvata dal partito del Caimano in modo che si salvasse dalla galera, che aveva fatto rinviare di un mese il voto di fiducia dopo l'uscita di Gianfranco Fini dalla coalizione di centrodestra (consentendo a papi Silvio di comprarsi i parlamentari che gli mancavano), che aveva salvato Berlusconi da una sconfitta elettorale sicura imponendo al Pd di appoggiare un governo tecnico di falliti, per i disastri del quale i conti li ha pagati solo la sinistra.

venerdì 19 aprile 2013

Bersani, la follia della marionetta che ha perso i fili

Stupisce che a darne la dimostrazione più lampante sia stato proprio Pier Luigi Bersani, considerato dai più un sanguigno politico della vecchia scuola. Ma lo scollamento fra l'intera classe dirigente e il paese reale ha ormai assunto dimensioni drammatiche. Come si potrebbe spiegare la follia che ha spinto il Pd a non votare per Stefano Rodotà per dare vita finalmente al tanto agognato governo di minoranza sostenuto dal M5S? E' colpa sua o dell'apparato? Perché qualcuno non lo ha fermato prima che facesse il nome di Franco Marini, un vecchio arnese dal passato tutt'altro che limpido, fra principesche abitazioni e soldi chiesti in favore del fallimentare house-organ di Comunione e Liberazione, un tempo fiero avversario della Cgil e dei comunisti? Perché hanno aspettato la reazione indignata dei loro elettori per impedire questo suicidio?
E' come se la "marionetta" spinta sul palcoscenico della politica nazionale dal suo burattinaio Massimo D'Alema avesse improvvisamente perso i fili tirati dal lider Maximo e si fosse accasciata ripiegandosi su se stessa. 
Probabilmente Bersani non è più uscito mentalmente dal mondo provinciale dal quale proviene, dove il Pci era come la mamma, si amava e non si discuteva, qualunque cazzata venisse decisa dal comitato centrale, e la classe operaia era qualcosa che poteva benissimo essere sacrificata nel nome delle larghe intese (come si chiamavano un tempo gli inciuci). 
Solo che oggi l'apparato è composto da una serie di idioti, utili all'avversario, sparsi fra la direzione nazionale, il giornale del partito, l'ufficio stampa, i responsabili dell'immagine, che dopo una lunghissima serie di errori dovuti alla loro incredibile supponenza (in questi giorni hanno inseguito anche i post privati di alcuni miei colleghi per cercare di smentire la voglia di accordo con Silvio Banana che invece era chiara a tutti), sono stati infine subissati da una valanga di insulti su Facebook, su Twitter, nella mail, per strada, dove hanno dovuto chiamare i carabinieri per uscire dalla porta posteriore del cinema Capranica 
La marionetta, senza più i fili, muore con gesto goffo e inelegante. Fine della corsa.


mercoledì 17 aprile 2013

Roma, l'assessore coi sandali fa i comizi in chiesa

"Don Fabio Rosini, biblista, Direttore del Servizio per le Vocazioni in Vicariato, è molto conosciuto per aver iniziato il progetto di Catechesi su I Dieci Comandamenti, diffusosi a macchia d’olio in tutta Italia", recita la sua agiografia. Chissà se si è ricordato di quel comandamento che dice di "non rubare", perché - secondo quanto scrive oggi Repubblica nella sua edizione cartacea - il nostro ha organizzato un bel comizietto del mitico assessore coi sandali, Gianluigi De Palo, utlima ruota del carro entrata a far parte della Giunta comunale di Gianni Alemanno grazie al bel rimpasto imposto da papi Silvio dopo l'abbandono di Gianfranco Fini
Con tutto quello che è uscito fuori in questi mesi sull'operato di quella che è stata paragonata alla banda della Magliana, immagino che sarebbe servita maggiore prudenza da parte della Chiesa cattolica nel sostenere ancora una volta i candidati del centrodestra. Invece, siccome dallo Stato pretendono i soldi, ma poi i preti fanno come se le chiese fossero casa loro, don Rosini ha presieduto un incontro elettorale con De Palo in quella di San Francesco alle Stimmate, dietro a Largo Argentina, dove ricopre l'incarico di rettore.
De Palo è capolista della lista civica che fa proprio capo al sindaco Alemanno e i suoi simpatizzanti dell'associazione Ol3 sono stati convocati in chiesa con inviti mandati per e-mail per l'incontro, "manco fosse la recita del rosario", e hanno affollato la basilica al posto dei fedeli in preghiera.
Assessore alla famiglia (!), finora non ha combinato un tubo di fronte agli inevitabili tagli che hanno finito per colpire scuole e asili nido della città (ma non quelli cattolici, sia chiaro, del quale lui è ovviamente uno strenuo difensore). L'ultima sciocchezza è stata il lancio della certificazione di qualità per nidi e scuole materne (magari per dare un'altra spintarella a quelle Vatican approved) e mentre a Roma ci sono migliaia di bambini in lista d'attesa come in nessun'altra capitale europea, i suoi sodali in Comune assistevano passivamente a scandali come quelli dei subappalti per la metro C infiltrati dalle mafie, i mille consulenti del Comune, i debiti milionari delle municipalizzate, lo scandalo delle tangenti sui filobus e pure qualche omicidio.
Santi subito.

martedì 16 aprile 2013

Candidati al Quirinale, ora i "democratici" non hanno più alibi

Una cosa è certa: con la lista dei candidati scelti dal Movimento 5 Stelle cade anche l'ultima foglia di fico del sedicente Partito Democratico, inguardabile carrozzone di litigiosi personaggi di terza categoria protesi nel disperato tentativo di conservare una poltrona, un incarico, una presidenza della bocciofila, uno strapuntino. 
Malgrado le ironie dei fini commentatori politici (che se li fanno commentare sulle grandi testate vuol dire che sono strapagati per sostenere gli interessi dei loro editori), i "grillini" hanno presentato molte facce che un partito di sinistra potrebbe votare. 
La prima della lista, Milena Gabanelli, è una pericolosa sovversiva. Fa un programma sulla Rai fra i più seguiti e viene pagata meno del più banale guitto da avanspettacolo, che tale resta anche con la tessera da giornalista in tasca, è davvero indipendente (orrore, orrore) e soprattutto il suo Report ha menato fendenti a destra e sinistra (ultima puntata sulla banda di malfattori che il sindaco della "destra sociale" ha portato con sè nel saccheggio del Campidoglio). Per quello il Pdl non la voterà, ma neanche il Pd, del quale ha rivelato ad esempio la compartecipazione al sistema di potere toscano fondato sul controllo del Monte dei Paschi di Siena, o la boria di personaggi ormai bolliti, come Rosi Bindi, o dei giri di valzer del mitico ex capo della segreteria di Bersani, Filippo Penati, costretto dai magistrati (non certo dal partito) ad abbandonare la politica e salvato dalla incredibile legge anticorruzione del governo dell'omino con il loden. 
Così come il Pd non voterà mai per Gino Strada, perché gli ex comunisti in fin dei conti sono dei gran guerrafondai, avendo appoggiato tutte le missioni di guerra alle quali il nostro paese ha partecipato inseguendo le follie del texano amico di Berlusconi, per non parlare di ciò che fece il governo D'Alema in Kosovo. Non voteranno per Gustavo Zagrebelsky, perché il cattivaccio ha osato criticare la folla guerra scatenata da Giorgio Napolitano contro la Procura di Palermo. Non voteranno per Giancarlo Caselli, perché è "nemico" del loro magistrato di punta, quel Piero Grasso che avrebbe dato un premio al Banana per la sua lotta alla mafia (tipo un riconoscimento all'efficacia delle cure omeopatiche). Non voteranno nè per Stefano Rodotà, nè per Ferdinando Imposimato, perché non sono controllabili, nè per Dario Fo, che probabilmente neanche accetterebbe.
Potrebbero votare per Emma Bonino, la radicale che la metti su tutto, governi coi fascisti, liberismo alla matriciana, missioni di pace con grandi sprechi di vite umane fra i civili, incarichi europei su mandato del re del Bunga-Bunga, attacchi ai magistrati di Mani Pulite in difesa di Craxi, e poi di nuovo governi con la sinistra, nel tipico caprioleggiare italiota. E potrebbero votare per Romano Prodi, tutto sommato quello dalle mani meno sporche di tutta la compagnia di giro e sul quale potrebbero confluire dalla quarta votazione in poi i sostenitori del M5S. Ma anche lui sarebbe una netta presa di distanza dal leader del Popolo della libertà provvisoria, che lo odia perché lo ha battuto due volte.
Poi c'è l'ipotesi numero due: votare un presidente insieme a Berlusconi. E allora ecco in pole position Giuliano Amato, ex vice segretario del Psi dei tempi d'oro (quello che si mettevano in tasca), ex ministro del Tesoro che firmava le finanziarie degli assalti alla diligenza ed ex presidente del Consiglio costretto a varare manovre lacrime e sangue per rimediare alle follie del passato, pensionato di platino dello Stato che si mette in tasca oltre 30 mila euro al mese. Seguono a ruota altre facce improponibili, come quella di Anna Finocchiaro, pluritrombata candidata del partito in Sicilia e sempre ripescata con Porcellum o quota proporzionale del Mattarellum, moglie di un imputato per truffa alla Regione, esempio vivente della casta per la sua spesa all'Ikea in compagnia della scorta. E anche quella di Franco Marini, ottuagenario ex sindacalista, che come tutti i segretari della Cisl degli ultimi 30 anni ha ingoiato qualunque accordo sindacale a danno dei lavoratori per aprirsi una strada che lo facesse entrare in politica dalla porta principale. 
Ho come il sospetto che, piaccia o no a Bersani, dal cappello uscirà un nome da inciucio, magari proprio quello della Bonino, che prendendoci per il culo con il garantismo radicale, firmerà una bella amnistia per tirare una bella riga sui nuovi processi a Papi Silvio.

mercoledì 10 aprile 2013

Per il bene del paese: qualcuno sciolga il Pd

I poveri elettori di sinistra stanno ancora pagando una delle peggiori idee politiche dell'Italia repubblicana, la follia delirante di un ex leader vincente, Walter Veltroni, che come molti dei suoi attuali ed ex compagni, più che la "vocazione maggioritaria",  ha un'attitudine autolesionista che farebbe invidia a Leopold von Sacher-Masoch
Il celebre "nutella", nonostante i rovesci subiti a causa dei simpatizzanti di quello che un tempo fu anche un partito, che quando sentono il suo nome mettono giustamente mano alla pistola, ancora nei giorni scorsi veniva intervistato con grande spreco di pagine e di inchiostro sul Corriere della Sera per sostenere apertamente che il Pd deve scegliere "di ritrovare la sua vocazione originaria" (il suicidio, si immagina). Per l'ex sindaco di Roma, che ha contribuito alla più ignobile colata di cemento mai versata sulla Capitale con la creazione di quartieri dormitorio stile formicai completamente scollegati con il resto della città e la progressiva espulsione dei cittadini dal centro, il Pd non deve avere l'angoscia di "dire qualcosa di sinistra". 
Il pensiero di questo illustre filosofo "va naturalmente allo spirito del Lingotto, idea che fu premiata da 12 milioni di elettori". Peccato che nonostante i 12 milioni di elettori (che sembrano un po' i dieci milioni di baionette di mussoliniana memoria) si sia persa la guerra consegnando a Silvio Berlusconi (molto meno stupido di lui) una maggioranza senza precedenti. Perché la verità che nessuno può confutare è che in Italia è impossibile governare senza mettere in piedi una coalizione (la Dc ne sapeva qualcosa) e il Banana, che non avrà studiato alle Frattocchie ma politicamente ha intuito da vendere, ha messo insieme un caravanserraglio da paura, dai fascisti ai razzisti secessionisti della Lega, dai residuati bellici dei partiti sciolti dalla magistratura (Dc e Psi) fino ai pensionati.
Oggi basta guardare a come si muovono le diverse anime di questo "mostro" creato in laboratorio e viene voglia di invocare l'eutanasia. 
A non volere l'accordo con Berlusconi è rimasto il solo Bersani, che daNapolitano a Renzi, passando per il Letta meno intelligente e tutta quella congrega di chierichetti che solo a vederli viene la nausea, i nemici li ha avuti più all'interno che all'esterno. Ora premono tutti per l'inciucio con il Caimano, magari facendo eleggere al Quirinale quella Emma Bonino che ha trasformato i radicali italiani in un partito della destra liberista ed è stata alleata di Forza Italia per più di dieci anni. 
Per il bene del paese, qualcuno stacchi la spina a questa schifezza e si dia da fare per costruire un partito socialdemocratico vero, magari cercando di includere (invece che di escludere) tutto quello che per amor di legalità e di giustizia sociale si trova ancora alla loro sinistra.

martedì 2 aprile 2013

I dieci piccoli saggi, ovvero come Grillo ha restituito la palla nelle mani dei vecchi mandarini

Diciamoci la verità: la soluzione non ce l'ha nessuno. Nessuno dei quattro schieramenti che si sono presentati alle elezioni è in grado di partorire una proposta decente, un nome decente, un'idea condivisibile. E lasciare la palla nelle mani del Presidente è l'ultimo capolavoro di questo periodo storico senza ritorno. 
Non è in grado di governare il Pd, che insiste sul nome di Bersani, solo perché in caso contrario prevarrebbe la corrente del partito che pur di rimanere in sella sarebbe disposta ad allearsi con Berlusconi. Non è in grado di governare il Pdl, che malgrado tutto è in caduta libera di consensi e con buona pace di quelle facce smunte che cercano adesso di mettere in pista per far sì che qualcuno dimentichi che razza di caravanserraglio aveva portato in Parlamento il Caimano. Tutti sanno benissimo che il giorno in cui si ritirerà a vita privata (o ce lo farà ritirare la magistratura) il centrodestra perderà almeno un terzo dei voti residui. E mentre Mario Monti viene seppellito da un mare di pernacchie e lasciato a fare il notaio di una maggioranza che non esiste e che per formarsi lo sottoporrà a ogni più bieco ricatto, neanche Beppe Grillo e il suo Movimento sono stati in grado di partorire un nome, semplicemente perché non ce l'hanno, non sanno che dire, non sanno cosa proporre, non sanno cosa fare.