mercoledì 23 gennaio 2013

Mussolini e i regali al Vaticano: quando c'era Lui era proprio come oggi

Quando c'era Lui, caro lei, le cose andavano proprio uguale. Un dittatore poco intelligente e assai poco statista (era convinto di poter avere un impero e guidava un paese di contadini analfabeti), nato socialista e anti interventista e morto appeso per i piedi dopo una guerra che ci è costata milioni di morti, l'occupazione nazista e i bombardamenti degli alleati. Ma che soprattutto si comportava come il degno predecessore di quelli che sarebbe stati di lì a venire i capi del governo: elargiva a piene mani agli industriali (le squadre d'azione agivano contro gli operai in sciopero e il suo regime fu il primo ad attuare delle politiche che oggi definiremmo liberiste a favore di imprenditori e proprietari terrieri) e ai preti. 
Meraviglioso in questo senso il reportage pubblicato dall'autorevolissimo quotidiano britannico The Guardian, che nel giorno in cui il presidente della Cei Angelo Bagnasco intonava la solita tiritera sul fatto che la Santa Sede paga regolarmente le tasse, ci racconta del "tesoro" accumulato dal Vaticano in Francia (a Parigi), in Svizzera (e dove sennò) e a Londra. 
Lo sapevate che la sede di Bulgari a Bond Street e quella di una banca di investimenti a St.James Square (pagata 15 milioni di sterline nel 2006) sono roba loro? Ed è solo la punta dell'iceberg di un patrimonio immobiliare pari a 570 milioni di sterline (la stima è del Consiglio d'Europa), acquisito con operazioni segrete, da prestanome finanziari e frutto, indovinate un po', della gran mole di denaro che il cavalier Benito Mussolini versò ai preti in cambio del riconoscimento del regime fascista nel 1929. 
Tutto questo lo devono al sapiente lavoro del vero "banchiere di Dio" (l'altro, Calvi, è finito appeso anche lui sotto un ponte sul Tamigi), Bernardino Nogara, che papa Pio XI mise alla guida dell'Amministrazione della Santa Sede. Fra il 1929 e l'inizio della Seconda Guerra, Nogara investì i capitali vaticani nei più vari settori dell'economia italiana, dall'energia elettrica alle comunicazioni telefoniche, dal credito bancario alle ferrovie locali, della produzione di macchine agricole alle fibre tessili. Un cardinale americano, scrive lo storico Renzo De Felice, definì Nogara "la cosa più grande che è capitata alla Chiesa cattolica dopo Gesù Cristo". 
Paragone un po' blasfemo per un cardinale, ma assai veritiero.
I poveri giornalisti inglesi, che non possono immaginare un sistema marcio e da sempre condizionato dalle tonache come il nostro, hanno scritto che "mentre la segretezza sulle origini fasciste delle proprietà papali potrebbe essere stata comprensibile in tempo di guerra, quello che è meno chiaro è perché il Vaticano continui a mantenere il segreto sui suoi possedimenti".
Beata ingenuità anglosassone.

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