venerdì 22 febbraio 2013

Il voto? Uno psicodramma per l'elettorato di sinistra

Domenica e lunedì si va a votare e sarebbe cosa buona e giusta farlo, dopo cinque anni che possono essere annoverati fra i peggiori di sempre nella storia della nostra Repubblica. Il problema è, ovviamente, per chi. E qui non solo casca l'asino, come direbbe quell'anarchico di Antonio De Curtis, ma viene giù proprio tutta l'impalcatura.
Se siete di centro o di destra non vi invidio, perché la scelta fra i deliri di Silvio Berlusconi, che promette soldi a tutti senza paura di rendersi ridicolo di fronte a un elettorato che il senso del ridicolo non ce l'ha mai avuto da quasi vent'anni a questa parte, la Destra di Francesco Storace, che nei quattro anni passati alla Regione Lazio ha dimostrato di non esserne proprio capace (forse per questo ce lo ripropongono), i Fratelli d'Italia, vittime del macchiettismo sfrenato dei loro leader Giorgia Meloni (detta la regina del photoshop) e Ignazio La Russa e i fascisti del terzo millennio di CasaPound, che hanno poche idee ma parecchio confuse, è roba da far tremare le vene dei polsi, anche perché per i "moderati" (sia chiaro che per moderato in Italia si intende il borghese assetato di sangue che farebbe a pezzi qualcunque servizio pubblico, perché tanto lui ha i soldi per pagarsi quelli privati) l'alternativa è quella di Mario Monti, il presidente del Consiglio dell'austerity, che corre insieme a Pierferdinando Casini (leader del partito che conta nelle proprie file il maggior numero di condannati per corruzione e legami con la criminalità organizzata) e  Gianfranco Fini, residuato bellico dello sdoganamento del Msi voluto da Silvio a fine 1993, travolto dalle solite storie di donne, divorzi e proprietà immobiliari. 
Ma se siete di sinistra, quello che state per vivere è un autentico psicodramma. 
Da mesi tutti danno per certa la vittoria del Pd, grazie all'alleanza fra Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola, due figure che a prima vista ispirano anche simpatia e che magari qualche fiore all'occhiello di buona amministrazione possono anche vantarlo. 
Basta solo dare un'occhiata però al carrozzone che intendono portarsi dietro (sappiate ad esempio che Veltroni e D'Alema ce li beccheremo di sicuro in qualche ministero, così come Rosy Bindi, Giuseppe Fioroni e un'altra manciata di devoti cattolici contrari a qualsiasi riforma dei diritti civili) per avere più di qualche dubbio. 
Il partito non ha una posizione chiara su quasi nulla. Non sui provvedimenti per l'economia, sui quali dovrà conciliare anime diverse senza rinunciare ai controversi investimenti su missioni militari di guerra spacciate per opere di pace, sugli aeroplani da diversi miliardi di euro, sull'inutile Tav e altre facezie, non potendo quindi liberare risorse per rilanciare i consumi. 
A parte generiche promesse di riduzione delle tasse e di pagamento dei crediti dovuti alle imprese da parte della pubblica amministrazione (questi della sinistra, pensate un po', sono convinti che se dai dei soldi a un imprenditore, per quanto dovuti, quello poi li reinvestirà sul lavoro, roba da credere a Babbo Natale), non si sa bene quello che faranno. Di sicuro non c'è alcuna intenzione di modificare alcune leggi che limitano fortemente in Italia i diritti civili, dai matrimoni gay alle unioni civili, dai divorzi brevi alla legalizzazione del possesso di droga fino alla cancellazione di alcune cose ignobili, tipo il reato di clandestinità o l'introduzione dello ius soli, ovvero la concessione della cittadinanza a coloro che nascono nel territorio italiano. Il Pd assomiglia sempre di più alla Grande Balena Bianca della Dc, nella quale convivevano anime assai diverse, dai filo-comunisti fino ai fascisti, e che traeva la sua forza elettorale proprio dal fatto che si poteva stare sicuri che non sarebbe cambiato nulla con loro al governo. 
Ora chiedono il voto utile. 
Ma utile a fare cosa? Non a sconfiggere Berlusconi, visto che lo hanno ripetutamente salvato tutte le volte che sono andati loro al governo, non a farla finita con la guerra, visto che hanno votato a favore di tutte le missioni dei nostri bravi soldatini, anche quelle che non avevano affatto l'ombrello dell'Onu, non a salvare la sanità e la scuola pubbliche, visto che su questi settori ci sono solo impegni generici e la già matematica certezza che non ci saranno fondi disponibili. Come se non bastasse, esiste la concreta possibilità che al Ministero dell'Economia ci finisca proprio quel Monti che già sappiamo si armerebbe di machete per strappare sempre più soldi ai cittadini e versarli nella casse delle banche, che sono il suo unico e vero punto di riferimento. 
Utile sarebbe stato includere nello schieramento Beppe Grillo, che nel 2009, molto prima di lanciare il Movimento 5 Stelle, provò a candidarsi alle primarie per la segreteria e gli venne negata (senza motivo) finanche l'iscrizione al partito. Oggi scoprono che molte delle sue istanze sono di sinistra, che molti dei voti li portarà via proprio alla sinistra e si sorprendono, sparando ad alzo zero contro il populismo e la presunta organizzazione dittatoriale del suo movimento (quando loro cacciano dal partito tutti i dissidenti, ma non coloro che sono stati presi con le mani nel sacco della corruzione). 
Utile sarebbe stato cercare un'intesa con Antonio Ingroia, che ha riunito un ex alleato come Antonio Di Pietro e quella fetta ancora consistente di elettorato di Rifondazione Comunista e dei Verdi, ma non si poteva perché sennò facevano incazzare nonno Giorgio Napolitano, offeso dal suo tentativo di lesa maestà. 
Che fare? 
Vi dico quello che farò io, senza la pretesa di essere d'esempio, perché, si sa,  sono un estremista. Darò la fiducia alla Regione Lazio a Nicola Zingaretti, perché dodici anni di mazzette fasciste, di cocainomani che andavano a trans, di borgatare (poco) ripulite e Batman di Anagni, meritano qualcuno che rimetta un po' le cose a posto (spero solo di non trovarmi qui fra qualche anno a dover rimpiangere anche questa decisione). 
Per il resto, voterò per Ingroia.
Perché il voto utile è quello che si dà allo schieramento che la pensa come te e ha una posizione chiara e netta (anche se non necessariamente condivisibile da tutti) sulle principali questioni sul tappeto. 
Tutto il resto assomiglia troppo alla politica del "ma anche" di veltroniana memoria, che di danni mi pare ne abbia fatti abbastanza. 

2 commenti:

  1. Il pd (la cui ufficialissima alleanza con Vendola è perfettamente ignorata dall'articolo, mentre si discute con ribrezzo della ipotetica convergenza di necessità con Monti) è l'unico partito che ha affrontato primarie vere e combattute (e, da statuto, non necessarie) e ora lo sfidante perdente coadiuva il vincente-candidato. Dove sono tutte queste divisioni laceranti, se non nei soliti logori luoghi comuni?

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  2. Le divisioni laceranti ci sono eccome. Su questioni come: lo statuto dei lavoratori, la patrimoniale, gli investimenti in infrastrutture (Il tav), perfino sul nucleare (nel Pd c'è uno dei consiglieri di Bersani, Minopoli, che è un nuclearista convinto), il patto di stabilità, la riforma delle pensioni, i diritti civili delle minoranze, la legge sulla droga, le politiche di immigrazione, gli F-35, la spesa per armamenti, le missioni militari. Forse mi scordo qualcosa, ma mi pare che basti.
    Praticamente direi che ex comunisti e ex democristiani (che nel Pd hanno trovato rifugio) non vanno d'accordo su nulla, se non su una generica opposizione a Berlusconi (che alla prova dei fatti si è sempre dimostrata falsa).

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