mercoledì 6 marzo 2013

Il ritorno di D'Alema e quella sua voglia di Bicamerale perenne

''Vogliamo liberarci dal complesso, dalla malattia psicologica dell'inciucio? Gramsci diceva che la paura dei compromessi è l'emanazione di una subalternità culturale che serpeggia nelle nostre file. Il fatto che in un Paese in cui da vent'anni le forze politiche non sono d'accordo su nulla il dibattito sia dominato dall'inciucio è segno di fragilità culturale''. 
Ci avete capito qualcosa? No? 
Tranquilli a delirare non siete voi, ma il comandante in capo Massimo D'Alema, tutt'altro che rottamato alla faccia di Matteo Renzi. Se Bersani avesse vinto ce lo ritrovavamo come minimo Ministro degli Esteri e siccome non ha vinto, il politico meno astuto del panorama italiano (si è fatto raggirare da Silvio come neanche le vittime di Vanna Marchi e con lui presidente del Consiglio il Pds ha perso perfino a Bologna) viene colto dalla perenne voglia di Bicamerale e di accordi con la destra. Perché si sa che a D'Alema la sinistra dà un fastidio terribile.  Il popolo puzza, signora mia.
E così oggi, durante la direzione nazionale del partito, mentre il segretario esponeva la sua linea la cui discriminante era: "Con il Pdl mai!", ecco baffino che interviene per dire che in fondo, se Berlusconi si facesse da parte, e poi Gramsci e poi il compromesso.... blah, blah, blah. 
"C'è da rammaricarsi che non sia possibile l'unità nazionale", si lamenta il fine pensatore, intristito dalla possibilità che stavolta per lui (e tre quarti della palazzina sua) sia finita per davvero.

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