venerdì 22 aprile 2011

Dopo la fecondazione artificiale, viaggi della speranza anche per i divorzi. Solo chi ha i soldi in Italia può difendersi dalle aberrazioni dei cattolici.

L'Europa è l'ultimo rifugio per gli italiani che vogliono aggirare le assurde imposizioni di leggi ispirate da un cattolicesimo oscurantista. A patto però che si abbiano i soldi. E così oltre alle migliaia di donne che vanno all'estero per ricorrere alla fecondazione eterologa, proibita da noi grazie a una legge del governo Berlusconi del 2004 (e che naturalmente il centrosinistra non ha abrogato, nè lo avrebbe fatto anche se il governo Prodi fosse durato di più), adesso ci sono anche quelli che intraprendono "viaggi della speranza" per ottenere il divorzio breve. Negli ultimi 5 anni almeno 8 mila coppie italiane hanno divorziato all'estero. Un fenomeno in continua ascesa causato, secondo Gian Ettore Gassani, presidente dell'Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani, dal ''nostro pachidermico iter processuale''. In Italia bisogna infatti attendere almeno 4 anni se si procede consensualmente nelle due procedure di separazione e divorzio ed anche fino a 13 anni se la separazione ed il divorzio hanno seguito un iter giudiziario. In altri paesi europei (Francia, Inghilterra, Spagna fra gli altri) ci vuole solo qualche mese. Le coppie che dispongono di mezzi economici affittano un appartamento all’estero, chiedono la residenza e subito dopo il divorzio. A quel punto lo Stato italiano non può far altro che prenderne atto e trascriverlo. Qualche anno fa fu portata in parlamento una proposta firmata da un deputato dei Democratici di sinistra per ridurre i tempi del divorzio a un anno dalla separazione, almeno per le coppie senza figli e disposte a presentare una richiesta consensuale. La maggioranza in parlamento (la stessa che poi giustifica le orge con le minorenni) bocciò anche questa proposta minimale. Da allora di “divorzio breve” non si è più parlato. Chi se lo può permettere, paga, come si fa con la Sacra Rota per ottenere l'annullamento anche del matrimonio religioso e magari risposarsi in Chiesa. Gli altri? Restano vittime del terribile ingranaggio del moralismo un tanto al chilo, come sempre forte coi deboli e debole coi potenti.

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