martedì 2 agosto 2011

La politica paga in contanti. Proprio come spacciatori ed evasori fiscali

Diciamoci la verità. Chi di noi girerebbe con in tasca più di 4-500 euro ed effettuerebbe pagamenti per quella somma in contanti? Nessuno sano di mente, visto che ormai fra bancomat, postepay, carte di credito e prepagate di ogni genere e colore, anche mia madre che ha ottantuno anni il borsellino lo apre giusto al bar per prendere il caffè. Sempre a patto che i soldi che si stanno spendendo siano il frutto di un onesto guadagno. Vincenzo Visco non è di certo una persona simpatica, ma per il mestiere che faceva non era necessario esserlo. La sua proposta per la tracciabilità dei pagamenti oltre i 100 euro magari poteva essere esagerata, ma per definirlo un "vampiro" bisognava essere proprio in malafede. Poi l'anno scorso si è svegliato Giulio Tremonti, ha scoperto che in fondo l'idea non era male e l'ha riproposta, alzando però la soglia della tracciabilità a 5.000 euro.
Cinquemila euro? All'epoca pensai che solo uno spacciatore di cocaina (col fumo non si alzano le stesse cifre) era in grado di girare con simili cifre in tasca, e invece mi sbagliavo. C'è un'altra categoria che fa più o meno le stesse cose dei pusher, quella degli ominidi che gravitano attorno al mondo della politica. E così viene fuori che il ministro dell'Economia maneggia migliaia di euro in banconote per pagare case in affitto non a suo nome, che il suo aiutante ha in una scatola di scarpe da ginnastica l'equivalente per l'acquisto di un piccolo appartamento in città e che fra quei diversamente disonesti dell'opposizione un tizio, non esattamente di passaggio, indagato per corruzione, concussione, turbativa d'asta e finanziamento illecito ai partiti teneva in casa undicimila euro in contanti. "Li uso per i viaggi", si è giustificato.
Aridatece er vampiro.

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