venerdì 11 novembre 2011

Comiche finali parte V: il toto-ministri del dopo Silvio è roba da neurodeliri


Chissà se davvero questo è il fine settimana decisivo per l'addio di Silvio a Palazzo Chigi. Approvato il maxiemendamento alla legge di stabilità fra oggi e domani, il Banana dovrebbe gettare la spugna e e nonno Napolitano dovrebbe avviare le mitiche consultazioni, inguardabile rito tanto per rispolverare la catalettica retorica dei Quirinalisti (che non ci risparmieranno il solito servizio sulla sala della Vetrata, luogo dove vengono stipati i giornalisti in attesa del verbo). E' tutto al condizionale, perché intanto nessuno sa davvero quello che passa per la testa di Berlusconi. E poi perché francamente l'arrivo del professor Mario Monti, l'uomo di Goldman Sachs venuto a raccattare i cocci per vendersi i pezzi migliori, non sembra così scontato. Repubblica, che quando appoggia un candidato di solito lo stende (da De Mita a Veltroni, tutti i cavalli su cui è salito Scalfari sono morti prima dell'arrivo), ha detto che il bocconiano vuole decidere lui i nomi dei ministri, il che suona quantomai patetico in un Parlamento quasi completamente dominato dai fedeli del caro leader
In compenso gira una lista di nomi per i futuri incarichi di governo che mette francamente paura: si va dall'ex craxiano Giuliano Amato (ministro del Bilancio negli anni del saccheggio, presidente del Consiglio negli anni della svalutazione della lira e del prelievo forzoso), al filosofo più preso per i fondelli della Storia, il fuori concorso Rocco Buttiglione. Il Cavaliere, il cui via libera è essenziale per la riuscita del nuovo governo, chiede la conferma di Gianni Letta, di Franco Frattini agli Esteri, di Raffaele Fitto al Mezzogiorno, di Francesco Nitto Palma alla Giustizia e di Mariastella Gelmini (che non ci crederete ma secondo fonti giornalistiche sarebbe gradita da Napolitano, roba da matti). Per non parlare della Lega che vorrebbe vedere premier Lamberto Dini, il "rospo" del governo tecnico del 1995. Gli "utili idioti" del Pd contribuiranno con i loro campioni, dal nipote di Letta ad Anna Finocchiaro, fino a Pietro Ichino, l'uomo della riforma del lavoro che anche un repubblicano americano giudicherebbe un po' eccessiva.
Una serie di nomi che dimostrano davvero la scarsa serietà di chi li pronuncia.
La via d'uscita proprio non c'è. Lo champagne lo tiriamo fuori dal frigo, è inutile, anche perché lunedì la grande speculazione ci farà di nuovo un mazzo tanto.
Buon fine settimana.

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