lunedì 14 marzo 2011

Più bidelli, meno carabinieri.

Approfittando del diversamente coraggioso Fabio Fazio, Mariastella Gelmini ha dato la solita pessima prova di sè nel tentativo di far passare per inutili fannulloni i dipendenti della scuola pubblica. Gli insegnanti "sono troppi" e sono "pagati pochissimo perché sono quantitativamente superiori al fabbisogno", ha detto la ministra a "Che tempo che fa", che poi se l'è presa pure coi bidelli, perché sarebbero "più dei carabinieri" e nonostante questo gli ingrati lascerebbero anche le "aule sporche". Ultima stoccata ai radical-chic della sinistra: "Molti tra coloro che sono scesi in piazza mandano poi i figli alla scuola privata. Lo trovo incongruente. Non hanno fiducia nella scuola pubblica".
Sperare che l'accomodante conduttore, il meglio pagato della tv pubblica, desse vita a un minimo contraddittorio era ovviamente inutile. Eppure sarebbe stato facile ricordare alla ministra che gli insegnanti non sono affatto troppi, come ha modo di verificare chi manda i figli alla scuola pubblica, che i bidelli (al netto della percentuale di fancazzisti che comunque affligge molto più la categoria dei politici) sono spesso degli autentici eroi di prima linea e che in fondo anche i carabinieri benemeriti non riescono del tutto a ripulire le strade (nè peraltro le mele marce che affiorano spesso dal loro cesto).
Quanto ai riccastri della sinistra, io non ho idea del perché mandino i loro figli alla scuola privata. Ma se una persona che decide di spendere dei soldi per un servizio diverso si preoccupa che comunque quello pubblico mantenga uno standard elevato, mi sembra un atteggiamento da elogiare e tutt'altro che "incongruente". Non si fidano evidentemente di questa scuola pubblica e vogliono che le risorse dello Stato migliorino la situazione.
Come al solito, però, questi liberali pizza & mandolino non riescono a comprendere come mai si possa andare contro i propri interessi a favore di quelli della collettività. E' una cosa che non esiste nel loro dna e li spaventa moltissimo.

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