martedì 22 febbraio 2011

Dove va il Pd? Poche voci raziocinanti e tanti strateghi del disastro, eppure i numeri parlano chiaro.

Adesso lo dice anche Renato Mannheimer, che anche se in gioventù ha militato per un gruppo maoista chiamato "Servire il popolo", adesso è il sondaggista preferito da Bruno Vespa, è consulente del ministro dal calcio facile Ignazio La Russa e non passa certo per un sostenitore del centrosinistra. 
Dal suo ultimo sondaggio presentato ieri a Porta a Porta, emerge che se si votasse oggi ad una coalizione di partiti di sinistra (incluso Di Pietro) guidata da Bersani andrebbe il 36% dei consensi, a Berlusconi il 29% e al terzo polo con leader Casini il 15%. Se a guidare gli ex alleati del Cavaliere fosse invece Fini, il centrosinistra avrebbe il 39% e il centrodestra solo il 30%. "È la prima volta da mesi che il centrosinistra dimostra di avere delle possibilità", ha detto Mannheimer. 
Il Pd insomma può avere la vittoria in tasca. Bersani, per includere Vendola nello schieramento, avrebbe bisogno di sfidarlo apertamente alle primarie, senza se e senza ma. Considerato che non è l'ultimo dei fessi, che un certo appeal sulla gente lo può vantare e che godrebbe dell'appoggio della macchina del partito, la partita la giocherebbe in casa. Ma in quel caravanserraglio che è diventato il mostro inventato e affossato da Veltroni, la maggioranza delle voci sembra spingere da tutt'altra parte. C'è chi continua a parlare di alleanze con Casini, se non addirittura con Fini (i quali smentiscono anche un po' schifati), c'è chi ventila l'ipotesi del papa straniero proponendo il governatore della Banca d'Italia di turno, mentre Bersani lascia tutti di stucco andando in giro a dire che la Lega non è un partito razzista, e fra le risate generali c'è chi nel Partito Democratico immagina di poter appoggiare un personaggio come Roberto Maroni
Praticamente un film dell'orrore.
Poche le voci raziocinanti, fra le quali mi piace segnalare quella del sindaco di Bari Michele Emiliano, il quale, in un'intervista al Fatto Quotidiano, dice senza mezzi termini che c'è "bisogno di una coalizione vincente, di tenere insieme Vendola e anche di Pietro", evitando "una rottura con la sinistra cosiddetta radicale per un semplice motivo: produrrebbe danni sia a noi che a loro". E fin qui, direte voi, siamo all'uovo di Colombo. Poi però arrivano anche le stoccate che fanno riflettere, tipo: nel gruppo dirigente "c'è un unico grande limite: è ancora in vigore il modello post-comunista per cui un limitato gruppo di interlocutori costruisce un rapporto privilegiato con il segretario e si chiude agli altri". E infine la semplice e sacrosanta verità: "Non dobbiamo avere paura delle primarie, noi che siamo il partito più grande. Dobbiamo chiamare a decidere il popolo del centrosinistra, purché Nichi accetti il patto che chi arriva secondo gioca con la squadra".
Alleluia.
 



Nessun commento:

Posta un commento