sabato 5 febbraio 2011

Mubarak e lo strano concetto occidentale di democrazia da esportazione.

"Mubarak è sempre stato considerato come l'uomo più saggio e punto di riferimento preciso per tutto il Medio Oriente". La frase l'ha pronunciata il nostro presidente del Consiglio a Bruxelles e la dice lunga sul concetto tutto occidentale di democrazia da esportazione. Che un dittatore che ha trascinato un paese moderno come l'Egitto ai massimi vertici della graduatoria della corruzione internazionale e ai minimi fra coloro che rispettano i diritti umani possa essere anche solo lontanamente considerato un "saggio" e "un punto di riferimento" è la testimonianza di un cinismo politico ed economico che fa spavento. A difenderlo sono rimasti solo il re del Bunga Bunga e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che lo considera affidabile per aver garantito la pace fra i due paesi e per aver messo la mordacchia ai presunti fondamentalisti islamici.
Balle. 
La pace fra Egitto e Israele fu firmata a Camp David dal presidente Anwar al-Sadat, un uomo senza dubbio più lungimirante del suo successore e probabilmente convinto sostenitore della pace nella regione. Usò eccessivamente la forza proprio per reprimere il fondamentalismo islamico, in modo senza dubbio anche censurabile, ma fu incredibile come la comunità internazionale gli tolse immediatamente l'appoggio isolandolo fino a quando non venne ucciso dagli jiahdisti in un attentato al Cairo nel 1981. Agli israeliani non piaceva perché nell'ultima guerra l'Egitto era riuscito a riconquistare buona parte del Sinai, territorio perso nel 1967,  quindi si puntò su Hosni Mubarak e da trent'anni Stati Uniti, Israele e Unione europea hanno costretto gli egiziani a vivere senza elezioni democratiche e in una continua legislazione di emergenza. 
E' questo il modello che esportiamo per evitare che il fondamentalismo si allarghi a macchia d'olio? Possibile che nessuno si renda conto che è come gettare benzina sul fuoco?
Dalle dichiarazioni di Barack Obama e Hillary Clinton sembra che almeno l'amministrazione americana abbia compreso l'importanza di una transizione democratica in uno stato dove convivono da sempre laici, fratelli musulmani e cristiani copti. Che governi chi vince le elezioni. Tutto il resto appartiene a un passato di realpolitik che nessuno vuole davvero più vivere. 





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