mercoledì 9 febbraio 2011

La Lega stesa come un tappetino. Dov'è finito il celodurismo di Bossi e company?

Silvio Berlusconi è ormai al delirio eversivo e di fronte alla richiesta della Procura di Milano per un processo con rito abbreviato minaccia di fare "causa allo Stato". Non importa che ogni giorno i principali giornali se ne escano con paginate di intercettazioni nelle quali le ragazzette del suo harem privato parlano di rapporti mercenari, di droga, di malavita, di gente che ti mette qualcosa nel bicchiere per renderti più facilmente disponibile, chiamando in causa ministri, giornalisti, uomini di spettacolo e familiari del Caimano. Il re del bunga-bunga non molla, forte del fatto che avrà sempre a disposizione qualcuno da comprare, che sia uno Scilipoti, un Calearo (ancora grazie, Walter Veltroni), o un Barbareschi che riesce a fare "flop" anche con un film trasmesso in prima serata (Raitre non era mai andata così male), e, soprattutto, perché ormai tiene per le palle anche la Lega.
Dopo la bocciatura del federalismo fiscale in Commissione bicamerale e il successivo decreto rispedito al mittente dal Presidente della Repubblica, tutti si aspettavano uno scatto di reni da parte del glorioso popolo del nord. E invece, il Braveheart delle valli padane ha biascicato due o tre parole confuse, sostenendo che non si può andare a votare senza il federalismo (sapendo benissimo che, almeno quello, non passerà). 
Oggi, Umberto Bossi si è spinto ancora più in là attaccando i giudici in maniera inusuale. "Hanno esagerato, voglio lo scontro tra istituzioni. Tra giudici e Parlamento è guerra totale", ha detto con la consueta poca lucidità parlando dei magistrati milanesi. Come se non fosse il Parlamento ad aver dichiarato guerra alla magistratura negando qualsiasi autorizzazione a procedere e votando una mozione nella quale si sostiene, senza alcun pudore, che Berlusconi telefonò in Questura per evitare un incidente diplomatico con la nipote di Mubarak
Una Lega ormai ridotta a zerbino e a caricatura di se stessa, con il sindaco di Adro che mette i simboli padani all'asilo, quello di Fossalta di Piave che attacca le maestre che si sono tassate del buono pasto per dare da mangiare ad una bambina che non aveva diritto alla mensa, e l'assessore regionale al Territorio della Regione Lombardia, Daniele Belotti, il quale risulta indagato assieme ad un po' di teste calde della tifoseria dell'Atalanta per essere l'anello di congiunzione fra "tifoseria e istituzioni", ruolo che il candido ultras rivendica addirittura. Come se non fosse dello stesso partito di Maroni, che ha promesso la tolleranza zero nei confronti delle tifoserie violente e invece ha svuotato gli stadi grazie a pensate come quella della tessera del tifoso. Lo stesso ministro che gli ultrà atalantini avevano cercato di aggredire ad una festa del partito. 
Ora sono loro, le camicie verdi, i più fedeli servitori del satrapo di Arcore. Un vero successo.


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