lunedì 21 febbraio 2011

Immunità parlamentare, quando la abolirono ex fascisti e camicie verdi.

Fra le tante pensate strategiche per difendere il plurinquinsito presidente del Consiglio con una  maggioranza attualmente impegnata a salvaguardare il proprio diritto alla pensione, c'è anche la reintroduzione dell'immunità parlamentare. Un voltafaccia capolavoro da parte dei leghisti e di due delle più arcigne facce dell'ex destra post-missina. Il boss ordina e i suoi maggiordomi eseguono, poco importa se questo significa rinnegare la grande battaglia contro Tangentopoli, che sancì il crollo di una classe politica e la fine di diversi partiti, sommersi dalla corruzione. Missini e leghisti erano in prima fila allora, nel condannare lo scempio provocato da Bettino Craxi e company, nonostante Silvio Berlusconi ripeta come un disco rotto che la riforma fu imposta dalle correnti politicizzate della magistratura. Ma non furono i giudici a chiedere la fine dell'immunità parlamentare, bensì due mozioni, una firmata da Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Castelli. L'altra da Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa, tutti indignati per il no della Camera alla richiesta di autorizzazione a procedere contro Craxi. I lumbard tuonavano contro "l'inaccettabile degenerazione nell'applicazione dell'immunità parlamentare trasformata in immotivato e ingiustificato privilegio" con "conseguenze inaccettabili e aberranti" che vanno "eliminate", mentre i colonnelli del Movimento Sociale sostenevano che "l'uso dell'immunità e soprattutto l'abuso del diniego dell'autorizzazione a procedere vengono visti come uno strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia". Era l'ottobre del 1993. Montecitorio approvò con 525 sì, 5 no e 1 astenuto, il Senato fece altrettanto con 224 sì, nessun no e 7 astenuti. Un plebiscito.
Sono passati 17 anni da quel momento storico in cui sembrava che finalmente avremmo quantomeno assomigliato ad un paese normale, con una sinistra social-democratica e una destra a difesa dei valori della legalità. Oggi, dopo quasi due decenni di berlusconismo imperante, a parte Gianfranco Fini che ci ha messo tuttavia una vita per capire in quale compagnia di giro fosse capitato, gli altri cinque firmatari di quelle mozioni sono tutti incatenati ai ranghi del Cavaliere e lo puntellano disperatamente anche quando sembra che stia per cadere da un momento all'altro. Hanno le stesse facce e propagandano la stessa paccottaglia ideologica di un tempo, forse anche perché certe "conversioni" non gliele contesta mai nessuno.

2 commenti:

  1. Ed ora l'hanno ripristinata i soliti fascisti e le solite camicie verdi

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  2. Questo tentativo di "riforma" è figlio naturale dell'altra geniale porcata che è la legge elettorale. Stranamente, approvata da ex fascisti e camicie verdi... Adesso come fai a fare l'eroe, se questo significa ribellarti a colui che ti ha assegnato il posto in parlamento? Tra l'altro, visto che lo scranno è un gentile regalo del capo, perché non renderlo inviolabile, già che ci siamo? Se diventare parlamentari non significa impegnarsi, ma divincolarsi, che senso ha non avere l'immunità?

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